L'intervista

"Lombardia e Veneto stuprate da Salvini". Parla il leghista Grimoldi

Francesco Gottardi

Il flop elettorale del Carroccio, superato da Forza Italia, fa esultare chi vuole la caduta del segretario. “Cioè tutti, all’interno del partito”, attacca l’ex segretario lombardo: “I leghisti al potere alzino la voce: adesso o mai più”

Sorprendiamo Paolo Grimoldi “alle prese con i pop-corn. La notte è lunga. La Lega è un disastro: ovunque dietro Forza Italia. E siamo solo all’inizio”, dice al Foglio il segretario della Lega lombarda. Era stato lui ad annunciare che il senatur avrebbe votato l’azzurro Marco Reguzzoni, in barba al Carroccio. “Qual è stata invece la mia scelta alle urne? Il voto è segreto”. Il pensiero no. “La Salvini premier – badare bene: non la chiama mai Lega, ndr – versa in uno stato elettorale comatoso. Ha svuotato il partito della sua identità. Ha stuprato il Veneto e la Lombardia. Se adesso chi deve parlare non parla, vorrà dire harakiri”.

Era da mesi che Grimoldi aspettava questo giorno, questo schianto. La X tanto decantata da Vannacci, più dell’ignobile Decima, ha il valore dell’eliminazione: raus, a casa. “Mi arrivano dati reali di continuo”, sorride l’ex segretario della Lega lombarda. “Dal Piemonte al Veneto, perfino nelle roccaforti verdi, il flop è totale”. Su, ci dia una soffiatina. “Una chicca in effetti ce l’ho: a Monza, in alcuni seggi, il partito è al 3,8 per cento. A Monza! Vi rendete conto? Sono numeri mai visti”. Più che effetto generale, generale batosta. “E pensare che la Salvini premier aveva cercato il campo largo: se togli tutti i consensi dell’Udc di Cesa e dell’estrema destra di Vannacci, si capisce ancora di più la portata del collasso elettorale. E l’urgenza di rimuovere nome, cambiare simbolo e far risorgere – ora sì, va nominata – la Lega”.
 

Prima l’analisi della sconfitta. “Un bagno di sangue con cause chiare”, continua Grimoldi. “Se un partito autonomista non dà possibilità ai territori di eleggere i segretari, rimuove l’anima della militanza. Se cambia opinioni sulla Legge Fornero, sulle accise, sul canone Rai, sulla Russia, sui vaccini, su Mattarella, va in testacoda”. Chi di elenchi ferisce, di elenchi perisce. “Se ammassa un cartello elettorale che va dal vonderleyano Patriciello a Vannacci, è evidente che l’identità non c’è più”.
 

Poi l’appello alla controffensiva. “Mi rivolgo a tutti quei leghisti con ruoli istituzionali di rilievo: o si rompe il silenzio adesso, o mai più”. Ma insomma è vero, che dietro le quinte ormai il partito muove in blocco contro Salvini? “Ho messaggi, chat, telefonate. Tutti la pensano come la sto dicendo. Ci sono diverse sensibilità, diversi caratteri. Ma la presa d’atto è unanime”. Due i grandi focolai della rivolta. “Il Veneto, umiliato e stuprato. Prima commissariato, poi preso in giro con un congresso farsa”, ora nel caos e tra un anno al voto. “Pure Zaia umiliato. I veneti non hanno più un punto riferimento politico. La Lombardia invece è da nove anni che stanno continuando a stuprarla: nemmeno s’è azzardata la finta del congresso”. Grimoldi sospira. “Nella vera Lega le segreterie regionali erano autonome. I territori contavano e decidevano. Oggi tutto questo è venuto meno: si condivide lo stesso malcontento”. Dunque si fa squadra, tra leghisti calpestati? “Assolutamente sì. Lo vedrete presto. Fin qui abbiamo solo aspettato”. E Bossi? “È arrabbiato per la gestione di un partito che non c’entra più col suo. Ma si fa ancora sentire”. Suo il rompete le righe, il rompete la Lega. O quel che ne restò.