Aldo Spinelli - foto Ansa

L'editoriale dell'elefantino

La figura così italiana, imprendibile e vaga di Aldo Spinelli

Giuliano Ferrara

L'imprenditore regala tocchi di poesia pura al pazzo caso genovese, erutta e seduce e offre come parcella extra la sua disinvoltura pazzotica di vero o finto svampito. Lo chiamano "zio"

Sarà dura contro questo incredibile uomo dal braccio d’oro che è anche il tirchio pagatore. Aldo Spinelli: difficile passare da imprenditore di sostegno a un amministratore di sostegno, come vorrebbe o finge di volere il figlio Roberto. Se è fuori di balcone, certo Spinelli ha l’impressione che il panorama della vita che si vede di lì sia bellissimo. Re di Genova e di Livorno, due città inimicissime dai tempi della Meloria eppure analoghe nella loro incantevole balordaggine, due comunità storicamente fallite e in gara con sé stesse per la rinascita, legate a porti che una volta erano naturalmente decisivi e ora se la devono guadagnare con fatica, Spinelli paga la roulette a Montecarlo con la stessa agilità e sveltezza con cui paga il mercato dei fiori, la rimessa a nuovo delle chiese, le campagne elettorali, e tratta tutti come amici carissimi, da Toti a Bonino, che li conosca personalmente o meno non importa, e riceve trasversalmente sul suo barcozzo finanziariamente non impegnativo, un po’ braccino corto un po’ modestia di un armatore cauto: erutta e seduce, chiacchiera al telefono con la riserva del timore delle intercettazioni, che poi gli fanno un baffo, e agli avvocati prudenti, che non vorrebbero suoi confronti a braccio con la “signorina” sostituto procuratore, offre come parcella extra la sua disinvoltura pazzotica di vero o finto svampito.
 

Grazie anche alla figura così italiana e vaga e imprendibile di Spinelli, l’indagine che di nuovo colpisce e devasta la politica in una grande città del nord si inoltra nel farlocco così verosimile del “pago tutti”, sono amico di tutti, devo stare a dieta e ricevo in barca dove lo chef mi cucina sano, fatturo le dazioni anche se poi non so bene se ricevo o no qualcosa in cambio, c’è chi promette e non mantiene, eppoi, signorina, “ma mi chiami dottore!”, vorrei che autorizzasse il mio vecchio fratello a venirmi a trovare, perché ora senza amici mi sento molto solo. Lo chiamano “zio” alla genovese, ma non è uno “zi” Totò, non ha l’aria del capo di una cupola di riesini, chissà, saranno anche manigoldi ma sono voti siciliani riuniti in una associazione folcloristica di intesa regionale tra espatriati nati tra i limoni di Montale e titolari di interessi che tutti conoscono, non sembrano dei punciuti segretissimi delle Madonie. Grazie a Spinelli si è stabilito un clima un po’ assurdo in cui si fanno scommesse sul rialzo dei costi di una diga appaltata regolarmente, si ipotizzano bestiali truffe al Pnrr, che risulta una specie di Superbonus al 110 per cento dell’Europa unita, a leggere certe cronache, e sopra tutto si parla molto e in modo sorridente di affetti, di lealtà personali, di collocazioni sul mercato del lavoro, di week end e altre quisquiglie e pinzillacchere.
 

Sono tutti un poco in imbarazzo, sia Tonino Di Pietro sia Gherardo Colombo, tutti prudenti come il comico inflessibile e moralizzatore insigne che Totti piazzò a Palazzo Ducale e che adesso, grazie ai balletti allegri di Spinelli, dopo aver alimentato gogne con trasporto si domanda se sia poi vero che il presidente ai domiciliari è la pecora più nera che ci sia, si domanda se non siano ipocriti quelli che scoprono solo adesso che in politica vige come regola lo scambio. Questo zio ricchissimo così avanti nello humour e negli anni rende tutta la faccenda nerastra dell’indagine genovese, compresi i formidabili “verbali di Spinelli”, compreso il modello mani pulite ricorrente, simile a una replica farsesca in forma di tragedia politica. Forza Aldo, ancora un sorriso

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.