La novità
Il governo prepara un'Agenzia del dato per monitorare le nuove tecnologie. Serve? Forse
Alessio Butti, sottosegretario di stato all'Innovazione tecnologica, presenta il nuovo ufficio che ha il compito di tenere sotto controllo le nuove frontiere tecnologiche, intelligenza artificiale in primis: "Occorre accedere alla scatola nera dei sistemi di Ia per evitare che i loro processi decisionali basati sugli algoritmi diventino opachi"
Si chiamerà “Agenzia del dato nazionale” non Agenzia nazionale del dato, perché cambiando l’ordine delle parole il risultato cambia. Alessio Butti, sottosegretario di stato all’Innovazione tecnologica, lo ha anticipato aprendo il seminario “IA e mercato dei dati, sfida per la concorrenza e l’innovazione”, organizzato a Roma da Assonime assieme all’Istituto Luigi Sturzo e all’Università europea di Roma. “Stiamo valutando l’opportunità della costituzione di un’agenzia del dato nazionale con il compito di coordinare e monitorare l’accesso alle nuove tecnologie con un punto unico di responsabilità del dato”, ha detto Butti.
Si tratta di garantire la tracciabilità e la qualità dei dati raccolti ed elaborati, ma non solo, “occorre poter accedere alla scatola nera dei sistemi di intelligenza artificiale per evitare che i loro processi decisionali basati sugli algoritmi diventino opachi”. Il seminario si è svolto mercoledì scorso, all’indomani del via libera da parte del Consiglio europeo dell’AI Act la prima legge al mondo che disciplina lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale. Le nuove norme saranno applicabili due anni dopo l’entrata in vigore della legge, ma i divieti scatteranno dopo sei mesi, per la governance ci vorrà un anno mentre gli obblighi per i sistemi ad alto rischio avranno 36 mesi, un tempo infinito per una tecnologia che si sviluppa a una velocità impressionante. Fra tre anni ChatGPT sarà arrivata a una ennesima variante e bisognerà aggiustare, ripensare, se non ricominciare da capo. Nvidia ha triplicato i profitti, tutti i colossi digitali sono ormai scesi in campo. “Mentre l’innovazione galoppa, l’Europa la vuole addomesticare per salvaguardare il diritto di ciascuno a innovare”, ha detto Valeria Falce dell’Università Europea. Vasto programma. “C’è il rischio di una cacofonia, una proliferazione di interlocutori – ha sottolineato il direttore generale di Assonime, Stefano Firpo – occorre un unico punto di accesso che sappia coordinare le competenze delle diverse autorità di vigilanza e di tutela dei diritti in uno spirito di leale collaborazione. Questo per aiutare le imprese ad avere una interlocuzione semplice con i tanti regolatori, autorità e organismi che, a diverso titolo, sono chiamati a vigilare sul mercato dei dati e dell'intelligenza artificiale”. Le aziende manifatturiere o anche le amministrazioni pubbliche, gli ospedali, le società di servizi che già stanno impiegando in modo sempre più massiccio l’IA, si troveranno inondate da “un diluvio di controllori”. L’Unione europea o i governi nazionali sono più preoccupati di creare nuovi vincoli che di sostenere lo sviluppo di una industria che vede primeggiare già gli Stati Uniti e presto la Cina. Una sorta di Airbus dei dati non è all’orizzonte.
Dilemmi emersi durante la tavola rotonda alla quale hanno partecipato sia rappresentanti delle istituzioni di controllo (Mario Nobile dell’Agenzia digitale, Bruno Frattasi dell’Agenzia per la cybersicurezza, Ginevra Cerrina Feroni per il Garante dei dati personali, Saverio Valentino per l’Antitrust) sia operatori di mercato (OpenAI, Mediaset, la stessa Assonime) sia scienziati come Giuseppe F. Italiano. Tra “evangelisti, guerrieri e apocalittici” così li ha chiamati Frattasi, è difficile trovare un punto d’incontro. Andrea Appella di OpenAI ha cercato di smentire la demonizzazione dell’intelligenza artificiale. Persino l’ultima querelle con Scarlett Johansson che si è sentita derubata della propria voce, va ridimensionata: il Washington Post ha scritto che si tratta di un’attrice ingaggiata prima di contattare la Johansson. OpenAI ha un contenzioso giudiziario con il New York Times destinato a fare giurisprudenza. Stefano Longhini di Mediaset ha preso le difese del diritto d’autore. La proprietà dei dati apre la porta non solo alla richiesta esplicita di un permesso per il loro uso, ma anche al pagamento. Il regolamento Ue chiede parità di trattamento, norme applicate a tutti. Resta aperto un grande tema geopolitico. I fornitori di sistema non usano le regole d’ingaggio a seconda della destinazione, una contraddizione che sarà difficile da affrontare, forse impossibile in un mondo sempre più diviso. L’Assonime “condivide la volontà del governo di investire in una strategia coerente che sappia affiancare agli sforzi regolatori un sostegno concreto alla competitività italiana in questi nuovi settori”. Ci vogliono i guardrail (lo ha detto anche Sam Altman), ma in Europa e in Italia occorre sostenere una innovazione che può essere più costruttiva che distruttiva.