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soluzioni demografiche

La crisi della natalità, le “mamme di mai” e lo spirito originario della 194

Gian Carlo Blangiardo

Il calo demografico in Italia è determinato anche da una serie di donne che usufruiscono della legge, approvata quarant'anni fa tramite referendum, la quale andrebbe però riletta per un utile ridimensionamento del fenomeno

Oltre trent’anni fa Edoardo Bennato cantava “Viva la mamma”, un affettuoso messaggio attraverso il quale rendeva omaggio a ogni donna che dona una vita, senza per altro dimenticare il fondamentale ruolo che essa svolge anche sotto il profilo educativo, aggiungendo per l’appunto: “… viva le regole e le buone maniere … “ (e ammettendo di non averle mai imparate “… forse per colpa del rock”). 
Viva dunque le 379.339 mamme che nel corso del 2023 – secondo il bilancio demografico che Istat ci ha fornito in via provvisoria – hanno vissuto per la prima volta, o hanno avuto modo di ripetere, la straordinaria esperienza, di una maternità. Mamme che si sono aggiunte ai milioni di donne che hanno dato alla luce, nei precedenti 161 anni di storia del nostro paese, a ben 143 milioni di bambini. Una media di quasi 900 mila nascite annua: più del doppio di quanto si è registrato in questi ultimi tempi.
Al plauso rivolto alle mamme di “oggi” e di “ieri” non si può tuttavia non accompagnare una certa preoccupazione riguardo alle mamme di “domani”; senza per altro far mancare un pensiero a quelle che potremmo definire “le mamme di mai”.

In merito alle prime, osserviamo che mentre oggi le donne in età fertile – convenzionalmente le 15-49enni – sono 11,5 milioni, stando alle stime Istat esse scenderanno a 9,6 milioni fra vent’anni e al loro interno le 20-44enni, la componente teoricamente più prolifica cui è riconducibile il 90 per cento della fecondità attualmente espressa, sono destinate a passare dai 7,9 milioni del 2024 ai 5,9 del 2044. In prospettiva, l’equazione: meno mamme uguale meno nascite incombe sul futuro demografico del nostro paese. Solo interventi tempestivi e incisivi, capaci di elevare il contributo pro capite (quel numero medio di figli per donna oggi fermo a 1,24), ci salverebbero dalle conseguenze problematiche più volte ventilate negli scenari del così detto “inverno demografico”.
Ma nel celebrare la festa delle mamme, auspicando che negli anni a venire ce ne possano essere almeno quante ne servirebbero per fermare (o meglio invertire) il preoccupante calo delle nascite in atto, vale la pena di spendere qualche parola per dare corpo e numeri a un collettivo sostanzialmente ignorato: quello delle “mamme di mai”. Ossia tutte quelle bambine non nate che oggi avremmo potuto conteggiare tra le donne in età fertile e dalle quali avremmo verosimilmente ricavato un utile e sostanziale contributo alla bassa natalità che ci preoccupa. 
Se infatti guardiamo alle statistiche sulle interruzioni volontarie di gravidanza, possiamo rilevare come dall’avvio della legge 194 si siano registrati in Italia circa 6 milioni di interventi, a partire dai quali – stimata la componente femminile e tenuto conto delle sue corrispondenti probabilità di sopravvivenza sino ad oggi – si valuta che al 1° gennaio 2023 ci sarebbero state circa 2,2 milioni di donne 15-43enni in più. Il numero delle potenziali mamme si sarebbe così elevato a 13,8 milioni e, applicando loro i più recenti valori dei tassi specifici di fecondità per età della donna, si calcola che avrebbero dato luogo nel 2023 a 490 mila nati. Di fatto, invece delle 379 mila nascite segnalate da Istat in via provvisoria, nel bilancio demografico dello scorso anno avremmo sfiorato quel mezzo milione di nati che viene visto dai fautori della ripresa della natalità come obiettivo minimo da raggiungere. 

Va da sé che qui non si intende mettere in discussione la legittimità di una legge, la 194, che è stata validata da una netta maggioranza di cittadini in un referendum di quarant’anni fa, un’epoca in cui i nati annui superavano le 600 mila unità e le generazioni proiettate nel futuro (i giovani meno che ventenni) erano quasi 7 milioni in più, rispetto ad oggi. Si tratta unicamente di far presente, esemplificandone gli effetti portati al limite, ciò che si potrebbe ottenere recuperando, ogni qualvolta possibile, l’originario spirito di una legge, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, il cui articolo 1 recita ancora “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”.
Il conteggio delle “mamme di mai”, per quanto inarrestabile, potrebbe forse trovare un doveroso e utile ridimensionamento.

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