l'editoriale del direttore
Perché si può gioire per il G7 anti putiniano, anti trumpiano e anti lepenista (vedi l'immigrazione)
C’è qualche stato che zoppica, qualche paese che soffre, qualche leader in affanno, qualche presidente disorientato, ma alla fine dei conti, ancora una volta il G7 ha permesso di far fare alle società aperte un passo in avanti importante, contro i regimi sanguinari, contro le autarchie violente, contro gli estremisti populisti
Ha scritto ieri il Wall Street Journal, con un po’ di sano cinismo, che il fatto che al G7 di Borgo Egnazia l’unico politico non azzoppato fosse il premier italiano la dice lunga sullo stato di salute delle democrazie occidentali. Bene ma non benissimo, direbbe il rapper Shade. Il Wsj non ha tutti i torti: se si guarda alla situazione politica e in alcuni casi economica vissuta da molti paesi del G7, non si può dire che i grandi del mondo oggi si trovino in condizioni tali da poter far venire i brividi ai molti stati canaglia che governano nel resto del globo terracqueo, come direbbe Giorgia Meloni. Eppure, nonostante le difficoltà, nonostante gli sgambetti reciproci che hanno scelto di farsi tra loro alcuni paesi sul tema dell’aborto, l’immagine che ha offerto il G7, piccoli scazzi a parte, è semplicemente entusiasmante. C’è qualche stato che zoppica, c’è qualche paese che soffre, c’è qualche leader in affanno, c’è qualche presidente disorientato, ma alla fine dei conti, se si guarda alla ciccia, ancora una volta il G7 ha permesso di far fare alle società aperte un passo in avanti importante, ci scusi il Wall Street Journal per la serietà usata adottando questa parola, contro i regimi sanguinari, contro le autarchie violente, contro gli estremisti populisti.
Le democrazie non sempre se la passano bene ma aver trovato un accordo tra i paesi del G7 per stanziare 50 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina attraverso l’utilizzo dei beni russi congelati è un risultato da leccarsi i baffi, specie perché avviene all’interno di un G7 guidato da una leader che in teoria dovrebbe essere una follower del trumpismo. Le democrazie non se la passano sempre bene, gli anti populisti neanche, ma aver trovato l’occasione di rafforzare alcuni impegni bilaterali tra i grandi del mondo, impegni che hanno a che fare con il mercato, con il commercio, con la libera circolazione dei beni, con l’opposto della politica dei dazi, è il segno che le grandi democrazie del mondo sanno che in una stagione come quella in cui viviamo i paesi che condividono gli stessi ideali democratici, per così dire, devono fare tutto il possibile per aiutarsi a vicenda. Il friendshoring, ricordate? La notizia forse più interessante che arriva dal G7, almeno dalla giornata di ieri, è però quella che ha a che fare con un tema cruciale per l’Italia e che riguarda una parola sempre difficile da maneggiare per tutti coloro che in passato hanno scelto di affrontare il tema dell’immigrazione limitandosi a giocare con l’arma della xenofobia. L’approccio promosso dall’Italia, su questo tema, è l’esatto opposto dell’approccio populista suggerito da Meloni in campagna elettorale, quando evocava i blocchi navali e quando sosteneva che l’Europa dovesse fare di meno e non di più per aiutare l’Italia. E il fatto che i leader del G7 abbiano messo nero su bianco l’impegno a sostenere i paesi più vulnerabili alle destabilizzazioni veicolate dal terrorismo, l’impegno a rafforzare la coalizione per combattere i trafficanti, l’impegno dei paesi del G7 e dell’Unione europea a cooperare con i paesi d’origine e di transito prevedendo ulteriori canali legali, ha permesso di rendere meno aleatorio il finora inafferrabile Piano Mattei. In sintesi. Ci si impegna a governare i flussi migratori prima che questi diventino ingovernabili. Ci si impegna a investire, con le aziende più vicine allo stato, nei paesi africani che hanno bisogno di creare lavoro. Ci si impegna ad aumentare i canali di arrivo legali dei migranti dando all’Europa il compito di combattere con più efficacia di oggi i traffici illegali.
E’ vero: molti paesi del G7 hanno un’andatura non troppo diversa da quella incerta mostrata da Biden. Ma se l’andatura è incerta e la direzione è giusta ci si può ancora permettere di essere ottimisti rispetto alle possibilità che hanno i paesi democratici per provare a combattere con tutti i mezzi a disposizione, anche in futuro, gli ingegneri del caos. Dal lepenismo al trumpismo passando per il putinismo. Viva il G7.