Il caso
Lo sprint di Meloni e Salvini: lei punta sui migranti in Albania, lui chiama Trump
Dispetti e rincorse in vista delle europee: la premier con Rama rispolvera lo stop agli sbarchi nelle coste italiane, mentre il leghista la mette in difficoltà davanti al candidato repubblicano: "Sono l'unico a sostenerlo"
Lei abbraccia l’amico albanese, lui telefona allo zio d’America in vivavoce. A tre giorni dal voto per le europee raschiando il barile delle parole d’ordine Giorgia Meloni punta tutto sull’immigrazione, una volta talismano (ora abbandonato) di Matteo Salvini. Il quale, a sua volta, si porta avanti con il lavoro: chiama Donald Trump, solidarizza con lui perché perseguitato come lo fu il Cav. e annuncia a luglio un bel viaggio negli Usa. Salvini, con calcolo e sapienza, si schiera con il controverso repubblicano e lo fa a una manciata di giorni dalla visita in Italia di Joe Biden. Più che scortesie per gli ospiti, lo sono forse per la padrona di casa del G7 che sul futuro della Casa Bianca non si è mai esposta pubblicamente (pur coltivando un rapporto indiretto e diretto con Trump). Tutto è dispetto e malizia nel centrodestra, con la scusa dell’ordalia proporzionale di sabato e domenica.
La premier vola dal gargantuesco socialista atipico dell’Adriatico accompagnata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, entrato nel governo sotto indicazione leghista e ormai diventato un porto sicuro per Meloni. Rama smentisce le “mezze verità” e attacca i giornali italiani sui centri migranti nel suo paese (frutto, tra l’altro, delle interviste a nastro che rilascia). Al suo fianco la presidente del Consiglio usa la conferenza stampa per difendere la bontà di un’intesa che entrerà in vigore, dice, dal primo agosto con i primi mille migranti “ospitati”. Lo schema meloniano è semplice: il patto conviene all’Italia per la sicurezza, è un modello invidiato in Europa e, a fronte di una spesa di circa 800 milioni di euro come denuncia l’opposizione, ci sarà comunque un risparmio di 136 milioni, come annuncia lei. Numeri che ballano per un argomento dallo scarso appeal elettorale. Come deve aver fiutato chi lo trasformò in pepite d’oro: Matthew Salvini. Il capo della Lega già nel 2016 riuscì a intercettare e a parlare – secondo l’Ansa per 20 minuti – con l’allora candidato alle primarie repubblicane a Filadelfia. Questa volta dopo un contatto via mail ha trovato il ponte, non sullo Stretto ma sull’oceano direttamente: l’ex candidato alle primarie del Partito repubblicano Vivek Ramaswamy, che è passato a trovarlo al ministero l’altra sera. Gira anche un video – muto – del vicepremier che parla in vivavoce in diretta con The Donald. “Forse sono, se non l’unico, tra i pochissimi che auspicano una vittoria di Trump”, dice. Ed è difficile che ce l’abbia con Elly Schlein o con l’ambiguo Giuseppe Conte. Anzi quella di Salvini sembra una puntura indirizzata a Tajani per nulla trumpiano (e allora ecco il paragone con le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi) e soprattutto con la leader di Fratelli d’Italia che senza fanfare porta avanti la politica dei due forni (poco) identitaria e (molto) istituzionale, contando su un ottimo rapporto personale e di visione strategica con Biden sui dossier internazionali.
Dal porto di Shenjin, unico centro già ultimato, la premier si aggrappa all’immigrazione e se la prende con le opposizioni centrando però anche il perché di questa mossa: la cassa piange e non ha gettoni elettorali da giocarsi in vista del voto. “Ci sono 17 miliardi andati al Superbonus, soldi tolti ai malati e dati ai truffatori, soldi gettati dalla finestra. La verità è che non vogliono risolvere il problema dell'immigrazione”, dice la premier pronta a fare da scudo il presidente Rama dalle accuse piovute addosso all’Albania nell’ultimo periodo: “Caro Edi, non ti preoccupare: attaccano te per prendersela con me”. E’ un format non inedito. Così come la contestazione radicale che subisce Salvini nella sede della Stampa estera da Antonella Soldo, candidata con Stati Uniti Ue e portavoce di Meglio Legale che irrompe alla conferenza stampa con una piantina di cannabis con la faccia di Salvini (“preferisco il basilico”) che inizia a ripetere all’infinito: “Fate l’amore, non drogatevi: la droga è morte”. Di radicale in radicale la giornata albanese di Meloni viene salutata, movimentata e forse sporcata dal blitz del deputato e segretario di +Europa, Riccardo Magi, braccato senza cortesia dalla sicurezza albanese, salvo riuscire alla fine ad aver un faccia a faccia con la premier. “Guarda dove porterete questi poveri cristi, pensa cosa faranno a loro, se trattano un parlamentare così”. Risposta: “See poveri cristi, i centri saranno sotto la giurisdizione italiana”. La premier uscirà due volte dall’auto, per placare la sicurezza abbastanza manesca, e poi intraprendere un faccia a faccia culminato con la battuta: “Anche io ho fatto tante campagne elettorali quando ero al 3 per cento, so cosa significa la paura di non superare lo sbarramento”. E’ tutto un “vergogna, presidente”. “Vergognati tu”. E’ il fronte del porto elettorale. Chi ha la battuta migliore a favore di telecamere la spara. La leader di Fratelli d’Italia è consapevole della posta in gioco personale più che del governo: di mattina pubblica un tutorial sui social per dire come, quando si vota, dove si prende la scheda elettorale, come vanno scritte le preferenze con l’alternanza di genere (ovviamente scrive Giorgia). Questa sera sarà da Bruno Vespa su Rai 1, per Cinque minuti. Dentro Fdi in molti si aspettano che tiri fuori un coniglio dal cilindro.
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