Le manovre nel Pd
Franceschini, il Grande: allarga ancora la sua corrente, dopo Speranza, anche Letta. Il Pd romano è suo
Lancia la sfida a Zingaretti per strappare il Lazio e Roma, gli toglie un big, e vara un super correntone dove c'è di tutto: Articolo 1, Nardella e ora pure i lettiani
La Francia ha Macron, l’Italia, Franceschini, Dario Il grande. La sua Persepoli è Roma, Robertino Speranza è il suo Serse, anche Alka Serser, la moglie Michela Di Biase è invece la predestinata alla guida dell’impero. Lo abbiamo fermato alla Camera e Il Grande ci ha detto: “La mia corrente Areadem si allarga, ora c’è pure Roberto, ma io non c’entro nulla. Io lavoro per le prossime generazioni”. Enzo Amendola, ex ministro, che gli è vicino, gli suggerisce: “Dario, vai in Francia. Vai a spiegare ai ragazzi come si fa una colazione di sinistra”. Il Grande: “Ma perché sempre io?. La sola campagna che vale è quella (acquisti) di re Dario e gli effetti a coorte, nel Pd. Il 3 luglio il sovrano si è mosso. Si è diretto, di persona, a Frosinone, e siglato l’alleanza che rovescia la storia. A Nicola Zingaretti, Nick la poltroncina, ha scippato Francesco De Angelis. Chi è De Angelis? Ignoranti. Voto 3 in storia dem. E’ il presidente Pd Lazio, un uomo che vi fa vincere facile, ex zingarettiano, fratello di Vladimiro, il Vladimir a cui Albino Ruberti, ex capo di gabinetto del sindaco di Roma, estate 2022, ordinò: “Inginocchiati o ti sparo”. Sono passati due anni e “Il grande” insegna ai barbari la nobile arte del comando: non serve pesare, ma pensare. Cosa fa il re? Aggira Schlein da sinistra, compone un esercito con Speranza, leader di Articolo 1 (ma Arturo Scotto storce il naso) e raddoppia, fa un’altra alleanza, la nuovissima, delle ultime ore: sta agganciando Enrico Letta i suoi 20 parlamentari. Il Dario di Erodoto era un micron.
La corrente di Dario il Grande si chiama Area Dem ma il persiano aveva già pensato al restyling, al nome nuovo: Arcipelago. In passato doveva fare parte di Arcipelago anche quel furbetto di Francesco Boccia, ma Boccia è sbocciato con Schlein. Dario che ha un impero da difendere, da consegnare a Michela Di Biase, la moglie, vuole liberare la terra laziale da Nick la poltroncina, Nick Zingaretti, e dunque ha preso la lancia. La storia la raccontiamo noi: Erodoto è impegnato a raccogliere firme per il referendum contro l’autonomia (noticina: ci sarebbe un problemino con i quesiti presentati che sarebbero stati scritti in caucasico, vale a dire maluccio. Si ipotizza la presentazione di un terzo quesito). Dario Il grande ha stretto un accordo militare con Speranza e Nico Stumpo, lo scudiero di Lucy Annunziata (l’ha aiutata nella sua sontuosa campagna elettorale) come ha raccontato l’inviata del Fatto Quotidiano a Persepoli, Wanda Marra. Ma dopo quei dispacci, l’avanzata prosegue e anche i mugugni della coorte. Quando i sudditi del Grande, Marina Sereni e Chiara Braga, la capogruppo dem, hanno saputo dell’intesa con Robertino Alka Serser, se ne sono lamentate fuori dalle mura. Ma il bene è più grande e Dario lo sa anche se Andrea Orlando si diverte, alla Camera: “Compagno Dario, c’è tuo collega di corrente, Speranza che ti apsetta”. Birbante di un Orlando. Ma “Il grande” gli vuole bene e gli spiega, in un divanetto, le sue ultime manovre: il patto del Peloponneso, l’accordo Franceschini-Letta. Le ultime liste le ha fatte il caro Enrico e i lettiani contano un bel reparto. I due cavalieri sono Anna Ascani e Marco Meloni, ma ci sono anche Nicita, Lorenzin, Ricciardi. In totale circa venti che ammettono: ci piace l’idea di fare qualcosa con Dario. Stanno ragionando come unirsi, tutti insieme, Dario il Grande, Alka Serser, ed Enrico l’ateniese. In Toscana, il Grande, può contare su Dario Nardella che ha contribuito a fare eleggere a Bruxelles. Gli schleiniani, che sono ancora pulcini, invidiano il persiano: “Si è preso il Pd romano, lo ha scalato. Più voti perde e con le sue mosse più peso prende”. Basta infatti fare l’addizione e cogliere l’attimo. Zingaretti vuole tornare presto a Roma, fare il sindaco, Gualtieri alla sola idea si incatena in Campidoglio, ma se Zingaretti litiga con Gualtieri la scelta naturale è Di Biase. Per finire: se Gualtieri grazie a Di Biase, e Franceschini, frena Nick la poltroncina, Roma diventa il giardino di Dario. Vince sempre “Il Grande”. Di lui si può già dire quello che Engels diceva di Marx: era un genio, noi, al massimo, avevamo del talento.