Affinità e divergenze
A dividere Marine Le Pen da Giorgia Meloni c'è ancora il "problema Ursula"
Alla kermesse della destra europea è iniziato il percorso di "normalizzazione politica" della leader del Rassemblement National: l'avvicinamento tra Id ed Ecr è possibile, se non fosse per il sostegno alla ricandidatura di von der Leyen
Bruxelles. Dopo Madrid, Meloni è in bilico tra Marine e Ursula. Alla kermesse delle destre europee organizzata dagli spagnoli di Vox, Marine Le Pen era infatti l’ospite più attesa. Se Giorgia Meloni si è limitata a parlare in remoto, l’arrivo della leader dei sovranisti francesi è stato salutato da un boato di bandiere spagnole. Poco importa se tecnicamente Le Pen e Vox siedono in due gruppi diversi a Bruxelles: “Sono divisioni che non dureranno per sempre”, spiega al Foglio da Madrid uno degli organizzatori dell’evento e stratega del team di Santiago Abascal, il presidente di Vox.
A sondare l’accoglienza spagnola, è sembrato quasi un avvicinamento di Le Pen a Ecr, ma a Madrid Le Pen ha piazzato sul tavolo una condizione che già mette in difficoltà la leadership di Ecr, ovvero Giorgia Meloni: “Io con Ursula von der Leyen non voglio avere niente a che fare”, ha spiegato la francese parlando alla stampa. Le Pen però ha sviato le critiche a un possibile appoggio di Meloni alla tedesca: “Credo siano solo congetture”, ha spiegato, rimangiandosi l’attacco elettorale di due mesi fa sugli inciuci Meloni-von der Leyen che aveva galvanizzato la Lega e irritato Fratelli d’Italia al punto di una protesta informale con i colleghi transalpini. “Crisi rientrata dopo l’intesa di Madrid”, spiegano dalla delegazione meloniana a Bruxelles. Da Ecr intanto mettono le mani avanti e spiegano che un ingresso di Le Pen non è in programma e non è mai stato in discussione, anche se l’avvicinamento della francese a Ecr a Madrid era palpabile. “Ci sono affinità che vanno oltre i gruppi, c’è chi è pronto a governare (o governa già come Meloni) e chi invece rimane incastrato nelle posizioni antisistema e questo vale in Ecr come in Id”, commenta un meloniano di ferro, sollevando l’ipotesi di una sorta di destra europea “a due velocità”.
Al vecchio assioma che divide le destre europee in conservatori e sovranisti, potrebbe dunque sovrapporsi quest’altra divisione trasversale: da un lato i governisti pronti a scendere a patti per governare l’Europa, e dall’altro gli urlatori. Uno schema pensato non per sostituire la vecchia divisione Ecr-Id, ma per integrarla, limitando così le possibilità dei Popolari di assimilare chi cerca la svolta pragmatica. Da un lato la retorica di chi non ha niente da perdere come AfD o i polacchi del PiS, dall’altro un asse tra Meloni, Le Pen, Wilders e, perché no, anche Orban, non meno radicali dei primi ma accomunati dalla volontà di mettere le mani sulle posizioni che contano a Bruxelles. Uno schema libero in cui gli attori possono scambiarsi i ruoli nel tempo a seconda delle necessità domestiche o europee. Strano il fenomeno della Lega, invece, che sarebbe al governo e avrebbe tutte le carte in regola per avere più peso a Bruxelles, ma sceglie invece l’isolamento e la "vannaccizzazione".
Ma per sedere al tavolo delle trattative occorre perdere qualche vecchia abitudine e infatti da Madrid parte l’operazione di normalizzazione di Marine Le Pen. Se è evidente che per partiti come AfD la porta delle trattative istituzionali europee è ancora sbarrata, per la leader francese le cose potrebbero cambiare in fretta. La sua presenza in Europa però “va addolcita, un po’ come è stato fatto con Meloni un anno fa quando nessuno si aspettava che sarebbe diventata una delle leader più vicine alla presidenza della Commissione”, commentano da Madrid. E il primo punto in agenda per rigenerare Le Pen è certamente ripulire il suo record sulla questione Ucraina, con rumors nella delegazione del Rassemblement National che ipotizzano un segnale forte a Kyiv da parte della leader francese o del suo delfino Bardella prima delle elezioni, “magari addirittura un viaggio”.
Il ruolo della francese nella prossima legislatura sarà comunque di primissimo piano. Le Pen infatti potrebbe uscire dalle urne di giugno come leader del partito più votato d’Europa, sia in termini di percentuali che di voti. Ma se il Rassemblement National dà segnali di apertura sulla governance europea, il possibile sostegno a von der Leyen potrebbe essere uno dei punti di rottura di un ipotetico asse con Meloni. La maggior parte dei partiti sia di Ecr che di Id, d’altronde, chiede la testa dell’attuale presidente della Commissione Ue proprio per dare un forte segnale di cambiamento. Da parte di Meloni sembra invece sempre più chiara la scommessa su von der Leyen, scommessa che però potrebbe decidere di abbandonare se i numeri a destra fossero tali da fare una pressione per virare su altri possibili nomi.