Fermare l'escalation coldirettista

Luciano Capone

L’associazione più amata da Lollobrigida lancia una violenta campagna contro il settore agroalimentare italiano. Fandonie, ipocrisie e delirio d'onnipotenza. Cosa c'è dietro l'attacco a Mediterranea, il progetto di Confagricoltura e UnionFood

L’attacco è senza precedenti, per gli argomenti mistificatori e i termini violenti. Coldiretti ha aperto una spaccatura, difficilmente sanabile, scagliandosi contro la rivale Confagricoltura e più in generale contro l’industria agroalimentare italiana.

Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia (una sigla della galassia Coldiretti), attraverso il Giornale, si è scagliato contro “Mediterranea”, il progetto di Confagricoltura e UnionFood (l’industria agroalimentare) descritto come un accordo in cui l’associazione degli agricoltori guidata da Massimiliano Giansanti farebbe da “foglia di fico” per le “multinazionali globali” straniere che vogliono imporre “cibo omologato” e il “Nutri-score”, distruggendo il “made in Italy” e la “dieta mediterranea” per sostituirla con “i cibi prodotti in laboratorio”.

Scordamaglia agita gli spettri delle multinazionali straniere, come Nestlé, Unilever, Lactalis e Mondelēz che avrebbero realizzato questo “Cavallo di Troia” – così lo definisce il Giornale – grazie alla collaborazione di Giansanti, che così si è conquistato un posto d’onore nel Pantheon coldirettista dei supercattivi globali insieme a Jeff Bezos e Bill Gates.

In un attacco così scoordinato ci sono poche verità e molte contraddizioni. Innanzitutto bisogna capire cos’è Mediterranea. Si tratta di un accordo tra Confagricoltura, che rappresenta circa il 45% della produzione agricola nazionale, e UnionFood, che rappresenta la gran parte dell’industria agroalimentare italiana: Ferrero e Barilla, solo per citare i nomi più importanti, ma si tratta in tutto di oltre 500 aziende e 900 marchi di ogni dimensione tra cui anche alcune estere che operano in Italia.

Non quindi una Spectre di multinazionali straniere che producono cibi sintetici, ma l’eccellenza del made in Italy agroalimentare, che insieme rappresentano 106 miliardi di fatturato. L’obiettivo di questa nuova piattaforma è rafforzare la filiera, migliorare efficienza e produttività, valorizzare la dieta mediterranea e aumentare l’export.

L’accordo nasce come sviluppo di un protocollo sulla filiera del grano duro, siglato diversi anni fa da Confagricoltura e UnionFood con la collaborazione dell’Università della Tuscia, che ha consentito di aumentare la produzione e migliorare la qualità del grano italiano che serve all’industria della pasta. L’obiettivo di Mediterranea è di estendere questo protocollo di successo ad altre filiere come quella del pomodoro e del grano tenero e di rendere strutturale l’interlocuzione tra agricoltori e industria. Niente di particolarmente preoccupante per i consumatori o per la “dieta mediterranea”. Anzi.

Le accuse di Coldiretti sono a tratti surreali. Vengono additate solo alcune multinazionali estere associate, senza però mai dire che il presidente di UnionFood è Paolo Barilla che sarà anche al vertice di Mediterranea insieme a Giansanti. Scordamaglia, inoltre, non dice che diverse delle aziende che partecipano alla sua Filiera Italia sono associate di UnionFood.

La logica abbastanza infantile è che se le imprese stringono accordi con la Coldiretti sono per definizione buone, se invece lo fanno con altre associazioni diventano cattive e anti italiane. Ad esempio Scordamaglia attacca Confagricoltura scagliandosi contro i “potentati multinazionali” del “cibo omologato”, ma nella sua Filiera Italia c’è McDonald’s che è una multinazionale di successo ma di certo non è ambasciatrice nel mondo della dieta mediterranea. Eppure, basta firmare con Coldiretti per ricevere il battesimo di italianità e mediterraneità: “McDonald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità…”, ha dichiarato il presidente Ettore Prandini.

Coldiretti si scaglia contro le multinazionali che “sostengono il Nutri-score”, l’etichetta a semaforo che cataloga la salubrità degli alimenti considerata un nemico mortale del made in Italy, ma questo non le ha impedito di siglare un accordo in Filiera Italia con un gruppo della grande distribuzione come la francese Carrefour che ha introdotto in Italia il Nutri-score prima di essere bloccata dall'Antitrust (tra l’altro proprio su segnalazione di Confagricoltura).

In un altro passaggio, Scordamaglia attacca Confagricoltura perché fa parte a Bruxelles dell’European Food Forum insieme all’“associazione europea dei cibi a base cellulare fatti in laboratorio”. Ma l’European Food Forum non è un’organizzazione che persegue obiettivi comuni, bensì un forum fondato da parlamentari di gruppi diversi in cui si discute di cibo e legislazione da posizioni differenti: ne fanno parte anche i principali esponenti di FdI in Europa, da Nicola Procaccini a Carlo Fidanza, che non sono certo a favore dei “cibi sintetici”.

Ma se le critiche sono pretestuose, qual è la vera ragione di tanta aggressività? La principale è che ora Filiera Italia ha un competitor, Mediterranea, che rappresenta non solo un’alternativa ma anche un modello diverso, perché si tratta di un’associazione tra associazioni e non di accordi con singole imprese. E la rottura del monopolio è ritenuta da parte di Coldiretti, che in questa fase politica si sente quasi onnipotente, un affronto da punire.

Già a inizio maggio, l’organizzazione di Prandini aveva sferrato un colpo sotto la cintura a Confagricoltura. A Cibus, la manifestazione di riferimento per il settore agroalimentare che si è tenuta a Parma, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, Coldiretti ha proiettato una slide su Mediterranea, analoga a quella pubblicata dal Giornale, che accusava Confagricoltura di aver stretto un accordo con le “multinazionali globali” che “stanno affamando gli agricoltori europei”. Mentre additava la slide, il vero leader di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, rivolgendosi a Lollobrigida ha definito le imprese agroalimentari italiane di UnionFood “non patriottiche e non sovraniste, caro ministro”. E questo pochi minuti prima che Lollobrigida partecipasse, insieme al ministro delle Imprese Adolfo Urso, alla presentazione di Mediterranea con Giansanti e Paolo Barilla.

Coldiretti ha già creato un rilevante problema tra governo e industria alimentare: l’organizzazione ha infatti sostenuto il famoso emendamento contro il “meat sounding”, passato nella legge che vieta la carne sintetica, contro cui UnionFood ha fatto ricorso a Bruxelles perché in contrasto con il diritto europeo, ma soprattutto perché penalizzerebbe il made in Italy nel settore degli alimenti a base di proteine vegetali. La legge è passata ma Lollobrigida non ha più emanato il decreto attuativo e quindi, di fatto, resta inapplicata. Ora si apre un altro fronte.

Dopo Cibus, Coldiretti è tornata all’attacco pubblicamente alla vigilia dell’assemblea di Confagricoltura, probabilmente per azzoppare la conferma di Giansanti. Ma ha ottenuto l’effetto contrario: il ricompattamento dell’organizzazione dietro al suo presidente, rieletto all’unanimità.

Ciò non toglie che l’escalation coldirettista sia un problema politico per il governo. L’appiattimento di Lollobrigida sulla linea e il sistema di potere Prandini-Gesmundo è stato interpretato come un lasciapassare totale. Un delirio di onnipotenza che si è manifestato prima con l’aggressione fisica da parte di Prandini a un deputato dell’opposizione come Benedetto Della Vedova, e ora con l’attacco violento di Gesmundo e Scordamaglia a Confagricoltura e UnionFood.

Prima il messaggio a Lollobrigida è stato recapitato in forma più riservata a Cibus, ora pubblicamente sulle colonne del Giornale usando la peggiore propaganda della destra sovranista. Oltre che un attacco a Giansanti, è un richiamo all’ordine per Lollobrigida. Ma al governo conviene coltivare un rapporto del genere con Coldiretti?

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali