Elly Schlein - foto via Getty Images

Metodo soviet

Schlein non si fida e vuole tracciare i voti della delegazione a Bruxelles. Zingaretti in ansia

Pietro Guastamacchia

La segretaria dem vuole affidare all'ex presidente del Lazio l'incarico di capodelegazione, ma le sue pressioni nei confronti dei nuovi eletti e le poche garanzie sugli incarichi che sta concedendo all'ala riformista degli eurodeputati rischiano di far saltare la nomina. C'è tensione

Bruxelles. I pizzini di Schlein complicano la settimana a Nicola Zingaretti. La nuova pattuglia dem all’Eurocamera è in cerca di equilibri per votare il suo nuovo capodelegazione, ruolo che Elly Schlein vorrebbe affidare all’ex segretario Pd. Tuttavia, le pressioni della segretaria sui neoeletti stanno facendo salire la tensione e rischiano di far saltare l’accordo. Mercoledì mattina, infatti, i ventuno eurodeputati si sono risvegliati con un messaggio, visto dal Foglio, mandato via WhatsApp dal Nazareno, con indicate le cinque preferenze da esprimere nel voto per la vicepresidenza del gruppo dei socialisti Ue. Un ordine di nomi diverso per ognuno degli eurodeputati, così da poter capire con esattezza, a scrutini fatti, se qualcuno non avesse seguito l’indicazione di Schlein di votare Camilla Laureti. Il sistema di Elly non è piaciuto ai colonnelli Pd, che lo hanno definito “un trucchetto un po’ demodé”, e ora chiedono garanzie chiare su cosa spetti in Europa alla minoranza Pd.
 

Corrente di minoranza che, peraltro, è ancora orfana di Stefano Bonaccini. Lo sfidante congressuale di Schlein, infatti, non è ancora apparso a Bruxelles, lasciando i suoi in agitazione con qualche vena polemica sulla sua assenza.“Tutti hanno fiducia in Zingaretti, ma in questa delegazione i riformisti sono tra gli undici e i tredici (su ventuno in tutto), e questo equilibrio deve essere rispettato,” spiega un eurodeputato della cosiddetta minoranza riformista del Pd. Il voto sul capodelegazione, dunque, per ora è in ostaggio e Zingaretti deve rimanere in trincea col pallottoliere finché alla minoranza Pd non arriveranno garanzie chiare sulle cariche a Bruxelles, garanzie che Schelin non sempre è pronta a concedere. E infatti a rischio ora c’è anche l’accordo su Alessandro Zan alla presidenza della Commissione Libertà Civili, fortemente voluto da Schlein, ma che potrebbe ora passare nelle mani del bergamasco Giorgio Gori per placare i riformisti. “Sulle nomine in delegazione la partita è ancora aperta,” aggiungono dalla minoranza, mettendo in chiaro che per Zingaretti c’è ancora da sudare.