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La sbornia Pd

Schlein al sole: si scatena contro Meloni, mette in riga Conte, sogna il colpo in Umbria

Carmelo Caruso

Al Nazareno analizza la vittoria, attacca La Russa, irride Donzelli. Il Pd prepara le prossime regionali. In Umbria è in pole la sindaca di Assisi e in Emilia-Romagna corsa a tre

Schlein si prende la tintarella, Meloni si tiene i tontarelli. Il Pd si sta abituando a vincere. Le vittorie ai ballottaggi, “sono un sei a zero tennistico”; “a Donzelli regaleremo un pallottoliere”, “Conte è un alleato importante ma il Pd è il perno”. Adesso sì che è un piacere ascoltarla, sentire questa Schlein, sapore di sale, ringraziare il calciatore della nazionale Zaccagni, perché “abbiamo sofferto, ma abbiamo vinto. Grazie”. Francesco Boccia fa l’arguto alla Karl Kraus: “La costola di centro? Ho pronta una protesi. Ciò che conta è il corpo e il corpo del Pd è sano”. Hanno il sole e l’Umbria, quasi, in tasca. Il Twiga si è spostato  al Nazareno.


Era questa la sede più malinconica d’Italia, il convento dei perdenti, e adesso è il lido dei felici, il non mi pare vero, il Nazareno beach, lo stabilimento “stiamo arrivando, stiamo arrivando”. I turisti spagnoli si scattano le foto di fronte l’ingresso del “muy partito progresista” e all’ingresso si distribuiscono accrediti come fossero le prevendite delle serate disco. Li sta cambiando sul serio la vittoria, il successo delle europee, i ballottaggi, e perfino Tiziana, una dirigente dem, riconosce che “è strano. Una volta facevamo le analisi delle sconfitte adesso parliamo dei successi”. Come si fa a prenderli ancora in giro? Resta solo Caltanissetta, la città dell’ex vicesegretario dei due mondi, Peppe Provenzano, che il Pd ha perso, ma Provenzano si sa che ormai si occupa  di esteri. E poi, certo, ci sono Casalecchio, Pianoro, Castelmaggiore, tre città emiliane, dove la sinistra è andata al ballottaggio contro altre liste di centrosinistra: fuocherello amico. Ma basta forse questo a rovinargli la festa?

 

Il Baruffi (che fa coppia con l’altro, il Taruffi, sono la ditta Taruffi&Baruffi, uno responsabile enti locali, l’altro dell’organizzazione) è così imbaldanzito che al suo dirimpettaio Donzelli dice: “Per FdI è un cappòtto. Un cappòtto!”. Schlein, che gli siede accanto, qui al bancone dello stabilimento, lo incita per convincerlo, sì, si, di più, non è un sogno di quasi estate: “Vai, vai, Davide, spiega, i numeri”. Il Taruffi, che porta l’orecchino Swarovski, uno che sembrava un monaco cluniacense, si scatena a forza di matematica perché la crescita del Pd è addirittura “esponenziale”, “la vittoria va oltre le nostre previsioni”; “abbiamo vinto pure a Poggibonsi”, per non parlare dei “comuni sopra i 15 mila abitanti. 224 comuni al voto. Partivamo da 104 e chiudiamo a 120”. Sono elettrici e hanno riconvertito gli spazi. Al primo piano, la sala riunioni, lì dove il sinistrato si frustava con i Manoscritti economici-filosofici di Marx, ora si parcheggiano e si ricaricano le biciclette con la pedalata assistita. Hanno pure il pollice verde. I limoni del Nazareno beach, che erano i limoni più secchi della capitale, sono tornati a essere i buoni frutti del campo largo. In sala, Boccia, scherzando, ma neppure tanto, dice che la richiesta di cambiare la legge elettorale “è una torsioncina autoritaria”, e Donzelli? “E’ giovane, scoprirà con il tempo quanto è bello poter dire ‘abbiamo perso, ripartiremo’. Sai, noi ce ne intendiamo”. E giù risate. Ha pure la protesi di centro (sarà Gentiloni?). A Schlein, digiamolo, non  piace La Russa: “Cambiare la legge elettorale? Vergognoso”; “le parole del presidente del Senato non sono degne di chi ha il senso delle istituzioni”; “la destra vuole scappare via con il pallone”. Baruffi-Swarovski è lanciato: “Sull’autonomia stanno tentando di scassare il paese”. Gli piace la parola al punto che ripete “scassare” tre volte. Sono pronti a raccogliere le firme del referendum con le pinne e gli occhiali, referendum e cruciverba. Un deputato di Forza Italia, che ascolta in streaming, ci manda un messaggino: “La prossima battaglia che la destra rischia di perdere è l’Umbria. Il Pd ha due campioni. Walter Verini e la sindaca di Assisi, Stefania Proietti. E’ quasi certo che il Pd candiderà Proietti e se candidano lei, la leghista Donatella Tesei perde”. In Emilia-Romagna hanno  il disagio dell’abbondanza. Per il dopo Bonaccini possono correre o l’assessore regionale Vincenzo Colla o il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, o ancora quello di Cesena, Enzo Lattuca. Arrivano, quasi in diretta, le parole di Meloni, “l’opposizione  usa toni da guerra civile” e “Occhetto era più avanti di Schlein”, e la segretaria, come fosse un meme, chiede “ma che vuol dire? ma perché?”; “forse non digerisce la sconfitta”. Le inventa pure il nomignolo: “Fratelli d’Italia? Io li chiamerei Brandelli d’Italia o Fratelli di Mezza Italia”. Quando i soliti birbanti gli chiedono di Conte e della Rai, risponde che Conte è “importante” e che sulla Rai “non abbiamo ancora deciso se indicare un nome in cda”. Ed è furba, ancora, perché poche ore dopo si viene a sapere che per luglio non è prevista nessuna elezione  Rai. Slitta. Il Tg1 è invece la loro TeleFiume: “Ma lo avete visto? Hanno titolato: ‘La destra strappa Lecce alla sinistra’. Ma come si fa?”. Altri due anni e Meloni si romperà la testa contro di lei. A chi cerca di metterla in difficoltà sull’autonomia, Schlein replica come fosse Ciriaco De Mita: “Ma questi sono tecnicismi, io mi occupo di politica”. Meloni, una limonata?

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio