Giorgia Meloni - foto via Getty Images

L'editoriale dell'elefantino

Giorgia Meloni ha un incubo dopo l'altro

Giuliano Ferrara

Dal repulisti del folclore fascio ai laudatori dell’Oas, passando per Trump e Marine Le Pen. Il quadro internazionale è una dannazione per la premier e per il suo progetto politico

Meloni ha gli incubi. Si capisce. Non potrebbe essere altrimenti. La lettera sul folclore nazi e antisemita è perfetta. Ma non basta, ovviamente. Non solo perché si presenta come una riparazione tardiva. Il quadro internazionale è una dannazione per lei, per le sue radici, per il suo progetto, per il suo profilo personale, alla fine è un grave pericolo anche per la sua leadership. Ora il nostro compatriota Bardella sarà anche indebolito dalla scoperta che ha un nonno musulmano a Casablanca, la città dei cambi di sesso. Non bello per la sua retorica nazionalista e gallica avere radici terroniche tanto vaste e ramificate (altro nonno un kabilo). E se il sesso non fosse cambiato affatto? Ma sulla disciplina elettorale delle desistenze, con gli elettori che per fare barrage si precipitano a votare da sinistra i macronisti e dal centro i sinistri, è possibile che scatti ma non so quanto probabile. Le passioni più sono tristi più sono forti, in genere. Ma intanto.
 

Com’era comodo un governo spaventapasseri di bobo, con un presidente in declino, rispetto all’ipotesi di un governo della destra ex Algeria francese, ex Vichy, che oltre un certo limite non potrebbe mai melonizzarsi, visto che deve preparare la strada all’avvento di una donna della provvidenza cavalcando il cavalcabile in coabitazione dura con Macron. Ancora non è riuscito a entrare dalla porta principale nella governance europea, ecco che il presidente del Consiglio è investito da una turbolenza così pericolosa per gli equilibri, i due forni, le sottigliezze pro e contro la maggioranza Ursula. Non parliamo di Joe Biden. Se restasse, la farebbe invecchiare, con tutte quelle ormai inutili pacche sulle spalle, con tutte quelle brave e buone intese atlantiste e pro Ucraina, di dieci anni almeno. La vecchiaia è contagiosa. Se si ritirasse in favore dell’unica soluzione vittoriosa contro Trump, Michelle ma belle, sarebbe costretta a una ricalibratura delicatissima, al limite del possibile, per eccesso di wokismo.
 

E Trump, se vincesse, sarebbe la disfatta di tutti i suoi sogni, un incubo buono per le agitazioni psicomotorie di Salvini, non per la sua strategia di destra conservatrice responsabile, di guida di una coalizione radicata nel sano equivoco europeista tra stato e mercati, tra vecchi camerati al potere con l’idea di un’apertura all’establishment generosa e sensata, per la sua idea di una politica estera e di difesa con il cofondatore dei Fratelli, il garante Crosetto, e con l’erede putativo di Berlusconi, il buon Tajani.
 

Fu all’opposizione quando tutti gli altri facevano una giravolta dopo l’altra. Si guadagnò una percentuale alla Marine Le Pen, essendo il Bardella di sé stessa. Vocalizzò e smise di vocalizzare al momento giusto, si intese con Draghi, che le passò il testimone senza inquietudini dopo una tornata elettorale senza discussione, con il ricordo delle mattane dei pieni poteri salviniani dissolto dall’allure istituzionale, dal normale rapporto con Mattarella, e da scelte occidentaliste, dall’abbraccio con Zelensky, come fosse stata anche lei sul treno per Kyiv, e dalla aperta sconfessione del putinismo pacifista nostrano. Ora che si accingeva anche a un bel repulisti del folclore fascio, senza grottesche abiure a comando ma con decisione, ora le arrivano sul groppone i viscisti e i laudatori dell’Oas. Che incubo.
 

La prospettiva di mercati scombussolati, salvo flop nel secondo turno, ma in attesa degli Stati Uniti in crisi di demenza senile, un debito da proteggere mentre si vendono filiere di stato inutili e si sperimenta un quantum di liberalesimo economico e sociale, ma con il cuneo fiscale in ballo visti i numeri. E arrivano i populisti veri, che se andassero al governo taglierebbero le bollette per decreto, nutrirebbero i sogni farlocchi e pensionistici di un paese in preda al complejo abandónico, manco fosse l’Argentina prima di Milei, per via dell’ex Rothschild al potere da sette anni con le sue virtù trasformative e i suoi difetti di accesso alla France d’en bas. Che incubo.
     

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.