L'immeritato

Troppo Draghi, fuori dalle grande nomine europee, si dedica alla conferenze. Ancora riserva dello stato

Carmelo Caruso

Esce, al momento, dal grande gioco europeeo, rifiuta le grandi cariche economiche mondiali, si dedica alle conferenze. Torna l'italiano in caso di "disgrazia", l'uomo a cui affidarsi fra tre anni in caso di pareggio

Sta per finire, ancora, all’italiana, da candidato a sputazzato, da “carta” a cartonato di Meloni, da presidente a tutto a Mario Draghi preso a calci da tutti. Perfino Giuseppe Conte gli chiede ora  il risarcimento, “proditorio”: “Voglio le scuse per il sì a Draghi”. Dunque era vero che i soli che volevano bene al “presidente” erano i pochi che spiegavano ai giornalisti, con pazienza, che Draghi non avrebbe guidato Commissione e “neppure presieduto il Consiglio europeo”. Per i ministri di Meloni, “Ursula von der Leyen sarà riconfermata e Meloni la voterà”. Torna  Draghi come “riserva”, come fosse un vino, qualora, fra tre anni, ci dovesse essere lo “stallo”, riserva dell’Italia alticcia. Il miglior italiano lo abbiamo ridotto a barelliere dello stato.


Davvero Meloni pensava a Mario Draghi come “carta coperta”? Sul serio tutta quella accolita, dei Fratelli d’Italia, avrebbe accettato che Meloni facesse il nome Draghi, anche solo per ricordare “noi abbiamo un grande italiano”? Subito dopo le elezioni europee, quando è risultato evidente quanto diceva Tajani, “guardate che i Popolari vinceranno e che esprimeranno il prossimo commissario”, tutto lo staff di Draghi ha ripetuto che “la candidatura di Draghi non c’è mai stata e che quanto scritto non era altro che una fantasia dei quotidiani”. Pure Politico.eu? “Non c’è mai stata la sua candidatura. Neppure quella al Consiglio europeo”. E che fa il presidente, ora? “E’ concentrato sulla presentazione del rapporto sulla competitività”. Il presidente del Consiglio europeo dovrebbe essere il portoghese António Costa. Il grande amico di Draghi è Macron ma Macron ha la sua bella battaglia in Francia e poi, dicono gli ex ministri del governo Draghi, “in Italia si tende ad amplificare Macron”. Raccontano che l’ultimo Draghi sia il Draghi conferenziere e che i fondi gli offrano cifre da capogiro per ascoltarlo, e però, anche questo, lo dice chi non lo ama, la lingua avvelenata. Chi lo ama, al solito, avvisa: “Né pietismo, né riffa. Lo hanno candidato i giornali. Draghi ha sempre detto ‘no’ ad altri prestigiosi incarichi”. I più sottili: “La verità è che non vuole incarichi di natura economica”. E ce ne sarebbero? “Uno come Draghi può andare all’Fmi, alla Banca mondiale”. Da due anni riceve premi, l’ultimo, tre giorni fa, il premio  Carlo V, e a ogni premiazione pronuncia discorsi meravigliosi che hanno sempre lo stesso effetto: “Bravissimo, troppo”. Non si capisce perché Meloni, che non vuole mandare Draghi in Europa, possa quindi mandare l’ex ministro di Draghi, Daniele Franco, a fare il commissario europeo. Ne stiamo sporcando un altro e lo dicono, con affetto, gli amici degli “sporcati”: “Franco aveva solo una possibilità. Fare il presidente della Bei, ma il governo non ci ha creduto. E’ un altro finito nel falò. Il prossimo commissario potrebbe farlo Lollobrigida che dice ‘se voglio vado io’. Ma in Europa c’è il caso Buttiglione, che venne bocciato. Meloni potrebbe scegliere Crosetto”. Nei tavoli che contano, a Roma, quando si arriva al dolce, e si parla di futuro, si immagina pure quello di Draghi: “Alle prossime politiche, centrosinistra e centrodestra, rischiano il pareggio. Si chiama ‘stallo’. Mattarella a quel punto non potrà che richiamare Draghi”. Farà ancora incetta di premi prima che venga istituito il suo, il premio Draghi, quello che Truman Capote voleva dare alle donne belle come i cigni: “Sarebbe stata perfetta se non fosse stata perfetta”.

 

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio