Verso le europee
Franceschini pro Tajani: "Può essere la sopresa e mitigare Meloni sul premierato"
Le analisi dell'ex ministro: "Forza Italia può rivelarsi la vera forza centrista, con un grande risultato non ha interesse a votare il premierato". La danza del Pd riformista intorno al vicepremier
Antonio Tajani, il buonuomo presidente, ha stregato Dario Franceschini. Ecco cosa pensa, e dice, l’ex segretario del Pd, l’ex ministro della Cultura, il principe ereditario del Quirinale: “Forza Italia si candida a diventare una casa ospitale per i moderati, una quasi Dc”; “Forza Italia, alle europee, rischia di essere la sorpresa, la vera grande forza centrista”; “Forza Italia, se ottiene un risultato importante, non ha più interesse a votare il premierato”; “Tajani può mitigare Meloni”; “c’è uno spazio politico che Forza Italia è destinata a intercettare”. Sono analisi di Franceschini, condivise con i parlamentari del Pd, e sono state ascoltate alla Camera. Meloni ha i suoi “cosacchi di sinistra”, Violante e Minniti, ma Tajani ha i “Francescjani”, i confratelli dell’Italia forza, buona creanza.
Esiste dunque una nuova corrente, una corrente di astuti rivali, del Pd, che tifa Forza Italia, che ritiene il partito fondato da Silvio Berlusconi, l’unico argine a Meloni. Ne fanno parte Franceschini, Paolo Gentiloni, i riformisti del Pd, un Pd che ha cambiato natura. La ragione del tifo è politica: se FI dovesse ottenere un risultato lusinghiero, Tajani non sarebbe più il vicepremier in seconda ma un leader che, per Franceschini, “mitiga” Meloni. Un Tajani forte, nella costruzione dell’ex ministro, “non avrebbe più interesse a sostenere una riforma che lo penalizza”. Un sondaggio commissionato da FI stima il partito sopra il nove per cento, ma il non detto, nel Pd, è che esiste “un voto non dichiarato” che può premiare il partito che un anno fa perdeva il suo leader. Parlamentari di FI si spingono nella fantasia estrema: “Se Meloni, dopo le europee, dovesse fare il suo Papeete, il Pd, la parte più responsabile, quella che governa ancora il partito, proporrebbe a Mattarella un governo con Tajani presidente”. Nella realtà, Forza Italia compete con una Lega tornata aggressiva, esagerata. Salvini ha fatto sue, salvo precisare, le parole del senatore Claudio Borghi sul presidente Mattarella, colpevole di parlare, il 2 giugno, di “sovranità europea”. Il Pd lo ha subito definito un “attacco senza precedenti”, “eversivo” e anche questa è una esagerazione. A Salvini bastava ricordare che Mattarella lo ha eletto lui, con i voti dei leghisti, compreso quello di Borghi, solo per impedire a Mario Draghi di lasciare il governo e trasferirsi al Quirinale. Al Colle è rimasto Mattarella che ha appena nominato Marina Berlusconi cavaliere del lavoro e Forza Italia, non è un caso, ha difeso Mattarella con la stessa tenacia del Pd. Il primo a redarguire Borghi, gli aveva già dato dell’ignorante, è stato Tajani. Un altro, a difesa, è Maurizio Gasparri che definisce il suo collega della Lega, “un simpatico personaggio da Drive in, un Beruschi”. Forza Italia sta provando ad aggirare Meloni e Salvini da centro-sinistra. Dice sempre Gasparri che Forza Italia ha già vinto “perché un anno fa, dopo la morte di Berlusconi, ci davano come partito in liquidazione. FI ha la possibilità di attrarre il disagio dei silenti”. Vuole descrivere i silenti? Gasparri: “Tra i silenti ci sono senz’altro elettori, imprenditori che guardavano al Pd riformista, al Terzo polo, oggi frantumato dalla contesa dei due bulli”. Per FI i “bulli” sono Matteo Renzi e Carlo Calenda. “Bulli” è la stessa parola che gli antichi maestri del Pd usano adesso per indicare Renzi e Calenda. Per Franceschini, che sta tornando alla letteratura (“usciranno a settembre i miei nuovi racconti, sempre per la Nave di Teseo”, dice al Foglio) una FI sopra le attese può, se non ostruire, rendere dialettico il cammino del premierato. Lo può fare attraverso due figure riconosciute, che dialogano con il partito di Elly Schlein. Uno è Nazario Pagano che alla Camera presiede la I commissione, Affari Costituzionali, l’altro è Paolo Emilio Russo, anche lui in commissione, l’ultimo portavoce di Berlusconi, figlio di Emilio, esponente della sinistra di Como e amico della capogruppo del Pd, Chiara Braga. Tajani chiuderà la campagna a Napoli e chiede una “prova” ai segretari provinciali. Vuole che ci sia il bagno di folla, mette a disposizione locomotive. La Campania è la regione che ha registrato il passaggio più curioso, da sinistra a destra, un passaggio da studiare. Corre alle europee, con FI, nella circoscrizione Italia meridionale, Sonia Palmeri, che è stata ex assessore al Lavoro di Vincenzo De Luca, del Pd. Tajani, negli ultimi suoi comizi, ha sempre detto che “l’obiettivo delle europee è il dieci per cento” e alle prossime politiche il “venti”. Un partito che aspira al venti per cento, come pensa Franceschini, non “ha bisogno di consegnarsi a Meloni”. Paolo Del Debbio, il liberale di Mediaset, il più caro alla Cavaliera Marina, ha detto a Libero che “alle europee credo che Tajani prenderà più voti di Vannacci”. Questa è invece la previsione di Gasparri: “Il nove, il dieci o di più, poco importa. La più grande soddisfazione è sempre quella di Andreotti. Andare ai funerali di chi ci aveva dato già per morti”.