Passeggiate romane
Gentiloni che liquida Conte sul Pnrr irrita tanti nel Pd
Gualtieri, Amendola, Zingaretti: le dichiarazioni del commissario europeo sulle trattative per il Recovery fund hanno fatto sobbalzare diversi dem. Il suo attacco al M5s esclude una volta per tutte il suo possibile e futuro ruolo di federatore
Raccontano che l’intervista di Paolo Gentiloni a Paolo Valentino, contenuta nel libro appena pubblicato dall’inviato del Corriere della Sera, abbia fatto sobbalzare molti nel Partito democratico. Le parole del commissario europeo agli Affari economici e monetari che, con poche parole, ha scippato a Giuseppe Conte il merito della ragguardevole cifra ottenuta dal nostro paese grazie al Pnrr, hanno fatto storcere la bocca non soltanto a chi nel Pd ritiene prioritario il rapporto con il leader del Movimento 5 stelle, cioè, per intendersi, i fedelissimi della segretaria Elly Schlein. No, quell’intervista ha fatto innervosire anche quanti, all’epoca del governo Conte erano al suo fianco nella partita sul Pnrr che l’Italia ha giocato al tavolo europeo. In primis, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che allora era ministro dell’Economia. Poi Enzo Amendola, all’epoca ministro per gli Affari europei. I due si sono sentiti in qualche modo chiamati in causa.
Ma raccontano che a non gradire le parole di Gentiloni sia stato anche Nicola Zingaretti, allora segretario del Partito democratico e grande sostenitore dell’alleanza con i Cinque stelle. E un po’ tutti si sono chiesti perché il commissario europeo abbia pronunciato quelle parole così liquidatorie nei confronti di Conte. C’è chi sostiene che non sia reso conto dell’effetto delle sue affermazioni. Ma chi conosce Gentiloni, e sa quanto sia pacato, riflessivo e accorto, ritiene che a muoverlo, oltre alla volontà di liquidare una volta del tutto il suo ruolo di federatore (come potrebbe mai esserlo dopo questo attacco a Conte?) sia stata l’intenzione di posizionarsi, nel dibattito politico che si aprirà dopo le europee, dalla parte di chi ritiene che continuare a correre appresso al leader dei Cinque stelle sia un errore. E’ chiaro che nessuno ritiene che il Pd da solo possa farcela ma sempre più numerosi sono i dirigenti dem che ritengono sia necessario rispolverare la vocazione maggioritaria del partito per trattare da posizioni di forza con Conte.
La campagna elettorale del Pd continua con grande impegno. La segretaria non risparmia chilometri e comizi e si sta veramente spendendo non poco per questa contesa elettorale, ma anche gli altri candidati stanno lavorando ventre a terra. Alcuni di loro, però, si sentono abbandonati dalla casa madre. Tra quelli che sostengono Marco Tarquinio, per esempio, serpeggia un certo malcontento perché il Pd, dopo aver voluto con grande forza l’ex direttore di Avvenire, stappandolo a Avs che gli aveva offerto una candidatura (Nicola Fratoianni è suo amico personale), adesso non lo sostiene adeguatamente nella campagna elettorale. “Nel Lazio – lamentano i sostenitori di Tarquinio – il Partito democratico si sta spendendo solo per Nicola Zingaretti”.
L’ex presidente della Regione è stato ribattezzato mister Centomila perché tutti scommettono sul fatto che le sue preferenze raggiungeranno quella cifra. E a proposito di Zingaretti, nel Pd non è passata inosservata l’intervista che il deputato dem Nicola Mancini ha rilasciato qualche giorno fa al Messaggero. In quell’intervista il deus ex machina del Campidoglio si spertica in elogi sul sindaco Gualtieri, sottolineando che l’attuale amministrazione guarda “a un orizzonte decennale”. In parole povere Mancini ha ribadito che Gualtieri si ricandiderà e i dem che conoscono bene il mondo del Pd romano hanno afferrato al volo a chi fosse indirizzato quel messaggio: a Nicola Zingaretti. Nonostante le ripetute smentite nel partito capitolino non è un mistero per nessuno che l’ex presidente della Regione Lazio aspirerebbe alla guida del Campidoglio.