Matteo Renzi (Ansa)

La lettera

“Altro che redditometro, noi abbiamo tagliato le tasse”. Ci scrive Renzi

Matteo Renzi

"Palazzo Chigi attribuisce al mio governo l'introduzione del redditometro. E' falso. Inoltre secondo i dati Istat, dal 2014 al 2016, abbiamo ridotto la pressione fiscale di 1,2 punti percentuali, abbassando il rapporto al 42,2 per cento, senza contare gli 80 euro. Meloni al contrario sta alzando le tasse". L'intervento dell'ex premier
 

Al direttore - Caro direttore, qualche giorno fa, con grande sconcerto, ho letto un surreale comunicato di Palazzo Chigi che attribuiva l’introduzione del redditometro al governo Renzi. Ripetere più volte una falsità la farà diventare virale forse ma non vera. Un po’ di fatti, quindi.

Il redditometro fu introdotto nel 1992. Sotto il governo Berlusconi e votato in Consiglio dei ministri da Giorgia Meloni fu reso ancora più invasivo, introducendo, cito il dossier della Camera dei deputati, “una  presunzione generale in base alla quale tutto ciò che è stato speso nel periodo d’imposta si considera sostenuto con redditi posseduti nello stesso periodo, fermo restando che il contribuente può fornire la prova contraria”. 

Nel 2015, il mio governo cancellò la media Istat dal redditometro. Uno strumento statalista, inutilmente invasivo e illiberale che aveva il fine di presumere il reddito del contribuente non solo sulla scorta delle spese che sostiene effettivamente, ma anche sulla scorta delle spese che, su base statistica, si ritiene sarebbe logico che sostenga.

Qualche giorno fa, il governo Meloni ha cercato di reintrodurlo, per poi fare marcia indietro. Ricapitolando: il governo Renzi cancellò la spesa media Istat. Il governo Meloni ha provato a reintrodurla.

Ritengo e ho sempre ritenuto che alzare la pressione fiscale sia la risposta di chi non ha idee e soluzioni. Ho sempre rifiutato il principio stata lista di una certa sinistra – ma anche di una certa destra – per cui alzare le tasse, in un paese dove già sono elevatissime, sia la soluzione per finanziare le riforme. Da presidente del Consiglio e da parlamentare mi sono sempre battuto contro l’introduzione di nuove tasse e contro l’idea di un fisco nemico dei cittadini. 
 Il nostro governo ha agito abbassando davvero la pressione fiscale sul contrasto all’evasione, semplificando e non perseguitando il contribuente. Abbiamo introdotto la dichiarazione precompilata, la fatturazione elettronica, il fisco 2.0.  Abbiamo cancellato l’Imu sulla prima casa e l’Irpef agricola, tagliato Irap e Ires. Gli 80 euro per la classe media sono stati nei fatti un taglio delle tasse sul lavoro. 

Secondo i dati Istat, il governo Renzi (dal 2014 al 2016) ha ridotto la pressione fiscale di 1,2 punti percentuali, abbassando il rapporto al 42,2 per cento (senza contare gli 80 euro). Il governo Gentiloni l’ha poi ridotta ancora  di 0,4 punti, portandola al 41,8 per cento. Il governo Meloni, finora, non l’ha diminuita. Al contrario, ha alzato l’Iva sui prodotti sull’infanzia, aumentato le tasse sulla casa (l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, quella sugli affitti brevi e quelle sulla vendita di una seconda casa ristrutturata con il super bonus), ha cancellato lo sconto sulle accise voluto da Mario Draghi. 

Questi sono i fatti, ben lontani dal racconto che si sta facendo in questi giorni. Alla classe politica di questo paese servirebbe una iniezione di serietà: la stessa di chi, come noi della lista Stati Uniti di Europa, se eletto andrà davvero in Europa. 

 

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