il caso
La rappresaglia nella destra che scuote premierato e Autonomia
Tra FdI e Lega il clima è sempre più teso. E martedì l'approvazione del ddl Calderoli dovrà far fronte anche alla piazza delle opposizioni
Oramai sono rimasti in pochi a credere che la legge sull'Autonomia differenziata sarà approvata in prima lettura martedì prossimo in Senato. Ovvero nel giorno in cui, dopo le liti in Parlamento di questi giorni, le opposizioni, dal Pd di Elly Schlein al M5s di Giuseppe Conte, si ritroveranno a Piazza Santi Apostoli, a Roma, per denunciare il clima di “aggressione” di cui si sentono vittime. Un bagno di folla per contrastare ancor di più il progetto del governo. Questo è certamente un dato di partenza di cui tenere conto. Ma a stendere un velo di apprensione perenne nella maggioranza c’è qualcosa che matura dall’interno della coalizione. Perché è vero che molti, a partire dal presidente del Senato Ignazio La Russa, hanno richiamato le forze politiche al senso di responsabilità perché “le immagini viste in Aula sono state un harakiri” per un paese alle prese con l’ospitata dei leader del G7. Ma è anche vero che il problema, ragionano dalle parti di via della Scrofa e San Lorenzo in Lucina, risiede altrove.
Qualche giorno fa si è avuta una manifestazione plastica del clima di sospetti e contro sospetti che avvolge le tre forze di maggioranza. Nel pieno della discussione sull’autonomia, quella poi degenerata con l’aggressione nei confronti del deputato del M5s Leonardo Donno, s’è notato uno strano silenzio da parte del capogruppo della Lega a Montecitorio, Riccardo Molinari. Solitamente molto pronto a prendere in mano la situazione. Sicché a cercare di portare un po’ di calma alle truppe di maggioranza ci ha pensato il presidente dei deputati meloniani Tommaso Foti. In mezzo a una discussione che si stava infuocando ha predicato calma: se c’è bisogno, prendiamoci del tempo per esaminare meglio gli emendamenti al ddl Calderoli, per introdurre degli ordini del giorno. Questo il succo del suo ragionamento. E però, negli stessi minuti dell’appello alla calma rivolto da Foti alla Camera, una specie di frenata che sapeva di ravvedimento operoso, sapete cosa faceva la Lega al Senato? Con le sue assenze non permetteva di raggiungere il numero legale nella votazione sul premierato. Una reazione che in pezzi di maggioranza è stata letta con un’unica definizione accettabile: “E’ una rappresaglia bella e buona”.
E pensare che la richiesta di Foti non era nient’altro che una constatazione: c’è un pezzo di Forza Italia che una legge sull’autonomia differenziata, così congeniata, non è disposta a votarla. Un po’ quel che ha detto ieri il presidente della Calabria Roberto Occhiuto in un’intervista al Corriere della Sera: “Hanno dato una brusca accelerazione alla legge. Così gli italiani la vivono come fortemente divisiva. E’ fondamentale che la legge sostenga le regioni del Sud e questo comporta che bisogna rivedere la questione che riguarda proprio le materie dove non sono previsti i Livelli essenziali di prestazione”, ha ribadito Occhiuto. Eppure dalla Lega non pare abbiano gradito granché. “L’intervista di Occhiuto non l’ho letta, non volevo rovinarmi la giornata”, ha detto al Foglio il vicesegretario del Carroccio Andrea Crippa. “Occhiuto dovrebbe parlare di più col suo partito. Lo vedo spesso a Roma ma a quanto pare non parla molto con i suoi. Può dire quello che vuole, ma Forza Italia ha votato in Aula e in commissione l’Autonomia. C’è un accordo di governo, noi andiamo avanti. Poi vediamo come va finire”, ha aggiunto il numero due di Salvini. Rendendo evidente la non piena serenità d’animo vissuta dalla coalizione.
Fatto sta che proprio il vicepremier nelle ultime settimane, resosi conto che l’Autonomia non sarebbe stata approvata entro le elezioni europee, ha iniziato a esternare qualche dubbio nel suo cerchio ristretto: ma perché accelerare se nel breve termine non possiamo rivendicarla in alcuna contesa elettorale? Men che meno in Veneto. Dove i leghisti stanno prendendo in seria considerazione l’ipotesi di correre da soli. Ma dove le elezioni si terranno tra non meno di un anno. Quando tutti potrebbero già essersi lasciati alle spalle l’approvazione della legge Calderoli.