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le reazioni alle europee

Marcato attacca Salvini: “Congressi subito, Vannacci con noi non c'entra un cazzo"

Francesco Gottardi

L’assessore zaiano della Liga Veneta sul piede di guerra dopo i risultati delle europee: "Hanno umiliato ancora di più il nostro partito in regione: il generale ci fatto più perdere che guadagnare. E soprattutto non ci rappresenta: o si archivia questa stagione di Lega, o ce ne andiamo noi”

Smacco compiuto, Veneto deriso. “Mettiamoci una decima sopra”, il buongiorno via social – su campo nero, a lutto – dello zaiano di ferro Roberto Marcato. “Alle scorse politiche qui avevamo il 14,5 per cento. Oggi abbiamo perso un altro punto: se questo è l’effetto Vannacci, auguri”. Eppure anche in regione il generale ha preso la metà delle preferenze leghiste. Quasi come tutti gli altri candidati messi insieme. “Certo, una parte di voti va a lui ma non rappresenta il Carroccio, né la sua storia o i suoi valori”, si sfoga con il Foglio l’assessore, che candidato avrebbe voluto essere di nuovo – dopo il record di consensi nel 2020 – ma a cui il partito ha messo il veto. Non ancora la museruola. “Fino a quando lo statuto me lo consentirà, io sono libero di dire Vannacci: tu con noi non c’entri un cazzo. Noi siamo in sintonia col leghismo. L’eretico è un altro. Ed è il candidato di bandiera”.

 

Problemino mica da poco. “Questo partito è sempre stato un grande contenitore popolare, dove albergano grandi contraddizioni”, spiega Marcato. “Ha convissuto con argomenti di destra e di sinistra. Ma diverso è che un elemento del genere sia stato capolista e abbia chiuso la campagna elettorale in pompa magna”. Sia più esplicito. “Dio, patria e famiglia non è il nostro repertorio. Chi fa appelli al fascismo, chi dice no all’autonomia differenziata, non può rappresentare la Lega né la Liga. Sullo scudo di Alberto da Giussano c’è il Leone di San Marco: è questo il modo di onorarlo? Non scherziamo, dai”.

Dalla Lombardia, sempre via Foglio, Paolo Grimoldi ha espresso solidarietà al ‘Veneto stuprato’. “A me due anni fa è stato impedito di candidarmi al congresso. Oggi questi sono i risultati”. Eppure Salvini esulta. “Per cosa, per aver mantenuto il tracollo? In regione siamo passati dal 49 per cento al 13: questa dirigenza ha inanellato una sequela di fallimenti continui. E con Vannacci il saldo è negativo: in Veneto ci ha fatto perdere più voti di quelli che abbiamo preso. Se poi il solo tema è quello di non perdere consenso beh, allora potevamo candidare Madonna. Che in concerto a Rio de Janeiro ha appena radunato 1,6 milioni di persone”.

Di questi tempi, qualcuno potrebbe prendere l’appello sul serio. “Io oggi, da militante storico, da padre fondatore della Liga, da uomo che ha consumato scarpe e auto in campagna elettorale – anche in questa, insiste Marcato – pretendo che ci sia una riflessione su quali siano i valori del partito. Lo devo ai miei elettori”. Al voto delle europee “seguirà un’analisi approfondita, ma il rischio è di sparire. Forza Italia riprende la via perché è tornata a fare la Forza Italia, nonostante l’assenza di Berlusconi. Stessa storia il Pd, a modo suo. Noi? No di certo. Le strategie da comizio sono una cosa, l’apparato valoriale si discute in un progresso vero”.

E se così non sarà, o prevarrà una Lega a emanazione Vannacci? “A quel punto sarei pronto a prenderne atto, a fare le valigie. E con me molti altri. Ha ragione Grimoldi: d’ora in poi chi rimane in silenzio è complice”. Can che abbaia non morde, ma il bulldog Marcato vuole fare eccezione. “Due anni fa, dinanzi alle pressioni di FdI per governare la regione, pronunciai quel famoso ‘col cazzo’. Mi sarei augurato maggior appoggio dal partito che ho sempre difeso a spada tratta. E oggi ribadisco il concetto: il Veneto è nostro”. I meloniani sono meno che mai dello stesso avviso. “Delle dinamiche nazionali non me ne frega nulla. La Sardegna insegna, i veneti faranno lo stesso. In questa o un’altra Lega, attorno al presidente Zaia”. Che tuttavia oggi vola basso, riconosce l’affermazione di Vannacci e dice che lui stesso non avrebbe preso più del 9 per cento. Sarà. “Com’è o come non è, urge il confronto interno: non è possibile continuare a calpestare decenni di esperienza politica”. Ha ragione Bossi, insomma? “Conoscendo bene Umberto, immagino che la sua sia stata una reazione emotiva per troppo amore. Io però non potrei mare votare contro il mio partito, finché ci sono dentro”. Non così a lungo, a sentire l’aria che tira.