La manifestazione

Insieme a Conte, Schlein urla a Meloni: “Fermeremo l'autonomia. Basta divisioni. Unità”. E' l'Ellypride

Carmelo Caruso

Le riforme del governo riescono nel miracolo di unire finalmente Elly e Peppi che si porta il deputato aggredito, "il mio Donno", come fosse Padre Pio. E' una grande ammucchiata

Giorgia Meloni gli ha regalato un disco per l’estate: Elly Schlein mon amour. Autonomia, uh! Premierato, ah! Erano sbandati da campo largo e ora sono la banda Quasi amici, Elly e Peppi, volemose bene. Cantavano De Gregori e ora ballano con Annalisa, la cantante federatrice. Sinceramente: la sinistra ammucchiata è resuscitata. Devono mandare i fiori a Giorgia: grazie alle sue riforme, il premierato, approvato, l’autonomia (quasi) i sinistrati, i nipotini di Edmondo Berselli, sono tornati comunità e gridano: unità-tà-tà. Elly bacia lui, Giuseppe Conte, e Conte bacia loro, i Salisiani, Fratoianni e Bonelli. Tutti baciano la Cgil e l’Anpi di Pagliarulo. A Sant’Apostoli a Roma, per la grande manifestazione contro “il cinico baratto”, autonomia-premierato, Lega-FdI, anche Roberto Gualtieri fa il romanaccio, il sindaco er più: “L’autonomia è una sola”. Vincenzo De Luca, il governatore,  si offre per  rieducare i giovani di Meloni, “imbecilli”, che sognano “Duce, Duce”. Conte la dice alla spagnola: “No pasarán”. E’ un Elly pride. 


Interventi fiume, camicie pezzate, tranne quella di Conte che le canta: “Questa piazza è gontro l’arroghanza, la brebotenza, e biolenza”. Esibisce il suo deputato aggredito, “il mio Donno”, come fosse Padre Pio, e lui “il De Donno” si avvolge nel tricolore. Alle 19.20, il De Donno, urla così forte che rischia il ricovero in cardiologia: “Presidente, avvolgiamoci nel tricolore”. Sembra Tardelli al Mondiale di Spagna. Il sangue pompa Resistenza. Salvini ha Vannacci, da oggi, Conte ha Donno. Meloni ha poco da gioire: ha scatenato la malabestia. Ha svegliato i fantasmi che aveva mandato nella caverna: Santoro si presenta con gli zoccoli, Fratoianni e Bonelli, i Salisiani, sono ormai convinti che faranno i ministri, al prossimo giro. C’erano tutti, tutti i figli di Zagrebelsky: le nonne Manifesto, i fazzolettoni dell’Anpi e si è aggiunta pure la nobiltà. Bobo Craxi fa le dirette con il marchese Fulvio Abbate per Teledurruti, Giorgio La Malfa, il repubblicano, ha lasciato i testi di Keynes per partecipare alla “festa” e dato che davvero è un uomo colto consiglia a Meloni di “lasciar cadere il premierato, non arriverei al referendum. Lo perde”. Lo pensa anche De Luca: “Non lo vince”. In un pomeriggio, al vespro, la banda di Elly ha tirato fuori dalle cantine i manifesti contro Calderoli: “Lega Ladrona, Calderoli rapinatore d’Italia”. La zia Carla, con il suo banchetto, ci spiega che per iscriverci all’Anpi bisogna “poi fare l’esame” e versare 15 euro. Elly e Peppi si sono sfidati ma era la bella sfida, le pride-primarie di coalizione. Ammaccato da Beppe Grillo, Conte ha mobilitato le “bimbe di Conte” come Isabella Mazzeo, insegnante di Modena, che chiede a Schlein: “Non ci deve umiliare. E Conte non deve lasciare”. Come si cambia, e si può morire, in pochi mesi. I deputati vicini alla segretaria del Pd ricordano, con una punta di malizia: “Ma il sorpasso di Conte? A che punto siamo?”.

 

Adesso è Conte che ha bisogno di lei, ma non riesce a dirlo. Elly arriva prima, lui la raggiunge dopo. Elly fa il suo punto stampa sotto il palco: “Li fermeremo”, lui cento metri più lontano. Si scravatta e fa il matador: “No, pasaran”. Non ci sono Renzi e Calenda, ma ci sono Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova che allarga le braccia: “Renzi è un corsaro ma si muove lungo le traiettorie della politica, Calenda, sinceramente, non lo capisco. Per colpa sua abbiamo perso la possibilità di andare in Europa”. Igor Taruffi, il responsabile organizzazione del Pd, il signor Goldoni, uno che si è lasciato sempre irridere, altro che Urso, è convinto che “alla fine, arriveranno pure loro, Renzi e Calenda. Io ragiono per piani quinquennali”. Nel campo largo ora giocano e il gioco è tenero, il rubabandiera. I militanti del M5s, un’ora prima dell’inizio, occupano il sottopalco, e però, non possono nulla contro la cavalleria del Pd, il partito strutturato. La signora Isabella instancabile: “Lo scriva, Elly non deve umiliare Conte”. E come potrebbe? Lei che non riusciva a dargli una sberla neppure quando veniva malmenata? E’ stata brava, a resistere, è vero, come è vero che chi ha organizzato questa Ramallah è stato furbo.

 

Il palco è stato montato ben oltre metà piazza, in mezzo c’era il podietto per le tv. L’effetto è straordinario. C’è l’illusione del pieno, del popolo berlingueriano che carica la segretaria che comizia: “Cosa aspetta Meloni a cacciare i giovani che fanno il saluto romano?”, “contro De Donno c’è stato un attacco squadrista”; “Mi appello a tutte le forze d’opposizione: basta divisioni. Teniamoci strette le nostre differenze se sappiamo metterle a valore”; “la prossima volta avremo una piazza più grande”. Marta Bonafoni, la quasi segreteria del Pd, smista il flusso: “Acerbo, dove sei? Tocca a te”. Dario Franceschini insieme a Boccia ha lo stesso sguardo di chi ha vinto, ancora, al casinò di Venezia, quelli che trovano, una sera, una compagna dal nome Livia e vincono, per caso. Lui ha trovato Elly, ma anche Decaro la rivendica: “Sono stato io il primo a dire che avrebbe fatto strada”. Sono quasi, quasi qualcosa. E’ poco. Forse. Ma Meloni, chi ha? Ha quei ragazzi strafatti di esoterismo nero che la fanno arrossire. De Luca li chiama “gli squinternati” e quasi li perdona: “Perché a sedici anni si può essere imbecilli, ma peggio dell’imbecille è l’adulto che non ferma gli apprendisti imbecilli”. 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio