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"all eyes are on her"

Perché il G7 è anche un test sul camaleontismo di Meloni

Claudio Cerasa

Tenere gli occhi sul suo trasformismo è utile non solo per studiare la premier ma anche per capire quali sono le acrobazie che devono compiere i populisti quando dopo aver seminato zizzania si ritrovano a fare i conti con la realtà
 

Ha scritto ieri il Guardian, utilizzando un’espressione molto condivisa negli ultimi giorni sui social a proposito della necessaria attenzione da dedicare alla tragedia di Gaza, che in questo momento gli occhi di tutto il mondo politico internazionale sono rivolti a lei, a Giorgia Meloni, “all eyes are on her”, non solo per la sua ovvia centralità al G7 di Borgo Egnazia, dove è padrona di casa, ma anche perché pochi leader, tra i grandi del mondo, si trovano nelle condizioni in cui si trova lei: un governo stabile, una maggioranza compatta, un partito che ha fatto il pieno di consensi, un paese in crescita, pacificato, dove gli estremisti alle elezioni ricevono pernacchie.

All eyes are on her, dunque, tutti gli occhi su Giorgia. E se si sceglie di osservarla con attenzione, mettendo da parte le proprie simpatie o antipatie personali, non si farà fatica a riconoscere che uno dei punti di forza di Meloni, in questa fase della sua stagione politica, è la sua capacità di essere un camaleonte che si adatta perfettamente ai suoi interlocutori. Vale con i leader del G7, naturalmente, con i quali Meloni, alla fine della due giorni pugliese, dimostrerà, in modo acrobatico, di avere punti in comune con tutti, forse persino sull’aborto. Ma vale anche più in generale, vale anche fuori da Borgo Egnazia e vale nel quotidiano.

La caratteristica forse più interessante della Meloni di governo è l’essere riuscita a mettere insieme politiche apparentemente incompatibili l’una con l’altra. Meloni è contemporaneamente europeista e scettica sull’Europa. E’ contemporaneamente underdog a parole e mainstream con i fatti. E’ contemporaneamente l’alternativa all’agenda Draghi e la sua naturale prosecuzione. E’ contemporaneamente figlia dell’èra berlusconiana ma anche un’alternativa a quella stagione. E’ contemporaneamente un argine alla destra modello AfD e un’alleata dei vecchi amici dell’AfD. E’ contemporaneamente una interlocutrice di Marine Le Pen e una possibile alleata di Macron nella prossima Commissione. E’ contemporaneamente un interlocutrice dei paesi scettici sulla difesa dell’Ucraina, come Orbán, e dei paesi fieri sostenitori della difesa dell’Ucraina. E’ contemporaneamente una sostenitrice di Donald Trump e un’alleata speciale di Joe Biden. E nel mondo delle destre mondiali è forse l’unica leader ad avere qualcosa in comune con tutte le destre. Attenzione al debito (Milei). Modello Ruanda sull’immigrazione (Sunak). Intransigenza con gli immigrati (Orbán). Statalismo modello Urss (Le Pen). Attenzione al mercato (Mitsotakis). Difesa comune (Merz).

La camaleontica Meloni, in questi mesi di governo, ha dimostrato di poter essere tutto e il contrario di tutto, sempre ovviamente in nome della coerenza, e questa posizione la porterà con ogni probabilità anche a riuscire a essere, nella prossima Commissione europea, contro l’Europa delle sinistre e contemporaneamente alleata con le sinistre per scegliere il prossimo presidente della Commissione provando a essere un ponte tra coloro che saranno al potere (Ppe, Pse, Renew) e coloro che al momento ne sono più lontani (Orbán, Vox e Le Pen). Il camaleontismo di Meloni permette alla premier italiana di sentirsi a suo agio con tutti, o quasi, ma è un camaleontismo che presenta anche alcuni problemi. Il primo è evidente: qual è il suo vero volto? E per meglio dire: dove finisce la trasformazione della leader e dove inizia la sua maschera? Il secondo è più sottile ma altrettanto importante: quanti estremisti utilizzeranno la stessa maschera moderata usata dalla premier italiana come un mezzo per arrivare al potere in attesa di togliersi di nuovo la maschera? Il camaleontismo di Meloni è rischioso, stare con due piedi in due staffe rischia di tenerti immobilizzato ma la cifra del melonismo è questa e tenere gli occhi sul camaleontismo, “all eyes are on her”, è utile non solo per studiare Meloni ma anche per capire quali sono le acrobazie che devono compiere i populisti quando dopo aver seminato zizzania si ritrovano a fare i conti con la realtà. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.