Foto Ansa

cursus honorum

Nonna Adriana più forte dell'armata dem: Poli Bortone sindaco di Lecce per la terza volta

Gabriele De Campis

A 81 anni, la neo sindaca di centrodestra vince il ballottaggio con l'ex primo cittadino Carlo Salvemini, realizzando il miracolo di rianimare il centrodestra pugliese, ammaccato da un ventennio di emilianismo 

Ha spiegato dal palco che “Lecce è un sentimento”: con l’arte oratoria dei politici della Prima Repubblica, lei, cresciuta nella nidiata della Fiamma fin dalla fine degli anni sessanta, ha incantato Piazza Sant’Oronzo rievocando la connessione sentimentale che l’ha legata da sempre alla comunità salentina. Classe 1943, Adriana Poli Bortone, torna a indossare per la terza volta la fascia tricolore, vincendo un rovente ballottaggio con il sindaco uscente del centrosinistra Carlo Salvemini, ma soprattutto realizzando il miracolo di rianimare il centrodestra pugliese, ammaccato da un ventennio di emilianismo. 

 

Orgogliosa del suo cursus honorum politico, “la Adriana” o “nonna Adriana” come si autoappellava ironicamente, ha fatto una campagna elettorale senza risparmiarsi, tra presenza forsennata sul territorio con mini comizi (in alcuni casi addirittura osteggiati dai parroci progressisti) e una dimensione social che ha sedotto la fascia di elettorato giovanile che qualcuno ipotizzava potesse essere poco coinvolta dal suo progetto. Ha sbaragliato “la gioiosa macchina da guerra” del centrosinistra leccese, che ora piomberà nel labirinto del “dibbattito” e dell’autocritica: sovvertendo pronostici e sondaggi, ha sconfitto le armate del dem (guidate dal deputato Claudio Stefanazzi, fedelissimo dell’Emiro, e dalla presidente del Consiglio regionale Loredana Capone), e il fronte civico di Alessandro Delli Noci, enfant prodige allevato nella destra universitaria e ora uomo forte della giunta regionale. Corsi e ricorsi storici: nel 1998 aveva iniziato la sua avventura da prima cittadino battendo il padre di Carlo Salvemini, Stefano, esponente del Pds e anche lui sindaco uscente… 

Adriana - diventata un meme nonché protagonista di una miriade di videoclip ispirati al celebre grido di Rocky-Sylvester Stallone - ha scelto come colori della sua campagna elettorale il viola e il giallo, la stessa tonalità dell’elegante vestito indossato nel 1994, quando firmava da ministro dell’Agricoltura del primo governo di Silvio Berlusconi, con Giuliano Ferrara delegato dell’esecutivo ai rapporti con il parlamento, davanti al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Per ottenere la candidatura a sindaco non ha brigato ma ha tessuto l’antica trama della diplomazia, pacificando i rapporti da sempre bellicosi tra i vari proconsoli delle destre della città del Barocco: è riuscita nel capolavoro di armonizzare le istanze della Lega del senatore Roberto Marti con le richieste di Erio Congedo, deputato meloniano, e con la richiesta di spazio dei forzisti e del civico Paolo Pagliaro. Ha trovato a Roma la sponda azzurra di Maurizio Gasparri, e ha atteso che anche il ministro Raffaele Fitto si convincesse della bontà della sua proposta. “Che dice lu Raffaele?”, è stato il ritornello fino al via libera del politico di Maglie, che è stato una presenza essenziale e discreta nella contesa salentina, al pari del sobrio Alfredo Mantovano, che ha diffuso un suo video di supporto alla senatrice.

La campagna elettorale ha consacrato le sue nipoti, Fanny (mai simpatizzante della destra) e Carola come influencer e supporter che con videoclip virali hanno demolito la retorica progressista che descriveva “Adriana come una pericolosa estremista”. E per non farsi mancare nulla, si è anche esibita in un dj-set sulle note del divertentismo, come una novella Debora De Luca salentina, con una disinvoltura che faceva apparire il suo rivale Salvemini un grigio esponente da Politbüro.

Ora la Poli Bortone, festeggiata su Fb dalla Fondazione Giorgio Almirante, torna soggetto politico nazionale, canta in piazza la canzone identitaria “Arcu te pratu” e riceve il plauso anche dello sceicco Emiliano: “La sconfitta di Lecce? Adriana è sempre Adriana…”.

 

Di più su questi argomenti: