Un murales di Silvio Berlusconi ed Enrico Berlinguer - foto Ansa

L'editoriale dell'elefantino

Ci voleva Marina per ricordare agli anti Cav. che Berlusconi era nient'altro che un democristiano di sinistra

Giuliano Ferrara

L’immoralismo apolitico e privato del fondatore di Forza Italia aveva una chiara venatura di sinistra. Pavidi e stolidi per trent’anni e più non avevano capito niente della sua eredità

Il sangue non è acqua. Marina Berlusconi, la Cavaliera, può essere allegramente sfotticchiata per il suo penchant Ztl o ideologicamente corretto (Merlo e Masneri due esempi perfetti, qui ieri). Ma resta da fare qualche conto con la marea di pavidi e di stolidi che per trent’anni e più non avevano capito niente dell’eredità Berlusconi. Non si parla dell’asse ereditario, ordinatamente disposto, e con eleganza, da una dinastia che, anche a confronto con i suoi competitori dell’establishment, si è rivelata impeccabile quanto alla roba. Già detto qui per tempo, e poi riconosciuto a mezza bocca anche dai più protervi tra i nemici giurati dell’accozzaglia anti Cav. Si parla di cultura e politica. “Drive in” piaceva a Pannella. L’alternanza piaceva a noi del Foglio. Renzi fu un successore degno, per così dire 2.0, e per poco non compiva l’opera del venerato predecessore. La battaglia contro le interruzioni pubblicitarie nei film, cosa da cavernicoli, è finita in Virzì, mentre le tv private si permettono la lagna della figlia di Berlinguer. Un centrodestra di governo, ancorato light ai liberal-popolari con una guida di destra europeista votata anche da Bossi (e per Salvini, tanta pazienza), ecco un’altra eredità politica del Cav. Quanto ai diritti, nel bene e nel male (ricordo ancora la scenata che gli feci, lui sempre gentile nel diniego di ogni rapporto con la mia lista, ai tempi per me grami ma eroici della campagna per la moratoria degli aborti), bè, anche lì il sangue non è acqua.
 

Ci voleva tanto, ci voleva Marina, per capire che l’uomo del pentapartito era un democristiano di sinistra, con venatura di populismo liberale-libertario e inclinazione verso il socialismo democratico e anticomunista di Craxi? Ci voleva tanto per capire che Trump è una sua imitazione distopica, che lui non lo amò mai nonostante la televisione, la retorica aggressiva anti élite, i quattrini, i modi scollacciati e diretti, funambolici ma non miti e di buonumore, imparati malamente dal Maestro italiano? Ci voleva tanto per capire che i pasticci del Cav. furono il modo scelto dagli italiani, arabescato e incongruente ma a suo modo anche cartesiano, per procedere sotto la sua guida esplosiva a trasformazione e modernizzazione del sistema, senza perdere le sue qualità fluide e trasformiste? Per molti all’ammasso dei cervelli era l’uomo nero da cacciare, il corrotto, il trasgressore, il mafioso, forse anche lo stragista, lo sdoganatore dei peggio fasci, e invece era una vergine immacolata, perseguitato dalla giustizia ingiusta a carriere non separate, bollato come outsider impresentabile da un giro di gente perbene che era peggiore di lui di gran lunga e per di più non sapeva niente del paese in cui abitava, tranne lisciare il pelo dei suoi vizi ideologici peggiori e, questi sì, ultraconservatori.
 

Marina è presidente di Mondadori, l’editore che scoprì quel banale scassamaroni, e tenero vittimista in servizio permanente, di Saviano. Ora pubblica Tony Blair e Voltaire per la prima volta tradotto dall’inglese in cui scrisse, e Serra ancora batte sul liberalismo di Gianfranco Fini.
 

L’immoralismo apolitico e privato del miglior politico italiano dai tempi di Craxi e Andreotti aveva una chiara venatura non “de sinistra” ma di sinistra. Schlein e Pascale (“bella fuori e bella dentro”, Ipse dixit) vanno a braccetto nella marcia Pride. Dimenticate i pullman di troie per i ragazzi del Monza, obliterate l’amicizia del reietto per Putin che sa corteggiare a modino i politici occidentali e gli avventurieri come lui, ma migliori di lui, fregatevene della semilegalità fiscale dei grandi imprenditori anni Settanta dopo le storie imbarazzanti del clan Agnelli, che non ha mai trovato un Antonio Esposito, magistrato in servizio ideologico al Fatto quotidiano di Travaglio, sulla sua strada. Riflettete e ripetete con me: ah, quanto ci siamo sbagliati noi dell’accozzaglia antiberlusconiana, proprio vero che Dio acceca coloro che vuol perdere.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.