L'intervista
Storace: “Meloni farà pulizia in Gioventù nazionale, ma sbaglia su Fanpage”
“Quelle immagini mi provocano nausea, ma l'intolleranza contro gli ebrei è più sistemica a sinistra. Salvini? E' più liberale di Meloni nella gestione del partito”. Parla l'ex colonnello di An
“La seconda puntata dell’inchiesta di Fanpage arriva mentre Giorgia Meloni è in Europa, e questa è di certo una malizia…”. Ma? “Sono immagini che dopo lo sconcerto provocano nausea, quelle. O perlomeno fastidio in chiunque sappia che l’antisemitismo, a destra, è delirio da birreria, robaccia da strada. Anzi, è molto più sistemico altrove”. Altrove, dove? “Dove per esempio si dimentica il 7 ottobre, dove si scacciano gli ebrei dai Pride”. Così dice Francesco Storace, che gli anni del fanatismo ideologico – dei rossi contro i neri che paiono rinverdire all’indomani di “Gioventù meloniana” – li ha toccati con mano. Una vita nel Msi e poi in An, con i gradi di colonnello. E poi presidente della regione Lazio, ministro del terzo governo Berlusconi, oggi firma di Libero. Così, da giornalista, Storace chiosa subito il commento di Meloni arrivato ieri notte, allorché la premier, pur condannando i “Sieg Heil”, criticava duramente Fanpage. “Un metodo mai adottato in settantacinque anni con nessun partito politico”, diceva Meloni a Bruxelles. Il che è vero, secondo Storace, visto che “negli sgabuzzini della sinistra nessuno ci va, eppure Meloni sbaglia”. In cosa? “Ai giornalisti non puoi dire che non devono infiltrarsi. L’inchiesta è anche questo. Poi certo, nei centri sociali zeppi di antisemiti Fanpage non ci va”.
Ecco. Tornando all’antisemitismo, lei dice che a destra il razzismo è roba da strada. Dice addirittura che non esiste. Eppure Fanpage riprendeva assistenti parlamentari, giovani militanti di Fratelli d’Italia che sbeffeggiavo Ester Mieli… Allora quello che abbiamo visto cos’è? Il passato che non passa? Oppure sono casi isolati? “Sono casi che vanno debellati. E non lo penso da oggi. Quand’ero giovane missino, io, per l’accusa di nazifascismo, ci soffrivo. Al museo dell’Olocausto, a Gerusalemme, andai prima di Gianfranco Fini nel 2003. E penso che alcune frasi, oltre alla gravità, denotino ipocrisia”. Lei dice: non sono stupidi ma ipocriti. “Sono antisemiti acquattati in un partito di governo che certo non si proclamerà antifascista. E non lo farà semplicemente perché, in nome dell’antifascismo, furono uccisi dei ragazzi. Perché nel 1975 ammazzare un fascista a colpi di chiave inglese non era un reato, e dunque buttare quella chiave dal proprio immaginario non è possibile. Eppure è un partito, dicevo, che nulla c’entra con la svastica. La cui storia non può ammettere che qualcuno sia al tempo stesso antisemita e capo segreteria, che abbia per così dire una doppia o tripla morale”. Storace si riferisce, adesso, a Elisa Segnini, “che per mille e pochi euro al mese” ha lavorato, sino alle dimissioni arrivate ieri mattina, con Ylenja Lucaselli, deputata FdI legata a un uomo di fede ebraica. “Ecco perché parlo di ipocrisia. Ecco perché penso che il problema non sia ideologico ma comportamentale, e mi domando: ma che uomini e donne sono questi dalla doppia o tripla morale?”. Pensa che Meloni dovrebbe cacciarli? “Penso che debba dettare lei l’agenda e prendere provvedimenti. Senza necessariamente badare al giudizio di Arianna o al verdetto di Donzelli. Senza fare le capriole ideologiche, dichiararsi antifascista, sciogliere movimenti e rinnegare una storia. Piuttosto rimarcare, con un movimento culturale e di formazione, la sua vicinanza al presente.
In ogni caso se sei il capo, semplicemente, l’agenda la detti tu. In questo forse Meloni dovrebbe prendere esempio da Matteo Salvini”. Addirittura. “Da Salvini, certo, che io frequento per ragioni di amicizia. Un leader profondamente liberale, il più democratico che abbia mai conosciuto”. Lei ha votato Lega? “Com’è noto io ho votato Vannacci, non Meloni. E, ripeto: penso che la premier dovrebbe seguire, in questo, il partito del suo alleato. Un partito plurale, che da sempre tollera il dissenso fino alle estreme conseguenze. ‘Da noi ognuno dice quello che vuole’, diceva Roberto Maroni, ‘ma poi è il capo che decide e la linea si segue’”.