Balle da prevenire

“No, la separazione delle carriere non trasforma il pm in ostaggio della politica”. Parla Pellegrino

Riccardo Lo Verso

Il giurista ed ex senatore di Pci e Ds: "Non ho cambiato idea. Ho sempre pensato che con l’introduzione del rito accusatorio una modificazione sarebbe stata normale e opportuna"

Si compiace, con garbo ma si compiace. Non vede nuvole nere all’orizzonte per la nostra malandata giustizia. Alla fine Giovanni Pellegrino può dire di “averci visto lungo”. Una delle sue idee da “eretico di sinistra” fa parte dello schema per la riforma costituzionale della giustizia approvata dal governo su proposta del ministro Carlo Nordio. C’è, infatti, anche la separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. “Bene, non ho mai avuto occasione o ragioni per cambiare idea”, dice Pellegrino, ex senatore (Pci-Pds-Ds, da qui il suo autodefinirsi “eretico di sinistra”). Ottantacinque anni, giurista con una lunga militanza professionale. Perché è necessario separare le carriere? “Ho sempre pensato che con l’introduzione del rito accusatorio una modificazione sarebbe stata normale e opportuna. Passando al rito accusatorio, infatti, la parità tra le parti era ed è un dato essenziale. Invece da noi non si realizza immediatamente perché abbiamo un giudice che non è terzo ma vicino al pm poiché provengono dallo stesso ordine”.

 

In soldoni, la macchina della giustizia funzionerebbe meglio? “La separazione delle carriere non risolverà tutti i problemi, ma renderà le decisioni giudiziarie più credibili. Questo è il vero beneficio. Se non si dubita che il giudice propenda per l’accusa la credibilità ne uscirà rafforzata. Non mi pare poco”. Se lo dice lei. Quindi deduco che non ha alcuna paura di vedere un pubblico ministero ostaggio della politica. “Ma no, ma quale paura. Non né reale, né concreta. A condizione che il pm mantenga l’indipendenza. Non mi pare che si vada in direzione opposta”. Perché la magistratura è da sempre contraria alla separazione? “Giulio Andreotti diceva che a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina. La magistratura è contraria perché per il singolo magistrato le ambizioni di carriera vengono meno, finora ha una sola possibilità di cambiare da requirente a giudicante o viceversa. C’è una componente utilitaristica accanto al legittimo timore di essere privati della loro indipendenza”. E la politica? Su certi temi si litiga sempre e comunque. “La sinistra tradizionalmente si è sempre sentita vestita dell’impegno di tutelare gli interessi corporativi della magistratura ordinaria”. Toghe rosse? Non mi dica. Scherzi a parte, perché? “Il numero dei magistrati ordinari che ha fatto parte degli schieramenti soprattutto nel Pci e nel Pds è incontrovertibile. Prima il Pci era un partito che vedeva nei giudici il mezzo di controllo in favore del popolo. Con il terrorismo i pm rischiarono e persero la vita per difendere le istituzioni repubblicane. Quasi istintivamente il partito si identificò nell’azione della magistratura”. Il provvedimento non tocca invece l'articolo 112 della Costituzione, quello che riguarda l'obbligatorietà dell'azione penale. L’eguaglianza fra i cittadini è salva: quando un pm scoverà una notizia di reato la perseguirà senza scimmiottare il potente o governante di turno. “L’obbligatorietà dell’azione penale è una chiacchiera, perché non è realmente obbligatoria. Tra le tante notizie di reato il pm sceglie sempre quale porre alla base della sua azione. In alcuni casi con un accanimento che non riesco a capire”. A cosa si riferisce? “Nell’ultimo caso di Spinelli e Toti, nessuno si concentra su un tema. I finanziamenti visti come corruzione escludono la possibilità da parte delle forze economiche di soccorrere la politica in maniera trasparente. In America, ad esempio, nessuno sui scandalizza che le lobbies delle armi finanzino il partito repubblicano. Ancora una volta si vuole ricondurre la politica ad una condizione amorfa per cui commette un reato se viene aiutata con un finanziamento trasparente. I reati sono una cosa e vanno perseguiti. Altra cosa è se Spinelli finanziava in maniera trasparente Toti e Toti nell’esercizio della discrezionalità non gli era ostile. D’altra parte della legittimità delle proroghe in favore di Spinelli i concorrenti non hanno dubitato”.