Contro lo Strapaese di Giorgia, ecco Marina B., cittadina

Michele Masneri

La sinistra ricominci da Marina Berlusconi? Si può dire tutto dell’Italia tranne che sia una nazione noiosa. L’intervista rilasciata al Corriere dalla figlia del Cav. ieri dice molte cose, ma la più rilevante è che  lei è più d’accordo con “la sinistra di buon senso”, qualunque cosa significhi, sui diritti, quindi aborto e temi Lgbt, che non con certi eccessi melonisti e vannacciani. Del resto  si sa che Marina non ha mai amato l’estremismo leghista né il segretario Matteo Salvini (qualcuno ricorderà le celebrazioni per il primo compleanno “in absentia” del Cav. il 29 settembre scorso, quando gli venne intitolata una sala di palazzo Lombardia. Presente tra gli altri proprio Matteo Salvini, Marina all’ultimo diede forfait, facendosi sostituire dalla sorella Barbara. Piccoli segnali, ma che gli addetti ai lavori e alla famiglia hanno sempre tenuto presenti).

 

Marina, del resto, anche se non si è mai candidata né pare mai lo farà, non è che non abbia idee. Anzi, ha una linea politica sua, precisa. Anche se non scenderà mai in campo, come ha precisato per l’ennesima volta ieri, chi la conosce bene racconta che sia strenuamente anti trumpiana, e invece molto pro Biden. E’, in fondo, la nostra Caroline  Kennedy. 

 
Ma il dato più interessante dell’intervista va letto insieme al risultato delle elezioni amministrative dei capoluoghi che hanno penalizzato la maggioranza di Meloni premiando il centrosinistra. Con Marina, saldamente residente in corso Venezia a Milano, parla la città, la città che si contrappone al voto del vasto “paese reale” tante volte invocato da Meloni e i suoi. Un paese reale che si vorrebbe coincidente con un mondo produttivo d’antan, scocciato dalla modernità, che sia Pos, vaccinazioni,  diritti,  “gender”. Un paese reale fatto di fattive persone   “pro vita”, antiabortista, anti minoranze (la manifestazione Pro vita di Roma dei giorni scorsi appunto rivendicata al “Paese reale”, anche se erano 5 mila persone secondo la questura). Ma poi questo paese, o Paesone reale, esiste veramente? E cosa vota? Siamo sicuri poi che nelle nostre “rust belt” e fasce campagnole siano tutti desiderosi di tornare a un’Italia pre-Dc di Fanfani?  

Tutto può essere: di sicuro in questi anni siamo stati bombardati dalla narrazione delle cattive élite abitanti nelle perfide ztl, le orride città, popolate di “professoroni” e “giornalai”, dove si guidano magari delle globaliste auto elettriche, dove si circola persino in bici, ostacolando i poveri tassisti e camionisti che devono controllare gli angoli morti ("Per voi che finite sotto i camion mi dispiace, ma neanche tanto". ha detto il consigliere di Fratelli d'Italia di Milano  Paolo Roccatagliata).  

 

Fuori da questa Sodoma e Gomorra dove si sta a quattro zampe e due ruote, invece, svettano gli onesti borghi (magari affiliati all’associazione dei “Più belli d’Italia”), la sterminata provincia, la pancia del paese che si fa Vandea, e chiede meno Europa e più Giorgia. Eggià. Ma se arriva Marina B.? In fondo è donna,  madre e cristiana pure lei, anzi di più: è pure sposata, e in chiesa (da don Giandomenico Colombo, parroco di Arcore, nella augusta cappella di famiglia!). A Vandea, Vandea e mezzo. Ha anche più “skill” per una destra “law and order”; contro quella molto “disorder” di Giorgia: non ha un padre né un compagno  scapestrati  come Meloni père o Giambruno. 

 

A differenza di Meloni, certo, è  inurbata. Sia chiaro, anche  Meloni nonostante si promuova con successo nella performance  dell’underdog, è nata in zone borghesi di Roma e in zone borghesi risiede, ma si rappresenta come la sottoproletaria di periferia, e idealmente abbraccia il contado: e dunque punta allo strapaesismo, all’egemonia subculturale. Le facce, il romanesco come koiné, e scusate ma devo proprio andà al gabinetto. Finora ha funzionato benissimo il suo storytelling interurbano, come direbbe Totò. Ma adesso arriva Marina B., cittadina, e della ztl più ztl di tutte, quella milanese; se Schlein è fluida e apolide,   Marina B,  come si dice in un orrido neologismo stradale, capace che “le asfalta”  tutte e due (anche in bicicletta, comunque sono tre donne al comando, mica male, vabbè). 
 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).