l'incontro
Cosa porta Nordio oggi da Mattarella
Il Guardasigilli al Quirinale per illustrare la riforma della magistratura: separazione delle carriere, riforma del Csm, Alta corte per i giudizi disciplinari, avvocato nella Costituzione. Il Cdm, però, potrebbe slittare al 3 giugno
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano si recheranno oggi pomeriggio al Quirinale dal capo dello stato Sergio Mattarella per illustrare i contenuti della riforma costituzionale della magistratura. Lo confermano al Foglio fonti autorevoli. L’approvazione del disegno di legge di riforma costituzionale, incentrato sulla separazione delle carriere e la riforma del Consiglio superiore della magistratura, era stata fissata per il Consiglio dei ministri di mercoledì. Secondo le ultime indiscrezioni, tuttavia, l’approvazione potrebbe slittare a lunedì 3 giugno. Il testo predisposto da Nordio prevede anche l’istituzione di un’Alta corte competente sui giudizi disciplinari dei magistrati (che verranno quindi sottratti al Csm) e l’introduzione dell’avvocatura in Costituzione. Sulla separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri non si torna indietro. Probabile che resti un concorso unico, mentre è da definire se saranno istituiti due distinti Csm (uno per i pm e uno per i giudici) o se sarà mantenuto un unico Consiglio, ma diviso in due sezioni. Su questo è in corso un confronto acceso nella maggioranza tra FdI da una parte (favorevole a due Csm) e Forza Italia e Lega dall’altra (che spingono, con spirito più pragmatico, per un unico Csm).
Fratelli d’Italia vorrebbe lanciare un messaggio molto chiaro agli elettori, anche in vista delle europee, spingendo per una separazione delle carriere radicale, con la creazione di due diversi Csm. Il partito di Meloni vorrebbe anche due concorsi separati: uno per accedere alle funzioni di pm e uno per i giudici. Questa opzione, però, considerata anche la lentezza cronica con cui oggi vengono svolti i concorsi di accesso in magistratura, sarebbe già stata esclusa. Una volta approvata in Consiglio dei ministri, però, il destino della riforma costituzionale sarà deciso in Parlamento. Consapevoli di questo, anche per rendere la riforma più “digeribile” per le opposizioni, Forza Italia e Lega vorrebbero ammorbidire alcuni contenuti, ad esempio lasciando in vita un unico Csm, presieduto dal capo dello stato, seppur diviso in due sezioni. Il rischio, ovviamente, è quello di annacquare eccessivamente la riforma. Si vedrà, comunque, quale sarà l’esito di questo confronto interno alla maggioranza.
La principale novità emersa nelle ultime ore riguarda però l’affidamento della funzione disciplinare a un organo esterno al Csm, con l’obiettivo di evitare che gli illeciti disciplinari siano giudicati da magistrati che poi sono chiamati anche a esprimersi su trasferimenti e promozioni dei propri colleghi, e così eliminare anche il rischio di condizionamenti correntizi. Questa proposta ha cominciato a circolare fin dagli inizi degli anni Novanta, anche se poi non ha mai trovato attuazione, anche per l’opposizione costante dell’Associazione nazionale magistrati.
Già nel 1991 la commissione di studio nominata dal capo dello stato Francesco Cossiga e presieduta da Livio Paladin, ex presidente della Corte costituzionale, concluse i suoi lavori proponendo l’affidamento del potere disciplinare a un organo esterno al Csm, in modo da evitare l’anomalia di far coincidere nel Consiglio funzioni sia amministrative che giurisdizionali. Le proposte della commissione Paladin, tuttavia, non vennero prese in considerazione dalla classe politica. L’idea di esternalizzare la funzione disciplinare venne poi ripresa nel 1997 dalla famosa “bozza Boato”, messa a punto dall’allora deputato Marco Boato durante la Bicamerale per le riforme di Massimo D’Alema. Il provvedimento, mai approvato, prevedeva la creazione di una Corte di Giustizia, composta da nove membri scelti dal Csm (sei tra i membri togati e tre fra i membri laici). Anche la riforma costituzionale approvata nel 2011 in Cdm dal governo Berlusconi affidava la funzione disciplinare sulle toghe a un’Alta Corte di Giustizia.
Ora è Nordio a rilanciare l’idea del trasferimento della competenza disciplinare a un’Alta corte esterna al Csm, anche se restano da capire le modalità di composizione di quest’ultima. Il testo potrebbe prevedere il sorteggio dei componenti a partire da una rosa composta da magistrati e giuristi e avvocati con un determinato periodo di esperienza professionale alle spalle. L’idea è sempre stata contrastata dall’Anm, convinta che la sottrazione della funzione disciplinare al Csm porterebbe a uno “stravolgimento dell’assetto costituzionale dell’ordine giudiziario”.
Per quanto il ruolo dell’avvocatura, proprio dieci giorni fa Nordio aveva annunciato che “nella nuova riforma la dignità della figura dell’avvocato entrerà in Costituzione”. “La cultura della giurisdizione poggia su un tavolo a tre gambe: accusatore, difesa e giudice. Senza uno di loro sarebbe una giurisdizione monca”, ha detto il Guardasigilli. “Nella riforma costituzionale la figura dell’avvocato avrà una menzione autonoma come elemento strutturale della giurisdizione”.
Si è di fronte a una modifica dall’alto valore simbolico e culturale. Meno sul piano pratico: pensare che la semplice menzione dell’avvocato in Costituzione possa rafforzare il suo ruolo nel processo è una pia illusione. Del resto numerose previsioni costituzionali, prima fra tutte la presunzione di innocenza, già oggi sono nei fatti drammaticamente disattese.