Dopo le amministrative

"Per il centrodestra il voto locale è un problema ricorrente". Parla Italo Bocchino

Marianna Rizzini

"Si vince dove c'è un partito e un candidato che traina, invece si perde con nome della società civile quando ti scontri con un sistema di potere radicato in loco”, dice il direttore editoriale del Secolo d’Italia. Intervista

Roma. Dario Nardella, sindaco uscente di Firenze, dice che la vittoria della neosindaca Sara Funaro contro il già direttore degli uffizi Eike Schmidt fa sì che la città sia come una “linea del Piave della sinistra”. Di certo i ballottaggi consegnano l’immagine di un centrodestra che alle amministrative fa fatica: la sinistra prende sei capoluoghi di regione, a partire da Firenze, con Funaro, e da Bari, con Vito Leccese, fino a Perugia, dove finora governava la destra. Idem a Potenza.

Fa vistosa eccezione nel quadro Lecce, dove vince per la destra Adriana Poli Bortone, già sindaca due volte, con il 50,49 per cento. Ma l’affluenza è in calo, e in generale sembra che il centrodestra, alle amministrative, non riesca a mobilitare. Dov’è il problema? Nella classe dirigente, nelle strategie? Il direttore editoriale del Secolo d’Italia Italo Bocchino, pur non vedendo nei risultati del voto “un terremoto politico” e anzi per molti aspetti trovandoci una “conferma dell’esistente”, pensa “che si confermi anche un ricorrente problema del centrodestra nel voto locale, a meno che non si porti alle urne, come nel caso Poli Bortone, un candidato in grado di fare da traino: insomma, quando sono i partiti e i candidati a ballare, nel senso dell’impegno diretto nella consultazione, si ottengono risultati importanti. Ma quando tutto questo viene meno, il risultato è deludente e l’astensionismo è alto”.

Da che cosa dipende? “Intanto”, dice Bocchino, “c’è un primo problema: nel voto amministrativo per il centrodestra si evidenzia, come si è spesso evidenziata in passato, la mancanza di un vero radicamento. Secondo problema: il comportamento del blocco elettorale di riferimento. Se guardiamo la sinistra, vediamo infatti che questa ha gioco facile nel portare al voto gli elettori al secondo turno, a farli uscire di casa contro il ‘nemico’ ”. La conseguenza del mancato radicamento è che il centrodestra, sul territorio, dice Bocchino, “o si affida a un dirigente di partito, con pregi e limiti del caso, o si apre alla società civile, sempre con i pregi e i limiti del caso. E se è facile vincere con il candidato di società civile quando nel campo avversario si assiste a una dissoluzione degli assetti precedenti – come fu per Giorgio Guazzaloca a Bologna, nel 1999 – non lo è quando ti scontri con un sistema di potere radicato in loco”.

Quanto al blocco sociale di riferimento, “gli elettori di centrosinistra”, dice il direttore editoriale del Secolo d’Italia, “si sentono come dicevo precettati al secondo turno, attorno al collante dell’avversione verso il nome del campo opposto. Il blocco elettorale di destra ha una mobilitazione più legata alla micro-comunità — micro-comunità che può disperdersi al secondo turno, laddove non esista lo scenario per così dire leaderistico, con un candidato capace di traino attorno al suo nome”. Altro problema, anzi problema-paradosso, secondo Bocchino: “A Bari il centrosinistra, vista la bassa affluenza, ha vinto in realtà con una minoranza di voti degli aventi diritto baresi. Il doppio turno a mio avviso può alimentare l’astensione, può essere addirittura dannoso per la democrazia. Può comportare distorsioni, e dovrebbe quindi prevedere un sistema di soglie. Come dice Ignazio La Russa, andrebbe modificata la legge elettorale per le amministrative: ci sono persino casi in cui si viene eletti con meno voti assoluti di quanti ne ha avuti l’avversario al primo turno. E non si può festeggiare, direi, in quei casi”. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.