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l'editoriale del direttore

La politica vuole occuparsi di carceri? Candidi uno qualsiasi dei 61.049 detenuti nelle patrie galere

Claudio Cerasa

Oltre Salis c’è di più. L’attenzione per le condizioni delle carceri del mondo, da parte della maggioranza e dell’opposizione, è commovente. Forse però sarebbe il caso di concentrarsi sullo stato di quelle italiane

Nelle ultime settimane, nel nostro paese, si è verificato un piccolo e formidabile miracolo politico che merita di essere preso decisamente sul serio vista la sua oggettiva eccezionalità. Il piccolo e formidabile miracolo ha investito tutto il fronte dei partiti, in modo trasversale, e ha permesso di mettere in mostra il grado di attenzione che vi è tra i leader dei vari partiti attorno a un tema molto delicato, messo al centro dell’agenda politica dalla quasi totalità dei leader politici. In estrema sintesi: l’attenzione alle condizioni delle carceri nel mondo. A sinistra, lo avrete visto, si è fatto un gran parlare, per molti mesi, del caso Ilaria Salis. Un pezzo di sinistra, il Pd, ha trasformato la maestra accusata di aver aggredito due uomini in Ungheria in una nuova eroina dell’antifascismo. E la scintilla ricorderete quando è scattata: nel momento in cui le televisioni hanno mostrato le immagini orribili di Ilaria Salis con le catene ai polsi e i ceppi alle caviglie in un’aula di tribunale in Ungheria.

Il resto della storia la conoscete. Il Pd ha provato a candidare Salis, le correnti del Pd hanno spiegato alla segretaria del Pd che in lista non c’erano più posti da capolista, Salis è stata candidata da Bonelli e Fratoianni e da quel momento l’attenzione del Pd per Salis è diminuita sostanzialmente (ed è diminuita ancora di più dopo il passaggio di Salis dalle carceri ai domiciliari: campagna elettorale rovinata). L’attenzione profonda per le condizioni dei carcerati da parte del mondo della politica (non starete mica pensando che la sinistra si è interessata a Salis solo perché detenuta nelle carceri di un amico di Meloni, no?) ha toccato un’altra vetta significativa sul caso Chico Forti, caso che il governo italiano è riuscito, come hanno tentato di fare tutti gli ultimi governi italiani compresi quelli guidati dal M5s, a strappare alla terribile giustizia americana e a restituire finalmente alle nostre affidabilissime patrie galere (siamo ironici) dopo anni di lunghi contenziosi diplomatici con i governi americani. Un terzo caso di attenzione ancora una volta speciale dedicata dal nostro paese al tema delle carceri riguarda l’estradizione non concessa la scorsa settimana a un uomo di nazionalità turca, di origine curda, arrestato dalle forze di polizia a Viterbo, con l’accusa di essere a capo di un gruppo criminale in Turchia.

Il governo Erdogan ha chiesto di mandare in Turchia l’arrestato ma l’Italia ha manifestato perplessità di fronte alla richiesta di far scontare una pena in Turchia a un curdo. L’attenzione per le condizioni delle carceri del mondo, da parte della maggioranza e dell’opposizione, è commovente. Ma una volta esaurito l’interesse per i temi legati al giusto processo, alle derive della gogna e alla discrezionalità dei magistrati che esiste in giro per il mondo potrebbe essere utile concentrarsi qualche secondo sulle uniche carceri che la politica italiana sembra ignorare all’interno del famoso globo terracqueo: quelle italiane. Un piccolo ripasso. Al 31 marzo erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Il sovraffollamento carcerario è tornato ai livelli di dieci anni fa, quando l’Italia fu condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Da inizio anno, sono 35 le persone che si sono suicidate negli istituti penitenziari. In media ogni anno 961 cittadini finiscono dietro le sbarre senza avere responsabilità dei delitti che vengono loro attribuiti. E ogni anno sono circa due milioni di euro che lo stato spende per risarcire i cittadini vittime di errori giudiziari. Numeri da brividi. Che dovrebbero suggerire una riflessione, piccola ma necessaria. Una volta esauriti i nomi degli italiani detenuti all’estero da governi guidati da politici che non si amano, alle prossime europee, o anche prima, per mostrare attenzione alle condizioni drammatiche delle carceri sarebbe sufficiente una piccola mossa: pescare, a caso, uno dei 61.049 detenuti che si trovano in Italia e candidarlo capolista in tutte le circoscrizioni. Che aspettiamo?
 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.