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Dopo il voto europeo

Paolo Barelli (FI): “Meloni stia sulla tolda di comando a Bruxelles: al governo e non all'opposizione”

"Non dico certo alla premier che cosa fare, ma è fondamentale che l’Italia resti centrale per le decisioni che dovranno essere prese”, dice il capogruppo di FI alla Camera

Si apre oggi il G7 a Borgo Egnazia. La premier Giorgia Meloni ci arriva dopo il voto, forte del quasi 29 per cento di consensi conquistati nell’urna delle elezioni europee. Ma, tra i partiti che compongono la coalizione di centrodestra, anche Forza Italia può vantare un risultato positivo (9,6 per cento), a dispetto dei pronostici di un anno fa, quelli che, alla morte del fondatore Silvio Berlusconi, davano il partito azzurro moribondo, se non destinato a fine certa. E invece FI ha sfiorato il traguardo del 10 per cento. E proprio da FI, oggi, guardando allo scenario europeo, e alle sfide del prossimo futuro, dall’elezione del prossimo presidente Ue fino a una politica estera comune il più possibile capace di incidere, c’è chi dice: evitiamo gli arroccamenti, dannosi per un’Italia che può avere un ruolo da protagonista a Bruxelles. E dunque il capogruppo di FI alla Camera Paolo Barelli, nel giorno in cui si commemora Berlusconi, spera, “per il bene del paese, che la premier, “persona intelligente”, trovi il modo di ottenere e mantenere per l’Italia “un ruolo da protagonista sulla tolda della nave europea”.

 

Con quale strategia? “Si vedrà come evolverà la situazione”, dice Barelli, “ma intanto i numeri sono quello che sono: a fronte di 76 parlamentari italiani, ne abbiamo quasi 700 eletti in altri paesi”. In tutto, infatti, siederanno in Europa 720 parlamentari, con il Ppe prima forza per numero di seggi, i Socialisti e democratici secondi, i gruppi di estrema destra e i conservatori di Ecr in crescita e Renew Europe e i Verdi in calo. “Si faranno tutte le valutazioni, ma intanto”, dice Barelli, “una cosa è innegabile: i tre partiti di cui si compone il governo italiano escono complessivamente rafforzati da questa tornata elettorale, ma, visti i suddetti numeri, è anche chiaro che con 76 parlamentari contro quasi 700 non sarà la pattuglia italiana a dare le carte, e che lo faranno le grandi famiglie europee. E però l’interesse del paese è non restare fuori per nessuna ragione dal governo europeo, anche vista la complessa situazione internazionale, con una guerra a duemila chilometri di distanza”.

Essere dentro a qualsiasi costo, quindi? Anche non precludendosi la possibilità di guardare oltre gli steccati? “Non dico certo a Meloni che cosa fare”, dice Barelli, “ma il primo obiettivo del nostro paese, ripeto, è essere sulla tolda di comando, in un momento complesso: abbiamo un forte debito pubblico, ci piacerebbe rivedere un Patto di stabilità che ci penalizza, e c’è il tema della riconversione ambientale da affrontare. Ma questo è anche un momento positivo per l’Italia, uscita appunto rafforzata rispetto al governo Meloni. Gli altri paesi però non aspettano noi, è fondamentale che la voce italiana possa farsi sentire, e che l’Italia resti centrale per le decisioni che dovranno essere prese”. Anche allargando e cercando accordi finora inediti, se i numeri non dovessero esserci? “Ripeto: non dico cosa deve fare Meloni, dico che ora è il momento, in Europa, di stare al governo, non all’opposizione”. Intanto, sul lato delle destre-destre di Identità e democrazia, il leader leghista Matteo Salvini, dopo un colloquio con Marine Le Pen, ha ieri invocato l’unità del centrodestra europeo senza “sinistre ed eco-fanatici”. Quale strada sceglierà Meloni?