Anna Maria Cisint (Ansa)

Il ritratto

Chi è Anna Maria Cisint, l'ultima dei salviniani

Francesco Gottardi

Nel nordest è la seconda candidata leghista più votata dopo Vannacci. E l’unica amministratrice: sindaca di Monfalcone, in lotta perenne contro gli immigrati musulmani, evoluzione di Borghezio ed estremo ricordo del segretario che suonava ai campanelli. Altro oggi non gli resta

È l’ora dei conti del giorno dopo. Tra purghe e traditori – leggi Bossi e lombardo-veneti –, Matteo Salvini fa il nome di una sola, fedele amministratrice: Anna Maria Cisint, sindaca di Monfalcone. E candidata leghista di punta – seconda nella circoscrizione nord-est, prima in Friuli-Venezia Giulia – con quasi 43mila preferenze. “Sarò un’europarlamentare legata alla comunità”, promette lei. “Darò voce alla mia terra, mi impegnerò affinché l’Europa non sia un peso calato dall’alto. E non intendo mollare”, vera ricetta di quest’ascesa politica, “la battaglia per il contenimento dell’invasione straniera e il contrasto del processo di islamizzazione: siamo a rischio sostituzione etnica”. Salvini mesi fa le aveva firmato la prefazione del suo primo libro, dopo aver sponsorizzato quello di Vannacci. Praticamente alle urne l’ha sfangata grazie alla narrativa di pancia. Ma pur sempre alla Feltrinelli. Chi l’avrebbe mai detto.

  

Ma torniamo a Cisint. L’unico sussulto autoctono nel Triveneto verde, prosciugato altrimenti dal generale. Ha 60 anni, è originaria di Panzano – un rione operaio di Monfalcone, legato al grande cantiere navale – e tra i suoi mentori nella cosa pubblica annovera l’ex sindaco di Gorizia Ettore Romoli. Un forzista della prima ora, moderato, sostenitore fino all’ultimo di Massimiliano Fedriga. Eppure con un debole per la retorica sull’immigrazione. “Gorizia è l’Eldorado dei profughi”, suonava l’allarme un decennio fa. Ebbene. Cisint fa copia e incolla. Con un paio di fattori reali che giocano in suo favore. Primo: Monfalcone è il primo comune italiano, fra quelli sotto i 15mila abitanti, per percentuale di stranieri regolari (quasi un terzo del totale, soprattutto dal Bangladesh). Secondo: la città è incazzata e stanca, per dirla alla Clint Eastwood, dopo una lunga diatriba con Fincantieri (ritenuta responsabile legale per i morti d’amianto e sociale per l’adozione di manodopera straniera a discapito di quella italiana). Cisint si candida nel 2016 e vince col 50 per cento. Nel 2022 viene rieletta con uno zaiano 72. Prima e dopo, una valanga di iniziative anti-Islam. “O meglio, di non-sottomissione”, puntualizza.

  

In realtà niente di nuovo, nel composito universo leghista: ricordate le fiaccolate del Burghez? Cisint però mica si relega a macchietta. Mica spruzza l’alcol nei vagoni dei treni. Può fare e fa. Toglie le panchine dalle piazze del centro – pure niente di nuovo: Gentilini, Treviso – per evitare assembramenti sgraditi. Vieta il gioco del cricket – sport nazionale nel subcontinente indiano – nei parchi pubblici. Ma il salto di specie e di cronaca risale all’anno scorso. In estate muove guerra contro i burqini “nelle nostre spiagge e nei nostri mari, inaccettabili per l’igiene e il decoro”: pioggia di critiche e altrettanti applausi. Sotto Natale impone la chiusura di alcune moschee, ritenute “finti centri islamici, focolai di fondamentalismo e violenza”: la risposta della città è una corposa manifestazione trasversale – imam e preti, comunità bengalese e semplici progressisti – tra hijab, bandiere italiane e dell’Unione europea. “Siamo tutti monfalconesi, no alle divisioni”, lo slogan del corteo. Peccato che se ne affianchino altri, in privato, con minacce di morte alla sindaca. Che chiede e ottiene la scorta, l’attenzione di Via Bellerio e la benedizione per Bruxelles. Da eroina delle strade. “Ora lascerò la carica cittadina, ma resterò nella giunta per completare il programma”. Nella provincia di Gorizia ha preso più preferenze di Meloni. Vannacci, qui, superfluo e non pervenuto.