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l'editoriale del direttore

Anche Putin odia il sovranismo europeista

Claudio Cerasa

Perché i nemici del sovranismo europeista sono nemici dell’interesse nazionale e sognano la stessa identica Europa che ha in mente il presidente russo

Il sovranismo europeo è un ossimoro da sballo, oltre che un concetto diabolico, e si capisce bene la ragione per cui per i sovranisti di un tempo, asfaltati dalla storia, sia qualcosa di simile a un dito infilato con cura in un occhio. La polemica che ha acceso lo scorso fine settimana, quella tra il senatore della Lega Claudio Borghi, che sta a Salvini come Bannon sta a Trump o se volete come Stanlio sta a Ollio, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha fatto notizia solo per la stolta richiesta di dimissioni suggerita dal senatore leghista al capo dello stato. Ma la polemica, per così dire, avrebbe meritato di far notizia anche per i contenuti del confronto. Mattarella, il 2 giugno, ha detto che “con l’elezione del Parlamento europeo consacreremo la sovranità dell’Ue”. Borghi, poche ore dopo, ha detto che se il presidente “pensa davvero che la sovranità sia dell’Ue invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi”. Liquidare il pensiero di Borghi come se questo fosse il frutto di un’esternazione uscita per sbaglio, dopo un cicchetto di troppo, dalla bocca del senatore sarebbe però un errore blu. Perché il tema del sovranismo europeo, e dei suoi nemici, è uno dei temi centrali delle prossime elezioni europee.

Una corrente di pensiero europea, quella più legata all’antieuropeismo, all’euroscetticismo, al nazionalismo, all’odio per la globalizzazione, all’amore mai represso per il putinismo, sostiene che i paesi membri, per essere davvero sovrani, hanno il dovere di combattere ogni istinto finalizzato a cedere un pizzico della nostra sovranità nazionale per provare a creare una maggiore sovranità europea. Un tempo il discorso sarebbe andato avanti arrivando a sostenere la tesi della necessità di recuperare una moneta sovrana ma persino le cheerleader del sovranismo hanno un senso del limite. La logica è comunque chiara. Per avere più protezione, serve più protezionismo. Per avere meno immigrazione, serve meno Europa. Per avere più benessere, serve meno integrazione. Per avere più libertà, serve più sovranismo. La tesi, surreale ma legittima, di chi chiede di avere meno Europa per proteggere i propri cittadini la si può provare a smontare limitandosi a suggerire alcuni spunti di riflessione.

Jean Monnet, poco più di 50 anni fa, sosteneva che tutti noi “abbiamo bisogno di un’Europa per ciò che è essenziale”, e considerava vitale, per il nostro futuro, lavorare a “un’Europa per ciò che le nazioni non possono fare da sole”. E il punto, ancora oggi, è quello: in un mondo come quello in cui ci troviamo oggi, in un mondo in cui le interconnessioni tecnologiche, finanziarie commerciali tutelano governano le nostre vite, per proteggere i cittadini è necessario avere una sovranità condivisa, in grado cioè di proteggere gli interessi nazionali creando debito comune, firmando accordi di libero scambio, agendo in tutte le sedi possibili per dipendere sempre meno a livello energetico e non solo dagli stati canaglia, o al contrario è necessario combattere con tutte le proprie forze affinché vi sia una gestione non condivisa e non sovranazionale delle sfide comuni? E ancora: in un mondo popolato da elefanti minacciosi è meglio organizzarsi per evitare di dover affrontare le grandi sfide globali indossando i panni dei topolini o è meglio organizzarsi per costruire assi, alleanze, accordi, patti, coalizioni costruire con la finalità di proteggere i propri cittadini, e anche i propri elettori, dalle minacce esterne? La possibilità di agire in maniera indipendente, per un paese, non garantisce il controllo della sovranità. Mentre al contrario, la cooperazione, che comporta sempre una cessione di sovranità, può aiutare gli stati nazionali a proteggere i cittadini da tutti coloro che provano ad avvelenare i pozzi della nostra economia.

Mario Draghi, nel 2021, nel suo discorso di insediamento, utilizzò un’espressione forte per inquadrare il concetto: “Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”. Chi non sogna un’Europa più forte non sta sognando un’Italia più forte ma, al contrario, sta sognando un’Italia e un’Europa maggiormente vulnerabile di fronte ai giganti mondiali. Un’Italia e un’Europa non in grado di proteggersi, non in grado di difendere i propri confini, non in grado di tutelare i propri cittadini, non in grado di fare gli interessi del proprio paese. L’Italia e l’Europa che sognano le cheerleader del sovranismo nazionalista sono l’Italia e l’Europa con cui sognano di fare i conti i nemici delle democrazie liberali. Ma arrivati a questo punto del ragionamento sarebbe da sciocchi stupirsi che l’Europa sognata dai sovranisti sia la stessa Europa sognata da Putin. Più protezionismo uguale meno protezione. Meno solidarietà uguale più egoismo. Più nazionalismo uguale meno integrazione. Meno europeismo uguale più populismo e ovviamente più putinismo.

Spasiba, mister Borghi.
 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.