social e politica

Gli spot trash di Decaro, Conte e Ciocca? "Segno del decadimento della politica", dice Ceccarelli

Alessandro Luna

Tra i candidati alle elezioni europee c'è chi fa a gara di cattivo gusto. "Instagram, Twitter e TikTok sono il palcoscenico della degradazione del messaggio politico. Su quelle piattaforme la concorrenza te la fa il Brasiliano", commenta il giornalista 

Sono i social a mostrarceli così, o davvero i politici sono diventati sempre più “trash”? La campagna elettorale per le europee in certi momenti sembra quasi una gara a chi pubblica il contenuto che crea più imbarazzo in chi guarda. Da Angelo Ciocca, candidato con la Lega, che fa ballare fuori tempo quattro ragazze sulle note di una canzone che ripete i suoi slogan, ad Antonio Decaro, candidato per il Pd, che finge di imparare i dialetti delle varie regioni del sud, a Giuseppe Conte che palleggia con una candidata e col fiatone invita gli elettori a “fare gol in Europa”. 

 

 

Instagram, Twitter e TikTok sono il palcoscenico della degradazione del messaggio politico”, dice Filippo Ceccarelli, firma di Repubblica che nella sua lunga carriera tra i primi ha raccontato ai suoi tanti affezionati lettori la spettacolarizzazione della politica. “Sono contenuti dal valore ipnotico, che perdono di vista il bene comune e la risoluzione dei problemi e virano invece sulla dimensione del degrado”.

Ma i politici che si prestano a questo tipo di operazioni sanno quello che fanno o sono inconsapevoli? “Non escludo che lo facciano con qualche consapevolezza”, dice Ceccarelli, “anche se bisognerà poi vedere se qualcuno decide di votare Ciocca perché ha fatto un video che ci ha fatto ridere per qualche giorno. C’è da dire che il bisogno di catturare l’attenzione in questa maniera deriva anche dal fatto che sui social il loro video si va a inserire tra un balletto e un video di un influencer con l’occhio di vetro. Sui social la concorrenza te la fa il Brasiliano. Quelle piattaforme rendono quasi necessaria questa deriva. Questi spot sono i figli legittimi del mezzo social”. 

Il trash è però in qualche maniera sempre esistito, anche in politica. Gianni De Michelis che balla in discoteca negli anni ‘80 può esserne un esempio. “Piano co’ sto trash”, ci ammonisce Ceccarelli. “E’ un termine che semplifica, che ormai ha una storia, che fa parte della storia d’Italia. O della degradazione dell’Italia. Ci sono ormai tanti trash diversi, quello di Ciocca per esempio non è lo stesso di Decaro… Quello dei social non è quello della tv. Parlerei piuttosto di cattivo gusto, di abbassamento, di farsa”. Crede che se avessimo messo TikTok nelle mani di Craxi, Spadolini o Occhetto avremmo visto comparire video altrettanto farseschi? “Nella prima repubblica il riferimento mediatico era la carta stampata, nella seconda la tv, ora i social”. Ognuno è figlio della sua epoca, insomma. 

Sui social però hanno successo anche contenuti impegnativi ma informativi, le lezioni di Barbero ne sono un esempio, i video sulla geologia di Geopop un altro… Può essere che i politici facciano l’elettore più stupido di quello che non sia? “A Ettore Bernabei fu attribuita una frase, mai confermata, che diceva a grosso modo che gli italiani sono 60 milioni di teste di cazzo, Silvio Berlusconi diceva ai suoi venditori: ‘Ricordate che gli italiani di media hanno fatto la seconda media, e non ai primi banchi’. Forse se poi lo vai a smontare, il video della canzoncina con balletto di Ciocca potrebbe essere meno scemo di quanto sembra. Forse svolgerà il suo compito”. Fino a dieci anni fa questo genere di contenuti appartenevano forse più al centrodestra, ora invece sono trasversali, hanno raggiunto la sinistra. Decaro, De Luca, Conte… “A pensarci adesso, politici come Gianluca Buonanno, noto per le sue provocazioni, come quando portò una spigola in parlamento o si mise una molletta al naso, sono stati quasi profetici, degli anticipatori del trash in politica. E poi naturalmente nel centrodestra c’era Berlusconi”, spiega Ceccarelli, che è appena uscito in libreria con “B. Una vita troppo”, libro concentrato proprio sulla figura del Cav. “Quando Berlusconi, genio della tv, è sbarcato su TikTok con un video trash ha sbancato e superato tutti gli altri politici. E’ un talento che puoi avere o non avere. Ora però lo fanno, chi meglio chi peggio, sia a sinistra che a destra, perché siamo ormai passati dall’etica del bene comune all’estetica dell’apparire”. 

Certamente i protagonisti di questi spot ottengono dalla viralità dei video una maggiore visibilità, ma uno degli esempi più memorabili della scorsa campagna elettorale per le elezioni politiche era stato senza dubbio quello della canzoncina con autotune e pupazzetto animato di Coraggio Italia. Ebbe una certa viralità, ma il movimento non è certamente stato premiato alle urne. “Però è anche difficile pensare che un video di un minuto e mezzo con il faccione di un politico che spiega i suoi obiettivi in Europa riesca a raggiungere molte persone. Certamente questi video girano. Portano anche voti? Lo vedremo