Margherita bis?
Parla Mastella. “Il centro è come un viandante, può scegliere più che essere scelto”
“Bisognerebbe cominciare dal passo di lato da parte di chi ha perso. Renzi sta ragionando in tal senso. Calenda no”. Intervista al sindaco di Benevento
Il centro c’è, ma al centro è avvenuto un suicidio, quello del terzo polo che non fu, dice Clemente Mastella, sindaco di Benevento, esponente storico della Dc, a lungo parlamentare ed europarlamentare, ministro della Giustizia nel governo Prodi II e ancora prima ministro del Lavoro nel primo governo Berlusconi. Mastella di allargamenti al centro se ne intende, nel senso che li ha prima vissuti da spettatore e poi da attore, nella sua città e non solo. “Senza centro non si vince”, ha detto commentando i risultati delle Europee, ma anche puntando lo sguardo oltre, alle Regionali campane del 2025 e alle Politiche del 2027. Intanto, però, il centro appare esangue, se non spappolato, e i due leader del tentato centro, Matteo Renzi e Carlo Calenda, si ritrovano a un passo dal 4 per cento ciascuno, ma senza seggi e con molti problemi da affrontare. Ed è in questo contesto che prende quota l’idea di rifondare la Margherita. Ma come? E con chi? Espandendo il centro a sinistra o anche verso destra, vista la buona salute di cui gode la rediviva Forza Italia? E chi potrebbe guidarlo, questo nuovo centro che ora pare un miraggio? “Io sono la dimostrazione che dal centro si può essere attrattivi”, dice Mastella. “Dal centro ho vinto, nella mia città, anche se a sinistra avevo chi pregiudizialmente non ha mai voluto appoggiarmi. E insomma: potrei dare consigli, ma tanto non li ascoltano”. Parliamo di Renzi e di Calenda? “Dico che è stata fatta la cosa più improvvida e strategicamente inefficace che si potesse fare”, continua Mastella, “per giunta con un atteggiamento irriguardoso rispetto a tutti e a tutte. Si è deciso di non mettere assieme Azione, Italia Viva e altre formazioni, cosa che avrebbe contribuito a rinforzare l’area centrista, potenzialmente in espansione. Ma mentre al centro del centrodestra, in Forza Italia e in Noi moderati, non si vedono atteggiamenti di chiusura pregiudiziale, al centro del centrosinistra è prevalsa la caparbietà e la voglia di strafare”. C’è chi guarda indietro, ad esperienze più riuscite. “Eh sì, ai tempi della grande operazione di Romano Prodi, con co-protagonisti, tra gli altri, Lamberto Dini, Franco Marini, Arturo Parisi e il sottoscritto, si era stabilizzata una congiuntura favorevole, pur nella diversità delle esperienze politiche. Il rapporto sinistra-centro ha avuto a lungo una sua armonia”. Si può riprodurre? E in caso, con chi? “Bisognerebbe cominciare dal passo di lato da parte di chi ha perso”, dice Mastella: “Renzi sta ragionando in tal senso. Calenda no”. Ma c’è qualcuno che può prendere il loro posto alla testa di questa futuribile creatura centrista? “Francesco Rutelli secondo me è la persona giusta”. Solo che Rutelli ieri, intervistato dalla Stampa, ha detto no grazie, non torno in campo, ora tocca alla nuova generazione. Il sindaco di Benevento si guarda intorno sconsolato: “Il problema non è la quantità di voti, ma la capacità di far sentire a proprio agio chi è più ‘piccolo’ come dimensione e consensi, e questa capacità mi pare manchi del tutto, oggi, a sinistra. In Piemonte, tanto per dirne una, il Pd e il M5s hanno portato alla vittoria la destra senza neanche giocare la partita, a forza di non accordarsi. Eppure nessuno dice nulla. Ecco, mi spaventa questa scarsa reattività a sinistra. Incredibile”. Tanto più servirebbe un centro? “Ci sarebbero tutte le condizioni, lo spazio c’è”. Anche guardando verso il centro del centrodestra? “Il centro potrebbe lambire tutti gli schieramenti. E’ come un viandante, si può spostare a destra e a sinistra. Può scegliere, più che essere scelto. E i riformisti nel Pd lo sanno, che non si può continuare a guardare solo a M5s e ad Avs. Ci sono potenzialità enormi”. Che cosa manca? “Cominciamo magari dal suddetto passo di lato”. Sempre di Renzi e Calenda? “Rendiamoci conto che non è stata persa una battaglia, ma una vera e propria guerra. Un generale che cosa farebbe? Potevano arrivare al dieci per cento, Renzi e Calenda. Ma ora non c’è tempo da perdere, bisogna sbrigarsi”.