L'intervista
"L'industria del cinema funziona grazie al tax credit e il Mic vuole tagliarlo? Mah", dice Matteo Orfini
"Dovrebbero parlare i dati", dice il deputato dem: “In Italia sono operative novemila imprese dell’audivisivo (per lo più piccole e medie) che creano 65 mila posti di lavoro, più ulteriori 114 mila nelle filiere connesse. Ecco la nostra risoluzione contro i tagli di Sangiuliano"
Una risoluzione per chiedere al governo (e in particolare al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano) di tornare sui propri passi rispetto ad alcune scelte recenti che rischiano di tarpare le ali a uno dei comparti industriali più floridi del paese, quello del cinema e dell’audiovisivo, specie dopo la ripresa successiva alla crisi pandemica: l’hanno presentata, in Commissione Cultura, i deputati del Pd Matteo Orfini, Nicola Zingaretti, Mauro Berruto e Irene Manzi, dopo che, lo scorso 14 maggio, la firma del decreto di riparto del fondo cinema ha confermato le preoccupazioni del settore (e la preoccupazione, nel settore audiovisivo, può essere, com’è stata già in questi mesi, fattore paralizzante, capace di produrre dislocazione e fermo nelle produzioni). È stato dunque previsto un taglio del tax credit per il cinema di circa 130 milioni di euro (mentre in altri paesi europei, come la Spagna e la Gran Bretagna, si annuncia o già è stato deliberato un suo incremento, visto l’effetto propulsivo sull’economia). Inoltre, sono stati ridotti di 20 milioni di euro i contributi automatici e aumentati quelli selettivi. I deputati dem sottolineano, “in un contesto in cui i finanziamenti sono divisi per tipologia di mezzo espressivo”, la presenza “incongrua”, si legge nella risoluzione, di “cinquantadue milioni di euro riservati alla tematica, per quanto ampia, dei ‘personaggi e identità italiani’”.
Chiedono quindi al governo, i firmatari, tra le altre cose, “di adottare iniziative volte a incrementare l’entità dei finanziamenti destinati al settore cinematografico e audiovisivo” e di “adottare iniziative per potenziare il fondo per il tax credit per il cinema”. Interpellato in proposito, il primo firmatario Matteo Orfini paventa il rischio che “si faccia un favore alle industrie del cinema concorrenti. Gli altri all’estero ci copiano un modello che ha funzionato, e il governo lo smantella? Mah. Mi sembra si tratti di una guerra – tutta ideologica – a politiche industriali. Si dice sempre che in questo paese mancano le politiche industriali. Beh, in questo settore invece hanno funzionato e hanno generato ricchezza, lavoro, innovazione, indotto, cultura e visibilità per il paese”. Tutto questo, dice Orfini, viene messo ora in discussione “per raccontare la presunta occupazione della sinistra sul cinema italiano e criminalizzare i meccanismi di funzionamento dell’industria del cinema, cercando anche di farne la caricatura, con il ritornello del ‘film visto da 20 persone’ e così via. Tutto questo è antistorico, tanto più che la sala non è l’unico luogo di fruizione. Se qualcuno scoprisse la formula magica per finanziare solo film di successo sarebbe meraviglioso. Ma nel mondo reale, e in tutto il mondo, da sempre, non sai prima se un film avrà successo o meno. Alcuni capolavori della storia del cinema non hanno avuto alcun successo in sala, e siamo ancora qui a discuterne”. Orfini trova “becero” il ragionamento, “fatto anche rispetto ad altri settori”, di “aumentare i fondi discrezionali e andare a colpire un meccanismo di politica industriale classica. Avremo così film prodotti secondo la visione culturale di chi governa di volta in volta: proprio il meccanismo che, negli anni precedenti, con l’automatismo del tax credit, abbiamo provato a scardinare. Tutto questo serve solo ad aumentare il potere di indirizzo: il contrario di una politica industriale di successo. Che non dovrebbe prevedere il finanziamento di film che piacciano a questo o a quel ministro, ma il sostegno a un intero settore in espansione”.
Dovrebbero parlare i dati, dice Orfini: “In Italia sono operative novemila imprese dell’audivisivo (per lo più piccole e medie) che creano 65 mila posti di lavoro, più ulteriori 114 mila nelle filiere connesse. Il fatturato totale è di 13 miliardi l’anno. L’Italia si piazza al quarto posto nella classifica dei mercati di riferimento in Europa, il terzo per produttività del lavoro (dopo Germania e Francia). Questo testimonia le grandi dimensioni di un settore che sviluppa un moltiplicatore economico di 3,54 euro, moltiplicatore di cui beneficia l’intera economia nazionale, oltre a creare e promuovere l’immagine del paese nel mondo. Non basta?”.