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Re Mida al contrario

Salvini lo iettatore. Torna in Veneto e la Lega perde di nuovo

Francesco Gottardi

Verona, Padova, Vicenza. Fino al caso di Montecchio Maggiore, dove ha scelto di festeggiare l’autonomia e poi il Carroccio ha perso il ballottaggio. Lo dicono pure i leghisti: dove passa il segretario, il partito cola a picco

“Ci vediamo a Montecchio Maggiore per festeggiare l’autonomia!” Firmato Matteo Salvini. Pare che a questo punto qualche militante della Lega si sia grattato. “Ma no, dai”, sorridono gli ottimisti. Ma sotto sotto si grattano pure loro. “Perché proprio qui da noi?”. Il problema è che venerdì il comune vicentino ha ospitato l’evento celebrativo “per la madre di tutte le battaglie”, come la chiamano qui in Veneto. Presenti ovviamente il presidente Zaia, il segretario regionale del Carroccio Alberto Stefani. E da Roma i pezzi grossi: Calderoli e Salvini, che rivendica “questo successo mio e di Luca”. Vediamo. Domenica e lunedì Montecchio Maggiore va alle urne per eleggere il nuovo sindaco. Al primo turno si era affermata la candidata leghista Milena Cecchetto, con 6 punti di vantaggio sull’avversario. Nel frattempo arriva Salvini. E al ballottaggio scatta il ribaltone. La debacle: Cecchetto perde con quasi 20 punti di scarto. “El porta nera. Gavè visto?” Da capitano a iettatore.

Col partito che cola a picco, in Veneto non c’è molta voglia di scherzare. È una semplice constatazione: dove passa Salvini l’erba muore. Era già successo due anni fa. Salvini sale sul palco a Verona, si va vedere a Padova. Alè. Doppietta del centrosinistra. L’anno scorso capolavoro a Vicenza. “Il nostro Rucco vince al primo turno”, promette Salvini. Niente. Se non altro è ballottaggio. Allora il ministro fa le valigie, direzione nordest e appelli in piazza. “Squadra che vince non si cambia”. A meno che non vinca più: il dem Possamai si impone per 500 preferenze. E oggi? L’unico capoluogo alle urne era Rovigo. Salvini stavolta mica è andato, a Rovigo. E infatti Valeria Cittadin, candidata del centrodestra, ha vinto – lei sì – col 68 per cento. Una sentenza.

Così per la povera Montecchio il destino era segnato. La location per la festa autonomista, in piena organizzazione Filini, era stata scelta da Stefani (cioè da Salvini). Al Carroccio serviva una platea folta, per un buon effetto fotografico. E mica si poteva rischiare la figuraccia in una grande città. Meglio allora “la bella piazza di Montecchio Maggiore”, ringrazia il ministro. Saranno stati circa 3mila, i militanti col vessillo di San Marco. Vacche magre: i sì al fatidico referendum del 2017 erano 2,2 milioni. Ma onde gestire cotanto pienone, una seconda manifestazione mirata alle sole amministrative – genio! – è andata in scena due ore dopo Salvini. Magari per smarcarsi dal Re Mida dei ballottaggi. Magari per stendere il tappeto rosso a Cecchetto. Che proprio l’ultima arrivata non è. E sarebbe stata pronta a rinunciare a carica e stipendio di consigliere regionale, pur di tornare sindaca di Montecchio.

Non si correrà alcun rischio. In termini di asettica analisi elettorale, si può menzionare che la Lega ha allestito l’ennesimo scatafascio in proprio. Che il sindaco uscente (pure della Lega) ha scelto di appoggiare lo sfidante di centrosinistra, mandando gli elettori in testacoda. Che dinamiche simili si sono registrate per tutto il territorio. Che a Vittorio Veneto la sezione locale del Carroccio è stata commissariata, dopo l’aperto endorsement alla candidata del Pd – tutto pur di non far vincere l’uomo designato da Toni Da Re, espulso con aggravante insulto. Che nel veneziano c’è appena stata un’altra illustre purga, il vicepresidente del Gruppo Zaia in Consiglio Gabriele Michieletto. Che Salvini in regione non lo possono vedere nemmeno i suoi. Che insomma, accantonando la sfiga i fatti son pure peggio. “Complimenti e auguri di buon lavoro ai nostri sindaci”, rilancia il segretario. Qualcuno lo fermi, o sarà un miracolo vederli arrivare a fine legislatura.

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