il monito delle imprese
Manzana (Confindustria Trento): “Meloni deve correre. Da Schlein vorremmo un'idea di sviluppo”
Il presidente degli industriali trentini, che ha fatto da "padrone di casa" nella visita della premier e della segretaria del Pd al Festival dell'Economia: "E' finito il tempo del gioco delle parti e della campagna elettorale permanente"
Nel giorno in cui entrambe, Giorgia ed Elly, piombano in città per parlare di economia, in una specie di duello sfalsato, lui, da padrone di casa, le ammonisce così: “E’ finito il tempo del gioco delle parti, della campagna elettorale permanente”. E allora il presidente di Confindustria Trento Fausto Manzana, tra un panel e l’altro del Festival dell’economia, al Foglio lo dice senza giri di parole: “Il governo è in carica da diciannove mesi. Ora deve puntare a coinvolgere le migliori intelligenze per far crescere il paese. Perché di tempo per aspettare non ce n’è più”. Questo alla Meloni. Ma sentite cosa dice il capo degli industriali trentini alla segretaria del Pd Schlein: “Un’idea di sviluppo del paese? Io da lei non l’ho ancora vista. Magari ero distratto. Fatto sta che l’opposizione deve pungolare il governo, non demonizzarlo su qualsiasi cosa”.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri, intervistata da Maria Latella al Festival dell’economia di Trento, ha spaziato su varie materie: redditometro (“ho bloccato la norma perché volevo vederla meglio”), Superbonus (“non ho bisogno di fare cassa, voglio fermare un’emorragia”), la stabilità garantita dalla riforma del premierato, su cui ha stuzzicato e tirato in ballo proprio Schlein: “Non sono qui per scaldare la sedia, o la va o la spacca”. Ma chissà se avrà davvero soddisfatto l’uditorio, composto per lo più da esponenti del mondo confindustriale. Un universo, quello produttivo, con cui Meloni ha dimostrato, forse, di non avere troppa consuetudine. Nonostante i mesi passati a Palazzo Chigi. “Sul redditometro ha detto che la norma meritava di essere approfondita. E va bene, ci sta”, commenta , Fausto Manzana. “Eppure noi restiamo convinti che chi abusa della collettività, evadendo per comprarsi barche, macchine, vada punito. Inventarsi delle scorciatorie è sbagliato”. Ma è un altro il punto del discorso meloniano su cui il presidente di Confindustria Trento nutre più dubbi: “La premier ha rivendicato di aver investito, in manovra, sulla riduzione del cuneo fiscale. Ma a mio avviso si poteva fare di più, soprattutto sull’occupazione femminile e giovanile. Si poteva concentrare un maggior numero di risorse anche nella costruzione di servizi alla genitorialità”. Altro tasto dolente, nelle risposte che questo governo sta dando alle imprese, è il tema degli investimenti. “Proprio qui, a Trento, abbiamo riconosciuto che molti aspettano la conversione dei decreti attuativi sul piano Industria 5.0. Posso capire che si stiano prendendo dei mesi per decidere, ma è chiaro che il tempo è una variabile determinante per noi imprenditori, che non possiamo permetterci incertezza. Senza investimenti la produttività non la rialzi. E sono oramai decenni che non cresciamo”. Anche questo aprire vertenze e “tavoli” da parte soprattutto del ministero guidato da Adolfo Urso, fa dire a Manzana che “in alcuni settori, come l’automotive, ci vuole molto più coraggio. Dobbiamo ritrovare l’innovazione che ci ha fatti diventare la settima-ottava economia del mondo”.
Poi sul palco è salita Elly, che alla premier ha ricordato il “non aver ascoltato nessuna delle nostre proposte sul premierato”. E sul lavoro ha rispedito al mittente le critiche alla sinistra e accusato Meloni di “dire una falsità. Perché anche nella vigilanza, per esempio, ci sono i contratti collettivi. Eppure il salario è di quattro euro all’ora”. Ecco perché “se c’è un paese che ha bisogno del salario minimo quello è l’Italia. Sotto i nove euro all’ora non è lavoro ma sfruttamento”. Secondo Manzana, però, anche sui salari “l’atteggiamento, da una parte e dall’altra, non è quello di chi si siede a ragionare per risolvere un problema comune. E invece è da lì che dovremmo partire. Perché non è che i nostri rappresentanti possono continuare a giocare per sempre rimpallandosi accuse e contro accuse”. E’ un po’ la linea anche del nuovo presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Che anche ieri ha ricordato la contrarietà dell’associazione rispetto al referendum sull’abrogazione del Jobs Act. Manzana la pensa allo stesso modo: “Sul Jobs act stiamo assistendo a un’opposizione unicamente di principio, perché in realtà cos’è rimasto in piedi di quella legge? Vogliamo tornare davvero alla discussione sull’articolo 18? E’ semplicemente una distrazione rispetto ai veri problemi del paese”.
Questo duello in differita, insomma, con Schlein che a Meloni dice di essere pronta al confronto “ovunque”, dopo il niet al faccia a facci in tv, in parte ha evidenziato come entrambe si trovassero a giocare “fuori casa”. E un particolare dell’analisi del presidente degli industriali trentini sembra confermare questa lettura: “Abbiamo spesso parlato del rapporto privilegiato che avevano le imprese con Draghi. Ecco, se sembra che siano i tecnocrati a funzionare meglio, a dare le risposte migliori, questo è evidentemente un problema per il paese”. E’ un invito a lasciar perdere le soluzioni da campagna elettorale? “Ripeto, per governare l’Italia servono le migliori energie e intelligenze. E serve anche un richiamo forte nei confronti di tutte le forze, maggioranza e opposizione, per ridurre il rumore di fondo. Non serve a nessuno”.