Contraddizioni
L'imbarazzo degli ex sindaci (ora parlamentari) dem sull'abuso d'ufficio
Il Pd vive un paradosso. I suoi sindaci si sono schierati in massa a favore dell'abolizione del reato di abuso d'ufficio, ora proposta da Nordio. I deputati e i senatori, invece, anche quelli che in passato sono stati sindaci o governatori, si oppongono. Guai a mettere in dubbio la linea del partito
“Diversi parlamentari del Pd sono favorevoli all’abolizione dell’abuso d’ufficio, ma non hanno il coraggio di dirlo. Non hanno il coraggio di schierarsi contro la linea del partito”. Il partito di Elly Schlein vive un paradosso, come sottolinea con queste parole anche Enrico Costa, deputato di Azione. La stragrande maggioranza dei sindaci dem si è schierata nei mesi scorsi a favore della cancellazione dell’abuso d’ufficio, la misura centrale del pacchetto Nordio approdato ieri all’esame dell’Aula della Camera. I vertici del Pd e i parlamentari del partito, invece, si oppongono alla proposta formulata direttamente dal Guardasigilli Carlo Nordio. Lo fanno, ed è questo il paradosso più evidente, anche i deputati e senatori dem che hanno alle loro spalle esperienze da sindaci, consiglieri comunali o regionali, persino governatori, e che in alcuni casi sono stati a loro volta vittime del tritacarne mediatico-giudiziario fondato proprio sull’abuso d’ufficio. Un muro, insomma, sembra separare gli amministratori locali del Pd dai propri rappresentanti in Parlamento.
“Sottobanco molti sindaci Pd sono venuti a dirci che facevamo bene”, ha affermato sabato il ministro Nordio. Non una rivelazione, se si considerano le prese di posizione espresse da mesi, anche su questo giornale, da alcuni sindaci simbolo del Pd, come quello di Bari Antonio Decaro e di Pesaro Matteo Ricci (entrambi ora sbarcati al Parlamento europeo con una valanga di voti), quello di Milano Beppe Sala, di Firenze Dario Nardella, di Bergamo Giorgio Gori e di Mantova Mattia Palazzi. “L’abolizione dell’abuso d’ufficio è una vittoria”, ha dichiarato in maniera molto chiara Ricci dopo l’approvazione del pacchetto Nordio al Senato, ricordando la storica battaglia combattuta in tal senso dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci).
Ben diverse le posizioni dei vertici nazionali del partito. “Staremo in trincea anche tutte le notti, in commissione Giustizia e in Aula, pur di opporci a questo ddl Nordio”, ha addirittura affermato Debora Serracchiani, responsabile Giustizia nella segreteria Pd, dopo il via libera al provvedimento da parte della commissione Giustizia della Camera. Proprio in virtù di questo annuncio di guerra a oltranza, la maggioranza ha intenzione di programmare il voto sull’abuso d’ufficio a luglio, sfruttando il contingentamento dei tempi e togliere armi all’opposizione.
Anche gli ex sindaci ed ex governatori dem, ora diventati parlamentari, dicono “no” all’abolizione del reato, contrariamente ai propri ex colleghi. E’ questa, per esempio, la posizione del deputato Pd Virginio Merola, sindaco di Bologna dal 2011 al 2021: “L’abuso d’ufficio va corretto non annullato”. Merola è stato più volte indagato (e sempre archiviato) proprio per abuso d’ufficio. Una volta per aver trascritto nei registri comunali delle nozze gay contratte all'estero, un’altra per aver deciso di fornire acqua a due edifici occupati abusivamente, ma con la presenza di diversi minori. Contrario all’abolizione del reato – e favorevole a una sua “maggiore tipizzazione” – anche il deputato Luciano D’Alfonso, ex sindaco di Pescara ed ex governatore dell’Abruzzo, anche lui più volte accusato di abuso d’ufficio e sempre archiviato o assolto.
Anche Andrea Gnassi, deputato, sindaco di Rimini dal 2011 al 2021, si è detto favorevole a una “revisione della norma dell’abuso d’ufficio”, ma non alla sua abolizione. Pure Gnassi, neanche a dirlo, quando era sindaco è stato indagato, e archiviato, per questo reato. Ha scelto invece la strada del silenzio l’ex presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, oggi membro della Camera. Nel 2021 è stato archiviato, insieme all’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, dalle accuse di abuso d'ufficio e falso per alcune nomine nelle Asl avvenute nel 2019. Guai a mettere in dubbio la linea del partito.