L'intervista

“E' vero, firmai per separare le carriere dei pm, ma Nordio attenta alla magistratura”. Parla Serracchiani

Gianluca De Rosa

La deputata e responsabile Giustizia del Pd spiega perché nel 2019 sosteneva la mozione Martina, che prevedeva la separazione delle carriere, mentre oggi combatte contro la riforma del governo

"Con questa riforma la maggioranza non solo fa bieca campagna elettorale ma punta a scardinare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura”, dice Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Partito Democratico a proposito della riforma della giustizia varata in consiglio dei ministri mercoledì che prevede, tra le altre cose, la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e pm. Ma siamo davvero davanti a un rischio così grande? Eppure nel 2019 anche lei firmò la mozione congressuale dell’allora segretario del Pd Maurizio Martina (era d’altronde in ottima compagnia, tra gli altri firmatari c’erano: Graziano Delrio, Simona Malpezzi, Francesco Verducci, Matteo Orfini, Dario Parrini, Lorenzo Guerini, Andrea De Maria, Alessandro Alfieri...). Il documento sosteneva: “Il tema della separazione delle carriere appare oggi ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale”. Perché dunque oggi il Pd ha cambiato idea? “Io – si schermisce adesso la parlamentare dem – all’epoca ho aderito a una mozione congressuale che conteneva tante altre cose, e per di più in un contesto totalmente diverso. Sono stata personalmente contraria a una separazione secca delle carriere e l’avevo dichiarato già anni addietro”. Quella mozione però rimane. “Noi – dice Serracchiani – comunque abbiamo sempre puntato alla separazione delle funzioni, un obiettivo che è stato raggiunto con la riforma Cartabia nella scorsa legislatura, tant’è che nel programma elettorale del Pd del 2022, quando ero capogruppo alla Camera, di separazione non si parla affatto”. Anche ex parlamentari della sinistra, da Marco Boato a Cesare Salvi, gente che dell’argomento in passato si è occupata a lungo al Foglio hanno detto che però questa riforma “fa bene” e che “non incide né sull’autonomia, né sull’indipendenza della magistratura”. “Guardi – risponde Serracchiani – la differenza qui è che con questa riforma non si dividono solo le funzioni, ma si tocca la separazione delle carriere, con due Csm separati nominati con il meccanismo del sorteggio, è un tentativo evidente di incidere di fatto sulla separazione dei poteri. Un giudice veramente terzo non si ottiene attraverso l’indebolimento complessivo dell’autorità giudiziaria. Inoltre vedo dei rischi a trasformare il pm in un superpoliziotto. Temo possa persino esserci un’eterogenesi dei fini, ossia un rafforzamento ulteriore del pm”.

 

In realtà però non si tocca né l’obbligatorietà dell’azione penale, né si pone alcun controllo politico sulle due magistrature, come avverrebbe dunque questo intervento effetti negativi sulla separazione dei poteri? “Bisogna stare attenti – ammonisce la deputata del Pd – perché separando le carriere uno dei tre poteri dello stato, viene di fatto dimezzato, diventano due mezzi poteri, non è poco. D’altronde questa riforma è immersa in un filone ideologico-politico perfettamente allineato con autonomia differenziata e premierato, le altre due riforme di questo governo che smantellano la Costituzione e contro le quali ci battiamo con forza”. La riforma interviene anche su un’altra questione, questa sì presente anche dentro il programma elettorale del Pd per le politiche del 2022: l’utilizzo dell’Alta Corte per i giudizi disciplinari dei magistrati, anche su questo avete cambiato idea? “Sull’Alta corte – dice Serracchiani – non saremmo di principio contrari, ma la proposta del governo è davvero molto pasticciata, noi inoltre siamo sempre stati contrari al sorteggio, anche in questo caso. Inoltre, nella nostra idea l’Alta corte non toglie il potere disciplinare al Csm perché è un organo di secondo grado, cioè di appello per eventuali impugnazioni. La sezione disciplinare di primo livello per noi resta al Csm, inoltre dovrebbe riguardare tutte le magistrature e non solo quella ordinaria”.