Il personaggio
Il mesto ritorno di Dibba nel Palazzo: leader di un mini M5s vecchia maniera
In Senato per depositare le firme pro Palestina. Non parla del suo ex partito e ad accoglierlo non ci sono i grillini del nuovo corso di Conte. Con Di Battista una pletora di ex. Raggi assente
Nel Palazzo per un giorno. Non ci tornava dal 2018, ma oggi l'ex frontman del Movimento 5 stelle Alessandro Di Battista è ritornato in Parlamento con la sua associazione, Schierarsi. Il motivo: la Palestina. Di politica italiana non si parla, di Movimento, Grillo o Conte men che meno.
Nella testa dell'ex grillino c'è solo quello che sta succedendo in medio oriente. Dà appuntamento ai suoi sostenitori in piazza Vidoni alle 13. Si presenta mezz'ora dopo, vestito in giacca, camicia e, soprattutto, cravatta: non tanto per sua scelta, quanto perché il dress code del Senato – dove deve andare per depositare le firme raccolte perché l'Italia riconosca lo stato della Palestina – prevede che gli uomini ne indossino una, altrimenti non si entra.
Di Battista arriva e scalda subito gli animi, come i vecchi tempi, senza che ce ne sia veramente bisogno (il termometro è impietoso: 34 gradi all'ombra): "Israele assassino, terrorista, nazista". Tanti insulti al paese e altrettanti nei confronti del governo di Netanyahu. Ma l'obiettivo è il Senato. "Non sono nostalgico dei Palazzi – dice – ma oggi ci torno con orgoglio per depositare alle camere il frutto del lavoro che stiamo portando avanti da sei mesi. Sono quasi 80 mila le firme di cittadini che chiedono che il nostro paese riconosca lo stato della Palestina", afferma mentre si appoggia agli scatoloni preziosissimi dove sono contenute tutte le sigle raccolte dagli "oltre mille volontari".
Il Movimento? Per lui resta "una bellissima pagina del passato". Taglia corto e riporta la conversazione sui binari che lo hanno spinto a ritornare dentro ai palazzi del potere. Non si parla di Conte, "si spera che tutti i parlamentari della Repubblica accolgano la proposta" depositata dall'associazione, c'è il gelo quando viene fatto il nome di Grillo. Di Battista non ha tempo di parlare di politica italiana e dei tempi passati tra vaffa e diti medi, è troppo occupato ad attaccare il governo e la premier Giorgia Meloni, che, per la posizione internazionale sostenuta nel conflitto in medio oriente, secondo lui, "ha le mani sporche di sangue" e per la quale si chiede "come faccia a dormire la notte".
Sciolto il capannello dei giornalisti inizia la marcia di Dibba verso il Senato. La prima tappa è nell'ufficio controlli. Gli scatoloni pieni di firme sono fatti controllare dagli assistenti del Parlamento per ragioni di sicurezza. Qui Dibba scherza: "Assicuratevi che siano fatti entrare il più lontano possibile dall'ufficio di La Russa". Giusto il tempo di appurare che dentro non ci fossero ordigni esplosivi e i componenti di Schierarsi si piazzano all'entrata del Senato, dove hanno depositato tutto il materiale raccolto. Viene rilasciato un certificato che però non ci fanno vedere. Applausi, cori "Palestina Libera, Palestina Libera" e complimenti chiudono la mission impossibile dell'ex grillino.
A fare da contorno a questa iniziativa ci sono circa trecento persone, molti attuali votanti del Movimento 5 stelle, altri semplici attivisti. C'è l'ex grillina Barbara Lezzi, che nel governo gialloverde era ministra per il Sud: è stata espulsa nel 2021 dopo che non ha votato la fiducia al governo Draghi. C'è il giovanissimo presidente di Schierarsi, Luca Di Giuseppe, 26 anni, amico di Di Battista da quando aveva 15 anni, ci dice. Tra gli altri volti noti anche Elena Fattori, Michele Sodano, Fabrizio Trentacoste, tutti ex grillini. Ci sono madri con figli, una bambina che disegna la bandiera della Palestina, molti giovani e giovanissimi. "Se scendesse in campo schierarsi prenderebbe il 2 per cento, secondo me", dice un uomo avvolto dalla bandiera, probabilmente veneto.
Non ci sono, invece, le delegazioni del Movimento che fino a ieri si rumoreggiava presenziassero. E non c'è nemmeno Virginia Raggi, l' ex sindaca di Roma, che Dibba nomina durante il suo ultimo discorso al ritorno in piazza Vidoni, ma sulla quale non si sofferma ("Auspichiamo appoggi anche lei la nostra battaglia"). Non c'è nostalgia, quindi. L'eterna promessa è contenta così, nel "suo" piccolo Movimento e nel suo attivismo. Aspettando (forse) il debutto alle prossime politiche, chissà.