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I processi mediatici e la riforma impossibile

Che cosa succede in Italia se metti mano alla Giustizia? Parla Clemente Mastella

Il “labirinto” della giustizia a orologeria e l'inascoltata profezia di Francesco Cossiga

Marianna Rizzini

La moglie di Mastella arrestata nel giorno in cui il marito, ministro, presenta la relazione sullo stato della giustizia. “Possibile che chi commette un errore che mortifica la vita di una persona non trovi poi alcun ostacolo nella corsa a una carriera d’oro?”, si chiede il sindaco di Benevento

“Non lo dica a me”. Clemente Mastella – sindaco di Benevento, storico esponente dc, a lungo parlamentare ed europarlamentare – è stato ministro della Giustizia nel governo Prodi II, tra il 2006 e il 2008, e conosce “il meccanismo”, dice, perché l’ha vissuto sulla sua pelle. Meccanismo che vede i legislatori e gli amministratori diventare spesso protagonisti-vittime del cosiddetto circo mediatico-giudiziario. 

Abbiamo già visto molte volte la sequenza: indagini preliminari sbattute in prima pagina come fossero condanne definitive, pesca a strascico via intercettazione, presunte colpevolezze che poi spesso si rivelano fuffa dopo anni di tribunale, infine “character assassination”, quando non trasformazione in bersaglio anche giudiziario di chi ventili l’ipotesi di mettere mano alla materia. Sulla scena, intanto, c’è oggi il caso del governatore ligure Giovanni Toti, condannato mediaticamente a monte del processo. Al di là dell’esito della vicenda nelle (future) aule, i modi in cui è stato trattato il caso sui media riportano l’attenzione su alcuni problemi irrisolti in campo giudiziario-processuale, problemi che il governo Meloni, via riforma Nordio, ha fin dagli esordi detto di voler risolvere. Ma è possibile, in Italia, risolvere? O si rischia l’attacco incrociato di correnti togate e paradossalmente un avviso di garanzia? “E’ come con il clima”, dice Mastella: “Non sai mai quando può arrivare la perturbazione. Sono stato vittima di meccanismi del genere, come mia moglie Sandra Lonardo (ora candidata alle europee con gli Stati Uniti d’Europa, ndr) e come mio figlio. E ricordo che, nel 2008, l’arresto di mia moglie, allora presidente del Consiglio regionale campano, è avvenuto proprio nel giorno in cui ho presentato alla Camera la relazione sullo stato della giustizia”. Allora come oggi si pone la questione della responsabilità di chi mette sotto accusa, attualmente sbilanciata verso l’intoccabilità. “Per ognuno di noi dovrebbe prevalere il principio dell’innocenza fino a prova contraria. Invece spesso l’indagato finisce in un labirinto da cui non si sa quando e se si uscirà, considerato intanto colpevole per anni sui media. All’Italia serve un nuovo umanesimo giudiziario”.  Qualche giorno fa, a Benevento, Mastella ha partecipato a un convegno dell’Ordine degli avvocati sugli errori giudiziari. “La domanda per me è sempre la stessa: possibile che chi commette un errore che mortifica la vita di una persona non trovi poi alcun ostacolo nella corsa a una carriera d’oro? Non dico che debba essere penalizzato, chi commette un errore, ma neanche di fatto premiato”. Mastella ricorda l’inchiesta “Why not”, con Luigi De Magistris pm e Gioacchino Genchi consulente tecnico: “Soltanto qualche mese fa, nel 2024, Genchi è stato condannato a pagare 70 mila euro a me, che all’epoca dei fatti ero senatore e ministro della Giustizia, e agli allora deputati Francesco Rutelli e Sandro Gozi, per le intercettazioni effettuate dopo aver acquisito illecitamente i tabulati telefonici relativi alle nostre utenze, senza autorizzazioni delle Camere di appartenenza. Siamo ai limiti della costituzionalità, invece per molti esponenti della magistratura sembra valere una sorta di insindacabilità”. Per quei fatti, De Magistris e Genchi sono stati condannati in primo grado e assolti in secondo. L’assoluzione è passata in giudicato per gli aspetti penali, ma per Genchi è rimasta in piedi l’azione per il risarcimento dei danni, chiesti dai politici costituitisi parte civile (il pm non può essere invece chiamato a risarcire, per la legge sulla responsabilità dei magistrati, se non viene condannato per un reato). “Se non ci passi, dall’inferno delle accuse infamanti da cui magari vieni scagionato dopo anni, non capisci”, dice Mastella, “come non capisci, se non l’hai vissuto, il clima per cui magari prima ti viene negata una visita medica urgente in altra città, è successo allora a mia moglie, e quando poi ti viene concessa ti ritrovi i carabinieri fuori dalla clinica”. L’ex ministro non si augura che a Meloni o a un esponente del suo governo capiti quello che è capitato a lui. “Inutile chiedere lo scalpo degli uni o degli altri, anche se in questo governo c’è chi in passato non era certo un campione di garantismo. Ma ripeto: serve un umanesimo giudiziario”. Il clima non pare favorevole. “E’ una questione di arretramento politico: sono anni che, in un quadro di indebolimento dei partiti, si gioca sulla paura. Ma con la paura non si governa una comunità”. A Mastella viene in mente la profezia di Francesco Cossiga: “Quando divenni ministro”, racconta, “Cossiga mi chiamò e mi disse: auguri, ora avrai addosso due o tre procure. Pensai a una battuta, invece aveva ragione”. Ma il colmo dei colmi è successo tempo fa in provincia di Bari: il sindaco di Noci, racconta il sindaco di Benevento, “si è ritrovato indagato per fatti che coinvolgevano un fantomatico fratello. Peccato abbia solo tre sorelle”. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.