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L'intervista

“Niente fiammiferi a Salvini, né a lui né a nessun altro”, dice Giorgio Mulè (FI)

Francesco Gottardi

Rincorsa a destra di Orbàn, stretta sulla maternità surrogata e Vannacci animale guida: il vicepremier leghista infiamma la maggioranza. "Il governo poggia su alcuni principi inderogabili, il nostro compito è farli valere", dice il deputato di Forza Italia

Venezia. Vannacci animale guida. Rincorsa a destra all’eurogruppo di Orbàn. La stretta sulla maternità surrogata e il monito, ai militanti leghisti, che “per i moderati qui non c’è spazio”. In confronto, il Matteo Salvini del Papeete era un democristiano. Quello di oggi sbotta, calpesta, sfascia con toni da fascio. Vuole essere causa senza badare all’effetto. E i moderati che con lui governano invece, che dicono? “Mettiamo ulteriori dose di moderazione”, spiega al Foglio Giorgio Mulè, già portavoce di Forza Italia, sottosegretario di stato ai tempi del governo Draghi e ora vicepresidente della Camera. “Questa coalizione e questo esecutivo poggiano su alcuni principi inderogabili. Il nostro compito è farli valere con la massima fermezza: l’abbiamo appena dimostrato in commissione Giustizia sugli emendamenti all’articolo sulle detenute madri – i forzisti non hanno partecipato al voto, ndr – e in altre occasioni. Mettendo tutti i paletti necessari, come abbiamo fatto sull’autonomia differenziata. Senza urlare, senza sbracciarsi. Ma con una linea dritta e una barra drittissima”.
 

Praticamente a Salvini hanno messo la camicia di forza. Non si dice, ma come se. Meloni ha già il suo bel da fare, tra questioni europee e “nostalgici da cacciar via” alla base di FdI. Per far la babysitter al nostalgico vicepremier, proprio non le avanza tempo. (Che poi Salvini è mai stato vicino all’area nera? Macché. Anzi da ragazzo bazzicava al Leoncavallo: ha soltanto scoperto che per taluni ‘fa figo’, porta al centro dell’attenzione. Probabilmente un anno fa manco sapeva cosa fosse la Decima e ora segue il generale Lucignolo come un Pinocchio senza coscienza. Ma tant’è). “Ciascuno ha il suo stile”, continua Mulè. “La sostanza sono i voti, le leggi, gli atti parlamentari. I problemi di FdI e Lega, per quanto amplificati dall’opposizione, non hanno riverberi sull’attività di governo. Prevale un vincolo di realtà che nulla ha a che fare con tutte le loro questioni. Quello che ci unisce è l’adesione a un sistema valoriale comune, che a Palazzo Chigi non è mai in discussione. Poi ognuno in casa sua ha i suoi guai. E lì devono restare. Finora però posso assicurare che la casa più grande, quella che racchiude i nostri tre partiti, non va a fuoco”. Restando nella metafora, lascerebbe i fiammiferi in mano a Salvini? “No. Né a lui né a nessun altro”, risponde il deputato. “I fiammiferi possono provocare disastri. Al contrario bisogna buttare acqua, fare i pompieri, spegnere i principi d’incendio e costruire insieme”.
 

Un appello simile, al ministro delle Infrastrutture dovrebbe piacere. Ma l’unica cosa che ha costruito Salvini è il Ponte sullo Stretto. Appunto. Il resto è tritolo. Bassa politica. Mulè insiste sul “nostro programma di riforme, dal premierato all’autonomia e alla giustizia. Le stiamo realizzando. Sul Pnrr siamo nei tempi e ci viene riconosciuto: questo governo e la sua maggioranza stanno onorando le cambiali con gli elettori. Il premier detta la guida, abbiamo due vice che la spalleggiano”. Sì? “Certo non siamo d’accordo su tutto. Non mi rispecchio in alcun modo in Vannacci, per esempio. Ma non ci sono vasi comunicanti: ciò che accade dentro la Lega, rimane dentro la Lega”. Il Carroccio ridotto a una notte brava a Las Vegas. “Quello che conta è la compattezza dimostrata con l’agenda di governo. Quando c’è dissenso interno lo segnaliamo. Ma niente sgambetti”. Da buon sorvegliante, Mulè si arma di pazienza. Il parco giochi di Salvini è aperto acca ventiquattro.

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