strategie politiche
Sul Pnrr, Salvini si corregge e fa una mossa che piacerà al sud
Il ministro accelera la ripartizione del Piano idrico fra le regioni, e destina al sud 5,1 miliardi dei 12 miliardi del piano pluriennale
Distribuire un po’ di soldi per gli investimenti pubblici a ridosso dell’apertura dei seggi è sempre stato e resta un grande classico della politica. In questi giorni accelerano procedure di programmazione che in genere sonnecchiano lentamente o richiedono maratone a ostacoli di 12 o 18 mesi per arrivare in porto, come nel caso dei fondi da assegnare alle Fs o all’Anas. Che poi si trasformino “informative” al Cipess sul contratto di programma di Rete Ferroviaria Italiana in concreta distribuzione di soldi, che non c’è, fa parte della commedia generale. Basta non bersela.
Era successo, d’altra parte, con la ferrovia Roma-Pescara, che proprio il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (che nome!), alla presenza niente meno che della premier Giorgia Meloni, avesse precipitosamente staccato un assegno da 920 milioni per completare l’opera che lo stesso governatore Marsilio, allora candidato a due giorni dalle elezioni e poi rieletto, aveva rallentato in conferenza di servizi ai tempi di Mario Draghi. L’elettore non va certo per il sottile e il rigoroso fact checking non è il test su cui si misura più volentieri la politica romana. C’è però qualcosa di più del semplice comunicato elettorale nella precipitosa convocazione della “cabina di regia idrica” – un nome che fa paura per tasso burocratico – a opera del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, il 29 maggio, per “presentare” la proposta di “Piano nazionale per gli interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pniissi)” – altro nome mostruoso.
Sono due le ragioni interessanti. La prima è tutta politica (ma non elettorale). Il Foglio aveva rivelato il 9 maggio come nella distribuzione di un miliardo di euro della seconda tranche del Pnrr per le reti idriche la quota destinata al sud fosse crollata dal 40,4 per cento tenuto da Draghi al 19 per cento del governo Meloni, scelta post-revisione per altro illegittima alla luce delle regole del Recovery. Ma soprattutto il dubbio sollevato dal Foglio era che quello fosse il primo segnale venuto alla luce di un più generale abbassamento di attenzione sul legame “sacro” tra Pnrr e sud. Qualche giorno dopo l’associazione dei costruttori, l’Ance, aveva confermato questo dubbio con uno studio che ricordava come il sud fosse l’area più esposta al rischio di vedersi tagliate le risorse del Pnrr e del fratellino Piano nazionale complementare con le manovre (altresì dette “gioco delle tre carte”) delle molte operazioni di taglia, cuci e sposta di risorse varate dal governo con la regìa del ministro Fitto.
Parliamo di attuazione del decreto Pnrr, dell’imminente taglio al Piano nazionale complementare, della riprogrammazione dei fondi di coesione, dei programmi ordinari di settore per cui il Mezzogiorno sembra aver finito le cartucce (in termini progettuali). Erano seguite nei giorni successivi le consuete rassicurazioni a parole del ministro Fitto, ma nessun segno concreto. Ecco che ora il ministro Salvini accelera la ripartizione del Piano idrico fra le regioni e destina al sud 5,1 miliardi dei 12 miliardi del piano pluriennale per una quota del 42,1 per cento. Non solo. Ripartisce anche il primo piano stralcio, da avviare subito con i 946,6 milioni disponibili, e destina al Mezzogiorno ben 449,5 milioni, il 47,5 per cento del totale contro il 39,5 per cento del nord e il 13 per cento del Centro. Il risarcimento al sud è cosa fatta, quindi, dopo la sberla della seconda tranche Pnrr e i progetti, che prima non c’erano, ora sono spuntati fuori, presentati da regioni, autorità di bacino, governi di ambito e gestori idrici. Una correzione di rotta che tranquillizzerà chi aveva trovato quel decreto di ripartizione delle risorse Pnrr una stonatura insostenibile. La seconda ragione di una scelta che va oltre la frenesia elettorale è che se il voto europeo e locale ha contribuito ad accelerare il Piano idrico non si può che plaudire.
Perché il Pniissi, aldilà del nome impronunciabile, è la migliore cosa che sia stata fatta dai governi nel settore idrico da venti anni in qua. E’ un piano di orizzonte pluriennale che è passato per una prima analisi costi-benefici – e già questi sono due meriti in Italia – e deve dare una sterzata alla qualità degli investimenti del settore, introducendo per la prima volta interventi di risposta ai cambiamenti climatici e di miglioramento dell’approvvigionamento in tempi di siccità. Anche questo piano è stato voluto dall’Europa e dal Pnrr, ma l’accelerazione di Salvini in questo caso va nella direzione giusta. Vedremo gli elenchi concreti delle opere, ma c’è da augurarsi che l’impegno a concretizzare queste risorse duri anche oltre la tornata di domenica.