Volodymyr Zelensky e Jens Stoltenberg (LaPresse)

L'intervista

“Su Kyiv i partiti cercano facili consensi. Stoltenberg? E' stato strumentalizzato”. Parla Stefanini (Ispi)

Ruggiero Montenegro

"Tanto rumore per nulla, le parole del segretario generale Nato non riguardavano l'Italia. Le armi che noi forniamo all'Ucraina sono essenzialmente difensive. Colpire obiettivi militari in territorio russo non viola il diritto internazionale", dice l'ambasciatore, già consigliere diplomatico di Napolitano

“Tanto rumore per nulla. Quelle parole non riguardavano l’Italia”, dice al Foglio Stefano Stefanini – oggi senor advisor dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) dopo una carriera diplomatica in cui è stato anche rappresentante permanente alla Nato e consigliere del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si riferisce alle dichiarazioni  di Jens Stoltenberg. Il segretario generale della Nato ha invitato gli alleati a considerare l’ipotesi che l’Ucraina possa usare armi occidentali per colpire sul territorio russo. Creando un certo scompiglio. “Un vespaio eccessivo”, lo definisce Stefanini. 

Da Meloni a Schlein, passando per il ministro della Difesa Crosetto, tutti hanno visto nelle affermazioni di Stoltenberg i segnali di un’escalation. Tutti, di corsa, ne hanno preso le distanze. “Ma non ce n’era nemmeno bisogno – ribadisce il diplomatico – bastava leggere l’intervista all’Economist. L’Italia non era chiamata in causa per almeno due motivi”. Cosa non avrebbero capito i nostri politici? “Innanzitutto quello di Stoltenberg era un appello diretto in sostanza a Joe Biden e agli Stati Uniti, dove il tema esiste veramente. Il primo paragrafo di quell’intervista lo chiariva bene”. E poi? “Le armi che noi forniamo a Kyiv sono essenzialmente difensive, utilissime, ma di quelle che non permettono di colpire in Russia. Per questo ho trovato eccessive le reazioni, anche se capisco come in campagna elettorale si pensi anche a facili consensi”. E però lo stesso segretario Nato ha ritenuto successivamente di circoscrivere meglio la sua posizione. “Non credo, a differenza di come è stato detto, che volesse arrogarsi alcun titolo per decidere al posto degli alleati”.

Stefanini ricorda inoltre che paesi come il Regno Unito (non è il solo) “hanno già eliminato, per missili come gli Storm Shadow, la distinzione tra armi difensive e offensive”. 
Quello sollevato da Stoltenberg comunque non è un tema da poco: su una questione del genere trovare l’unità tra alleati sarà difficilissimo. Lei che idea si è fatto? “Ovviamente – riconosce Stefanini –  sarebbe pericoloso se la Nato si spaccasse radicalmente. Ma invito a considerare altri due aspetti, chiamiamole attenuanti”. A cosa si riferisce? “I paesi che hanno mandato armi in grado di andare oltre il confine ucraino sono pochi. Inoltre sempre Stoltenberg ha specificato quali potrebbero essere gli obiettivi in Russia: centri militari che offrono supporto logistico all’esercito di Putin. Le bombe che hanno colpito il centro commerciale di Kharkiv erano teleguidate”.

Oltre a questo, ragiona ancora l’ambasciatore, bisogna considerare che attaccare basi coinvolte in operazioni militari “non rappresenta una violazione del diritto internazionale, è del tutto legittimo. Oggi il limite per l’Ucraina deriva solo dagli impegni bilaterali con i singoli stati”. E’ un po’ la posizione espressa ieri da Josep Borell. Anche le parole dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri hanno scatenato una nuova discussione. “E’ sempre la stessa dinamica. Probabilmente i commenti di molti politici arrivano prima ancora di aver letto o esaminato esattamente le dichiarazioni, che siano di Borell o di Stoltenberg”. Una sorta di riflesso pavloviano? “In alcuni casi i partiti strumentalizzano per riaffermare una posizione. Abbiamo un’opinione pubblica legittimamente preoccupata dalle guerre, magari qualche voto ci scappa”. Esiste anche un tema di deterrenza nelle dichiarazioni dei rappresentanti della Nato o dell’Ue? E certe reazioni non rischiano di vanificarne l’effetto? “Il principio fondante della deterrenza è proprio l’uso delle parole, ovviamente sostenute da capacità militari, ma al fine di non dovervi ricorrere. Nei casi di cui abbiamo parlato però non c’è solo questo”. E cos’altro? “Sia Stoltenberg che Borell mostrano una seria preoccupazione per le reali possibilità ucraine di resistere. Soprattutto in una fase in cui Putin ricorre a bombardamenti indiscriminati, con un chiaro effetto intimidatorio per i civili. In questo caso credo che l’obiettivo fosse sollecitare un maggior impegno degli alleati, per dare all’Ucraina capacità di difesa che oggi non possiedono”. 

E’ in atto un disimpegno dell’Italia e dell’occidente, questo “vespaio” la preoccupa? “Non vedo grandi rischi, il sostegno italiano a Kyiv, entro determinati limiti, non è in discussione. Ricordiamoci che abbiamo firmato accordi di sicurezza bilaterali con Zelensky e come noi molti altri paesi. Ultimo ieri il Belgio. Non avremmo alcuna credibilità se lasciassimo che la Russia travolgesse l’Ucraina. Le elezioni  – conclude sicuro Stefanini – non cambieranno niente”.
 

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