Il fenomeno

Meloni e la bolla FdI: nei comuni il suo partito viene stracciato da Pd. Mancano gli amministratori

Carmelo Caruso

Al 28 per cento alle europee, ma alle comunali FdI precipita. In Veneto la Lega ammaccata riesce ancora a esprimere dirigenti mentre Fratelli d'Italia si ferma intorno al 15

Meloni è Meloni, ma cosa resta di FdI senza Meloni? La buccia. Alle elezioni comunali il Pd li doppia, nel Veneto anche la Lega, ammaccata, li affianca: votare “Giorgia” fino a quando può bastare?  Può il partito della patria non conquistare le piccole patrie? Il 28,8 per cento ottenuto da FdI alle europee nasconde una verità. FdI non riesce a esprimere amministratori, FdI raccoglie i voti della Lega e di FI in uscita, ma nei comuni ha solo podestà senza fascia: un partito  di sapone. Una bolla. (

 

Quando Meloni tornerà dal G7, quando Meloni non dovrà più occuparsi dei ministri che querelano in maniera temeraria, come il suo ministro Adolfo Urso, il ministro francobollo ( se ne inventa e affranca uno al giorno), scorra i dati delle ultime comunali, in particolare quelli del Veneto. E’ la regione che FdI vuole scippare a Luca Zaia, alla Lega, la regione degli uomini spicci, vino buono e fatica. Esiste FdI in quei comuni? Quanto ha preso rispetto alle politiche? A Vittorio Veneto, paese simbolo, dove la Lega è frantumata, FdI è passata dal 32,70 per cento, al 7,74; a Monselice dal 35,88 al 13,92 per cento;  a Bassano del Grappa dal 32,99 è scesa all’11,52. Si dirà: FdI nei comuni è andato sempre male, e le Europee sono elezioni differenti, con alto astensionismo. Prendiamolo per buono, ma se FdI continua ad andare male, dopo due anni di governo, se FdI non riesce a formare classe, dirigenti che amministrano, tra cinque anni quali altri ministri presenterà? La città più importante del Veneto andata al voto è Rovigo ed FdI è scesa dal 36,50 delle europee al 20,13. A Portogruaro si è dimezzata: dal 36,36 al 14,59, a Noale è passata 35,34 al 10,76. Se una Lega costretta a candidare generali, in caduta, riesce ancora a battere FdI, nei paesini dimenticati dalla stampa, significa che il partito di Meloni non è invincibile e che un giorno potrà essere facilmente sostituto. Sempre in  Veneto, la Lega ha riconfermato il 92 per cento dei sindaci uscenti, ed esiste poi un elenco di paesi dove ha perfino battuto FDI, come Negrar, Cassola, Schio. Se il Pd si è rianimato lo deve, e tanto, ai sindaci che hanno messo in moto la rete degli amministratori locali. Basti pensare al mezzo milione di voti di Antonio Decaro, presidente Anci.

Meloni sa che a Firenze, la città del responsabile dell’organizzazione di FdI, Giovanni Donzelli (per inciso, il più presentabile dei dirigenti) FdI è al 13,15 per cento contro il 30 per cento del Pd? Il candidato del centrodestra di Firenze è l’ex direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, e corre al ballottaggio. La partita è aperta e magari la sinistra può essere battuta, ma, se accade, il merito è  di Schmidt, uno che a Firenze dicono: “E’ un piacione. Pure la sinistra avrebbe potuto candidarlo”. A Bari, la città sospesa, lì dove il governo ha spedito una commissione per verificare possibili infiltrazioni mafiose, FdI, alle comunali, ha raccolto solo 11,13 per cento contro il 19,77 del Pd. Un’altra città simbolo dove la destra ha ingaggiato una battaglia di coscienza è Piombino, la città del rigassificatore. Il sindaco di FdI, Francesco Ferrari, si è sempre opposto all’opera, ma il governo Meloni ha avallato l’opera. E’ la città dove più si misura l’affidabilità di Meloni, dove andrebbe spiegato che quel cambiare opinione è solo l’arte di amministrare. FdI a Piombino si è fermata al 6.93 per cento mentre Ferrari, che continua la sua battaglia, ha assemblato una lista civica. E si potrebbe naturalmente continuare in quel nord che Meloni ha l’ambizione di scalare. A Bergamo, FdI è al 14 per cento contro il 26 per cento del Pd, a Pavia, stessa cosa: i Fratelli d’Italia sono al 15 per cento. Presto si voterà in Emilia-Romagna, una regione che per poco, la scorsa volta, stava per passare a destra. Il capogruppo di FdI alla Camera è Tommaso Foti e potrebbe essere candidato come governatore, ma FdI può farcela? A Reggio Emilia è al 15 per cento e a Ferrara, la Lega, si ripete, un partito in sofferenza, è riuscita a riconfermare Alan Fabbri, sindaco uscente.

A Ferrara, Meloni vale solo l’11 per cento. Alle comunali il vero dato di FdI è il 15 per cento, un dato che a Viterbo, in un feudo della destra, era già sirena. Nel 2022 la candidata di FdI Laura Allegrini arrivò terza. Gli imprenditori del nord, nelle loro cene, dicono: “Ah, Meloni è tanto brava” ma una brava che non è generosa, che non apre, che dice “ci penso io” o “questa idea è mia” è come chi cerca di recintare il cielo: ha già perso orizzonte. Porte chiuse equivalgono sempre a  teste strette. E’ come nel Seicento. Scrive Carlo M. Cipolla, nel suo “Le tre rivoluzioni” (Il Mulino) che l’Italia, a quel tempo, era una delle aree più sviluppate in Europa, “i suoi prodotti erano di miglior qualità, ma le manifatture, per orgoglioso tradizionalismo, perché condizionate dalle tradizionalistiche regolamentazioni, persistettero a produrre con metodi antiquati articoli ormai fuori moda”. La ricchezza abbagliava, ma era destinata a finire. Così cominciava il declino.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio