Decreto Sanità
“Bene fa il governo a coinvolgere i privati sulla sanità”, dice Vietti (Acop)
Liste d'attesa, fondi, prospettive
Il decreto legge relativo alle “misure urgenti per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie” e la versione della Associazione Coordinamento ospedalità privata: "Il privato accreditato fa parte a pieno titolo del Servizio Sanitario Nazionale. Non conta la natura giuridica dell’erogatore"
Il 4 giugno il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge relativo alle “misure urgenti per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie”, decreto che apre alla possibilità di una stretta collaborazione pubblico-privato. Nel frattempo, come ha scritto Dario Di Vico ieri su questo giornale, l’area studi di Mediobanca ha pubblicato un’analisi approfondita sui maggiori operatori privati in Italia, sia dal punto di vista delle tendenze di mercato sia da quello dell’efficienza di impresa. Sorpresa, dice Di Vico: il settore “sembra avere ampie potenzialità di crescita” ma deve “ancora carburare”.
Che cosa ne pensa Michele Vietti, oggi presidente dell’Acop, Associazione Coordinamento ospedalità privata, già vicepresidente del Csm e sottosegretario al Ministero dell’Economia? “E’ un passo nella direzione giusta”, dice Vietti: “Il governo che, per ridurre le liste d’attesa, chiama a raccolta anche il privato accreditato, riconosce quello che noi abbiamo sempre sostenuto, cioè che il privato accreditato fa parte a pieno titolo del Servizio Sanitario Nazionale. Non conta la natura giuridica dell’erogatore – che sia la Asl o un privato. Conta il servizio che viene reso che, nel caso delle strutture accreditate, presuppone che siano stati verificati tutti i requisiti per stare nel sistema a parità con l’erogatore pubblico”. Se il pubblico non ce la fa a smaltire le lista d’attesa delle prestazioni ambulatoriali e degli esami diagnostici, “il governo bene fa”, dice Vietti, “a coinvolgere il privato accreditato, usufruendo delle sue risorse umane e tecnologiche per venire incontro all’esigenza dei cittadini di curarsi in tempi certi. Come da privati siamo stati una presenza proattiva durante il Covid, concorrendo con il pubblico per fronteggiare la pandemia, volentieri siamo a disposizione oggi per risolvere l’emergenza delle liste d’attesa”. Come ci si arriva? “L’obiettivo è raggiungibile se si sgombra il campo da un grande equivoco: dare più soldi ai privati. Per eliminare liste d’attesa servono più prestazioni, e questo vuol dire che servono più stanziamenti per incrementare il fondo sanitario nazionale”. Vietti sottolinea un altro problema, evidenziato indirettamente dall’indagine di Mediobanca, “il mancato incremento delle tariffe e la mancata eliminazione dei tetti di spesa. Abbiamo tariffe ferme da 12 anni. Prima erano state ridotte, poi sono state bloccate. A fronte di questo, si assiste a un aumento del costo dell’energia, degli investimenti tecnologici, del personale. Condivido l’analisi di Mediobanca quando evidenzia un aumento dei fatturati e una diminuzione della marginalità per la sanità privata, e condivido le parole Di Vico: la sanità privata ha grandi potenzialità inespresse. E noi le esprimeremmo volentieri, ma ci devono mettere in condizione di farlo, intanto incrementando le tariffe e togliendo i tetti di spesa. O almeno una delle due cose. Anche perché intanto si produce un effetto paradossale: il cittadino paga di tasca sua un numero di prestazioni sempre più elevato. Una contraddizione rispetto all’idea della sanità uguale per tutti, finanziata dalla fiscalità generale. Dobbiamo ridurre questa voce, il denaro pagato dal cittadino di tasca sua. E dobbiamo tenere conto del fatto che le strutture private sono aziende che non possono funzionare senza marginalità”.