Il colloquio
Il direttore del Cdec: “I partiti litigano sull'antisemitismo ma ce l'hanno dentro. Tutti”
Parla Gadi Luzzato Voghera, direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea, che da anni tiene un osservatorio sull'antisemitismo: "In un anno i casi sono cresciuti del 400 per cento. Le forze politiche dovrebbero espellere queste derive al loro interno, come ha fatto il leader dei laburisti britannici Keir Starmer. Nelle università si respira un'aria da leggi razziali"
“In gran parte dei casi si tratta di incidenti fisici materiali, aggressioni, insulti, lettere minatorie. Ci arrivano dalle 80 alle 100 segnalazioni al mese. L’anno scorso erano all’incirca 20”. Gadi Luzzato Voghera, direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), che da anni tiene un osservatorio sull’antisemitismo, descrive con tanto di dettagli, parlando col Foglio, l’aumento di episodi di odio nei confronti degli ebrei registrato nel nostro paese a partire dall’inizio dell’anno: più 400 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. “E’ vero che probabilmente è dovuto al fatto che la gente è più propensa a denunciare. Ma è ugualmente un dato allarmante, perché noi come osservatorio non abbiamo tutti gli atti ufficiali, le denunce. Semplicemente, raccogliamo le segnalazioni che ci arrivano”, spiega lo storico. Numeri in crescita che stonano con una continua attribuzione di responsabilità da una parte all’altra dell’arco parlamentare. Forse il problema è talmente grave che ognuno dovrebbe farsi un esame di coscienza? “Le forze politiche semplicemente non lo vedono, l’antisemitismo. Eppure noi con il nostro osservatorio da anni lo diciamo: è una presenza diffusissima, ce l’hanno dentro un po’ tutti i partiti”, spiega Luzzato Voghera. “Quello che dovrebbero fare è lavorare per riconoscerne la presenza. E poi cercare di espellere queste derive al loro interno. Come per esempio ha fatto il leader dei laburisti britannici Keir Starmer, ripulendo il partito. Ma non solo: un grande esempio ce lo stanno dando anche i club calcistici, sempre nel Regno Unito”. Ma allora perché da noi si butta tutto in vacca, facendone un tema da bordate in Parlamento? Ieri ce ne sono state altre, dopo l’approvazione di alcune mozioni sul riconoscimento dello stato di Palestina. “Io sono convinto che in Italia viga ancora il mito dell’italiano brava gente. Eppure, semplicemente, è un’immaturità. Perché l’antisemitismo di stato c’è l’abbiamo avuto fino a 80 anni fa. Evidentemente, 25 anni di Giornate della Memoria non sono servite a estirpare del tutto un male che continua a essere parte della nostra società”. Anche se, ci tiene a specificare il direttore del Cdec, “il lavoro con la struttura di Palazzo Chigi incaricata di coordinare la lotta all’antisemitismo procede bene, stiamo verificando le strategie di contrasto al fenomeno anche per eventuali correzioni di rotta. C’è un’attenzione oggettiva di questo governo al tema, il problema è più delle forze politiche che lo compongono”. Per la crescita di casi di antisemitismo, rischiamo il caos che si vive in un paese come la Francia? “Quello francese è un caso a parte. Noi siamo più in linea alla Germania. Eppure sono convinto che ci sia ancora poca conoscenza dell’antisemitismo veicolato attraverso il fondamentalismo islamico. A Milano, durante l’ultimo corteo del 25 aprile, Brigata ebraica è stata attaccata da un gruppo di adolescenti originari del Maghreb. C’è una massa di persone che utilizza quel linguaggio e quelli strumenti antisemiti. Diciamo che anche da noi è in corso una trasformazione culturale che dovrà essere monitorata”.
Secondo Luzzato Voghera, che sul tema ha scritto diverse pubblicazioni, una buona parte del messaggio antisemita in Italia è stato veicolato attraverso le università. “Negli atenei, da parte dei rettori, dei senati accademici, non c’è stata alcuna reazione alle proteste dei collettivi. Anzi, l’unica reazione è stata la paura, lo spavento. A me va benissimo occupare, io stesso vengo da quella storia lì, è sempre positivo quando si rompe la didattica tradizionale, ma nelle università a partire dal 7 ottobre in poi non si è discusso. Si sono fatti dei proclami e se intervenivi per dire di non essere d’accordo, potevi aspettarti qualsiasi cosa”. C’è poi il tema dei boicottaggi, che ha esposto ancor di più l’università italiana a una specie di antisionismo mascherato. “Io sono sempre stato restio a equiparazioni tra antisionismo e antisemitismo”, dice Luzzato Voghera. “Ma questo è vero e proprio antisemitismo. Perché quando i rettori dicono di non essere contro Israele dicono una falsità. Altro che rischio di dual use militare: basta pronunciare ‘Isr...’ e ti bloccano tutti i progetti, anche in ambiti che non c’entrano niente con le armi come la giurisprudenza o le materie umanistiche. E’ un danno oggettivo alla libertà di ricerca, visto che i sette atenei israeliani sono tra i migliori al mondo. Purtroppo mi ricorda molto da vicino il clima che si respirava con le leggi razziali del ‘38, con la cacciata dei prof ebrei. Sta diventando impossibile anche solo partecipare ai convegni, una cosa incredibile”.
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