Politica e tv
Il parerificio Agcom, decide (di non decidere) sul duello Meloni-Schlein ed è lottizzata come la Rai
Mausolei di pareri, in un mondo cambiato. Il M5s chiede ad Agcom di pronunciarsi, ma il presidente lo ha scelto Conte e gli altri partiti hanno la loro quota
Santanchè ci riprovi con “Italia to parerificio”. Al posto della Venere open meraviglia, la delibera, il parere. L’Agcom esprime pareri bizantini sulla Par condicio (il duello Meloni-Schlein si può fare ma solo se accettato dalle altre liste) la commissione di Vigilanza Rai vigila sul pluralismo e delibera sulla Par condicio. Sono due tribunali nominati dai partiti, i componenti sono indicati dai partiti e nessuno rinuncia. L’Agcom è il cavalierato dell’ex deputato caro al segretario, la Vigilanza è un’Inquisizione da tinello. Sono entrambe pensate per una televisione che non esiste più, per dei parlamentari che il giorno delle elezioni aggirano, sui social, il silenzio elettorale. L’imparzialità è una farsa. La presidente M5s della Vigilanza Rai, Barbara Floridia, che ha ottenuto la carica grazie a FdI (che non voleva cederla a Pd e Italia viva) si è rivolta all’Agcom per impedire il duello televisivo Meloni-Schlein. E’ chiaramente una richiesta di Giuseppe Conte che ha nominato il presidente di Agcom quando era premier. Salvini che non può sfidare Schlein ha proposto un duello tra numeri due: io sfido Conte. Antonio Tajani che è internazionale lo propone all’americana: confrontiamoci tutti. Iv di Matteo Renzi, per una strana coincidenza, sposa l’iniziativa del M5s perché “il duello è in palese violazione della delibera della Vigilanza e dell’Agcom”. Il reale potere di Agcom? Può dare un parere ma in realtà non può bloccare preventivamente nessun duello. I componenti, cinque, vengono designati da Camera e Senato e sono lottizzati pure questi. Il parere? Ci meritiamo la televisione a vapore.
l duello televisivo chi dovrebbe farlo se non la presidente del Consiglio e la leader del maggior partito d’opposizione? Per dirimere la contesa è stata invocata l’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) come era già accaduto durante il confronto (saltato) Meloni-Enrico Letta. In quel caso l’Agcom si era opposta. E’ composta da cinque membri, tutti e cinque titolati a ricoprire il ruolo ma tutti e cinque riconducibili a partiti. A proposito, manca la quota FdI, proprio come nel cda Rai, e tutti sanno che per Meloni resta la sua vittoria mutilata malgrado sia premier. Lo ricorderà pure ai nipoti: “In quel cda Rai, FdI non c’era”. Il presidente di Agcom ha un incarico di sette anni. E’ Giacomo Lasorella (fratello di Carmen Lasorella, volto Rai) ed ex vicesegretario generale vicario della Camera. Lo ha nominato Conte ma il suo grande sostenitore è stato Luigi Di Maio, il primo Di Maio, il vicepresidente della Camera che Lasorella ha preso per mano da semplice “cittadino” del M5s, da vicepresidente della Camera. Quando il centrosinistra in Basilicata è esploso, in pieno “caso Chiorazzo” (il candidato che aveva sposato il Pd, ma non il M5s) il nome di Lasorella era stato proposto per pacificare Pd e M5s. Passiamo ai componenti. L’intero collegio è stato nominato nel 2020, durante il Conte II. Uno dei membri è Laura Aria, per carità tecnica, cv lunghissimo, importante, ma pur sempre espressione di Forza Italia. Un’altra è la sociologa Elisa Giomi che si è fatta notare perché vota sempre in dissenso con il resto del collegio. Ha votato contro la decisione Agcom di sanzionare la Rai per il caso pubblicità occulta a Sanremo del 2023. Giomi è la proiezione del M5s in Agcom ma anche il Pd ha il suo riferimento ed è Antonio Giacomelli, ex deputato del Partito democratico, già vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, sottosegretario allo Sviluppo economico nel governo Renzi e Gentiloni. Si deve a lui la riforma Rai, il canone in bolletta. Sarebbe, anche solo per storia, la figura che più conosce la televisione solo che in Agcom ad avere la delega sulla tv non è Giacomelli ma Aria. L’ultimo componente è Massimiliano Capitano, ex deputato della Lega, e ha preso il posto di Enrico Mandelli, scomparso nel 2021, anche lui era stato indicato dalla Lega. Impedire o permettere il duello Meloni-Schlein come in passato il mancato Letta-Meloni è quasi meno importante di questo parerificio di cui l’Italia si è dotata. Agcom e Vigilanza sono i nostri ultimi orologi a cucù, segnano l’ora esatta delle parole nobili ma di un secolo passato, così come il “panino” nei Tg (i servizi Rai con voci di governo, opposizione, maggioranza) è l’imbroglio dell’informazione pubblica che cucina sempre dichiarazioni banali, vero inno all’astensionismo. Sono i pezzi del mausoleo Italia insieme ai quei comunicati, orribili, che Rai e Usigrai, durante lo sciopero dei giornalisti, leggono e che mettono in fuga gli spettatori (durante la lettura lo share crolla, mezzo milione di italiani cambia immediatamente canale). L’unico momento di verità, il frammento che ha meglio raccontato lo scontro Rai-sindacato, è il video di Enrica Agostini, di Rai news, video che ha spopolato sui social. Era lo sfogo, tra colleghi, durante una conferenza Usigrai, di Agostini e nessun comunicato ha reso meglio il metodo Rai Meloni & ciucci. Il duello Meloni-Schlein è spirito del tempo, con o senza delibera. Schlein spiazzi dunque Meloni. Lei propone il premierato, la segretaria del Pd che ha coraggio, le proponga la bicamerale per superare il parerificio, la vera open to modernità.