Matteo Salvini (Ansa)

L'abiura

L'abiura di Salvini: "L'autonomia fa perdere voti. Al nord non li porta, al sud li toglie"

Carmelo Caruso

Al federale loda i leghisti del sud che si sono spesi, parla di autonomia, ribadisce che la linea della Lega è di destra e che "non c'è spazio per i moderati". Meloni cassa intanto gli emendamenti del Carroccio al Dl sicurezza

La festeggia in pubblico, l’abiura in privato. La verità di Salvini sull’autonomia differenziata, la riforma  promulgata da Sergio Mattarella, la verità sulla legge, e non solo, è questa: “L’autonomia  fa perdere voti”; “al nord non li porta, al sud li toglie”; “l’autonomia era una battaglia da fare, per la  Lega, una battaglia identitaria, e sono felice, ma l’ho pagata, ancora una volta”; “i leghisti del nord dovrebbero prendere esempio dai leghisti del sud e da Stefano Bonaccini, uno che si è messo in gioco”; “la nostra linea di destra è irreversibile e se non vi sta bene potete tranquillamente cercare un altro segretario, non ci servono i moderati”.

Sono tutte parole  di Salvini durante l’ultimo federale della Lega, un’analisi del voto, a suo modo un momento di sincerità, pensieri che stanno rimbalzando in Lombardia e Veneto. La sperimentazione, l’idea di buttarsi sui diritti civili, è stata superata dopo solo due interviste dei leghisti raffinati, lasciata tranquillamente a Forza Italia a Marina Berlusconi perché la Lega, è convinzione del segretario, prende voti quando fa la faccia feroce. Se Meloni dovesse appoggiare von der Leyen, votarla, la risposta degli uomini del segretario, presenti alla Camera, per le comunicazioni della premier, è  che a “Meloni non rimprovereremo la giravolta” e che, “paradossalmente, qualora dovesse farlo, ci lascia spazio”. A destra. Il Salvini post Vannacci vuole ancora più Vannacci. A Massimiliano Fedriga, Luca Zaia, Attilio Fontana, i governatori, rimprovera, ormai platealmente, la loro mancata candidatura, “e di non aver creduto in me”, di non averlo sostenuto, correndo, alle europee. Alla prossima o li precetta o li spedisce a raccogliere i pomodori a Vibo Valentia.


Per Salvini  contano i voti, “il sacrificio”. I suoi campioni sono ora  i leghisti arditi, con preferenze, come Roberto Marti (60 mila) Simona Loizzo (20.356) Raffaele Stancanelli (oltre 44 mila) Filippo Mancuso (22 mila) Aldo Patriciello (71 mila). Al capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, che al federale, ha chiesto di riflettere sul voto, ha risposto in malo modo: “E basta, lamentarsi. Basta!”. La linea politica della Lega dopo le europee, si precisa. Andrea Crippa, il vicesegretario,  dice al Foglio che “l’autonomia è il sogno raggiunto della Lega, ma la Lega di oggi è un partito di destra, autonomista, sovranista, conservatore e nazionale. La Lega è questa”. Gli amici di Salvini in Europa restano i reietti ma anche Meloni ama i reietti e promette in Aula: “Io, in Europa, non faccio inciuci con la sinistra”. Per Salvini è la prova che Meloni lo invidia, che lui ha “praterie” (ha usato con i leghisti il termine “abbiamo praterie a destra”) e che tornando alla Lega difesa e ordine, si può sopravvivere. Parlando di Vannacci continua a ripetere che “l’obiettivo, grazie al generale, è stato centrato”. Si mette in conto un’eventuale sua uscita. Meloni deve invece tenere conto della Lega e di come Salvini sfrutterà le sue mosse, il  suo eventuale sostegno a von der Leyen. Ancora, nelle  comunicazioni alla Camera, la premier ha più volte parlato dell’inutilità di certi “caminetti”, e i leghisti, dai banchi, dicevano, “si riferisce a Tajani”. In una riunione di maggioranza, il governo, Meloni dunque, ha chiesto alla Lega di accantonare gli emendamenti al Dl sicurezza, quelli “vannacciani”, sulla castrazione chimica, le prediche in italiano dell’imam. La ragione ufficiale è che presentavano della problematicità, che rischiavano di essere bocciati, quella politica, almeno secondo il Pd, “è che Meloni non vuole concedere a Salvini quello spazio”. L’autonomia è già scomparsa dall’agenda della Lega. E’ senza dubbio un altro dei suoi successi, di Salvini. A Meloni ha lasciato il dovere di spiegare la riforma della Lega, alla Lega spiega che di autonomia è meglio non parlarne, il sud portato come esempio alla Lega, il partito del nord. Il mondo al contrario.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio