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Elly e le anaconde del Pd

Schlein e Gentiloni insieme a Roma. Semantica sceneggiata di una leader stritolata dalle correnti

Salvatore Merlo

Scene dalla presentazione della candidatura europea di Nicola Zingaretti. La segretaria pensa di essere la leader, loro pensano di riuscire a farglielo pensare. Tutti dicono una cosa, ma ne progettano un’altra

Ella, cioè Elly, e le anaconde del Pd. Si abbracciano in questa grande sala del Campidoglio in cui insieme, in un caldissimo pomeriggio romano, presentano la candidatura europea di Nicola Zingaretti, che se non è proprio un’anaconda è perlomeno un anguillone capace di minacciare querela contro chi diceva che lui si sarebbe candidato. La sala capitolina è piena di signori attempati (e quando diciamo attempati ci riferiamo a Nonna Papera e alle sue coetanee), ceto politico del Pd e clientes vari (compresa la Rai). Assicura la capogruppo del Pd in Campidoglio, Valeria Baglio: “I giovani ci stanno stimolando”. Ottimo. Si applaudono, si baciano. Ma quando dopo di lei, cioè di ella, insomma della segretaria, tocca parlare a lui, cioè egli, insomma Paolo Gentiloni, il commissario europeo che tutti vogliono candidato premier, ecco che l’aria, a voler essere maliziosi, è quella di una canzone di Paolo Conte: “Descansati niña, che continuo io”. Verde milonga. Ella pensa di essere la leader, loro pensano di riuscire a farglielo pensare. Tutti dicono una cosa, ma ne progettano un’altra. E allora Schlein che è polvere di stelle si mantiene sulle generali: “L’Europa è un progetto per la pace e non per l’economia di guerra”. Mentre Gentiloni l’anaconda va al sodo: “So che qui tutti voterete Schlein, ma vi dico di votare anche Zingaretti”. 

Il fatto è che come c’è un linguaggio dei fiori, c’è pure un linguaggio delle correnti del Pd. Per loro Elly Schlein è, per così dire, monumentale: lì sta. Non sono nemmeno sicuri che ella sappia quale partito governa. Infatti la applaudono, ma poi sorridono. La issano sul podio, ma poi la tirano giù. Le dicono di sì, ma poi la costringono a fare il contrario. E dunque: “Puoi candidarti alle europee, ma non in tutte le circoscrizioni”. E ancora: “Puoi mettere la tua foto sui cartelloni, ma non ci puoi mettere il tuo nome”. Oppure: “Ci puoi mettere il tuo nome, ma non la tua foto”.    E infine: “Puoi andare in tv, ma non a fare un confronto da sola con Giorgia Meloni”. Al punto che ieri pomeriggio, in Campidoglio, quando la presidente del Consiglio comunale di Roma, Svetlana Celli, presenta Schlein con queste esatte parole (“ha deciso di scendere in campo mettendoci la faccia”) un moto d’imbarazzo sembra attraversare persino Roberto Gualtieri, l’immoto sindaco di Roma che sta seduto accanto a lei. D’altra parte basta guardare le gigantografie pubblicitarie del Pd che tappezzano gli autobus della  capitale: la faccia di Schlein c’è, il nome no. Sulla metà degli autobus Atac c’è scritto “Giorgia” accanto al simbolo di Fratelli d’Italia, e si capisce bene di chi e di cosa si sta parlando. Sull’altra metà degli autobus invece c’è l’implacabile sorriso odontoiatrico di una ragazza che sembra capitata lì per caso a portare un telegramma al Pd. In pratica questi del partito alla loro segretaria  danno la sua Settimana Enigmistica con la biro, con le forbici e con la carta bianca per ritagliare gli elefanti, e secondo loro ella, cioè Elly,  se ne dovrebbe stare buona a giocare. E basta. Quando lo fa, sono anche contenti. La elogiano: mai che pianga, mai che faccia un capriccio, mai che dia in smanie.  “Va bene che votate Schlein, ma non scordatevi di votare Zingaretti”. Ecco. Poi tra qualche mese, dopo le europee, quando Paolo Gentiloni avrà terminato il suo incarico a Bruxelles, sarà pure chiaro a tutti  qual è il piano: ritorna l’Unione. Pd, M5s e Sinistra. Manca un federatore? “Lo faccio io!”. “No Elly, tu ritaglia gli elefanti. Non vedi che c’è Paolo?”. Ella e le anaconde. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.