(foto Ansa)

Il racconto

L'agonia Rai del dg Rossi, i dubbi di Fazzolari, il silenzio di Meloni. Si parla di Gubitosi

Carmelo Caruso

Rimandato ancora il rinnovo del cda: dopo il caso Petrecca, Meloni e Fazzolari hanno dubbi sulla tenuta del dg. La Lega approffitta dello sbando. I palinsesti non si sa chi li presenta

Perché Meloni attende ancora? Perché Meloni non dice chiaramente: “Giampaolo Rossi sarà il futuro ad Rai. Ho scelto lui. Finitela”? Perché non lo dice? Non lo dice perché al suo Fazzolari non convince questa scelta, non lo dice perché Fazzolari, e non solo, pensa che Rossi sia troppo debole per governarla. Non si ripeta che “Meloni ha altro a cui pensare”, che la “Rai non è una priorità”. E’ falso. E’ lei che sta lasciando umiliare Rossi da giornali, balordi, dirigenti Rai che malignano: “Lo sai che Meloni pensa ora all’ex ad Gubitosi?”. Il veleno è il suo tacere.

 

Meloni prenda la parola, dica qualcosa, pure che ci ha ripensato, se ci ha ripensato, ma risparmi al dg Rai Rossi, la figura che aveva scelto per guidare la Rai, tra l’altro uno dei pochissimi presentabili, la sporcizia, gli sputi che gli arrivano ogni giorno. Gli risparmi il tempo che perde a convincere i giornali d’opposizione, chi patacca le patacche, che lui è una persona di scrupolo (cosa vera), che cerca il bene della Rai. Glielo risparmi perché non solo lo sputazzano, ma gli danno anche del fesso, fesso due volte. Fesso perché cerca la pace con il Pd (che invece lo massacra) fesso perché per la destra si lascia bastonare dalla sinistra senza neppure darle. Si doveva procedere al rinnovo del cda Rai ma ieri, alla Camera, in conferenza dei capigruppo, il tema Rai non è entrato in calendario. Significa che il Parlamento non rinnoverà al momento i vertici, che sono già in prorogatio, significa che se ne riparlerà a settembre, ma a settembre si potrà sempre usare come scusa che bisogna attendere l’altro ricorso sulla governance Rai, la sentenza del Tar del 23 ottobre. Il 19 luglio a Napoli si presentano i palinsesti Rai e si dice già che l’ad, Roberto Sergio, un narciso che ordina all’ufficio stampa di avvisare che lui da adesso “querela tutti”, non salirà sul palco. La7 ha Urbano Cairo, Mediaset ha Pier Silvio Berlusconi, ma chi presenta agli investitori la prossima stagione Rai? Chi? Sergio, l’ad crepuscolare, o Rossi, l’ad senza corona? E per carità, ancora, Meloni la smetta di far sapere attraverso i suoi “che è impegnata su altri dossier”. Mente. La Rai è un’ossessione e una maledizione romana, ma comincia a essere la sua. Finisce sui giornali internazionali non per lo spread ma per Serena Bortone, e lei stessa alla prima occasione non fa che ricordare: “Non esiste Tele Meloni”. E’ vero, esiste Tele somari d’Italia. Esiste una televisione governata dal suo Paolo Petrecca, il direttore di Rai news, quello che anziché seguire le elezioni in Francia si fa riprendere a Pomezia come fosse Sangiuliano al Premio Strega, uno che da due giorni bombarda al telefono Rossi per dirgli: “Mi devo difendere, devo rilasciare interviste”. L’altro: “Stai fermo”. E’ normale che un direttore generale Rai trascorra la sua giornata a fare da terapista a un dipendente Rai? Petrecca dirige 222 giornalisti, per una rete che quando va bene fa lo 0.6 per cento, ma anziché ringraziare il cielo di aver ricevuto quel grado spedisce lettere al Corriere della Sera e si è lasciato anche intervistare dal Fatto Quotidiano con la furbizia di far togliere le virgolette, turlupinare i vertici: vedete, non ho rilasciato interviste. 138 giornalisti di Rai news su 222 hanno già raccolto le firme e gli chiedono di lasciare l’incarico. Meloni a chi sta lasciando la Rai? La sta lasciando sbranare alla Lega. Stefano Candiani, il deputato che aveva presentato l’emendamento per aumentare il tetto pubblicitario Rai, alla Camera, dice che “a suo parere Rossi è troppo ideologico per fare l’ad”. La lascia sbranare dal sottosegretario leghista Alessandro Morelli, uno che alza il telefono, come un gerarchetto, per far sapere che “dovete parlare con me, io rappresento Salvini in Rai”. Salvini glielo permette perché vuole far male a Tajani, fargli saltare la nomina di Simona Agnes, a presidente Rai, ma Tajani, per far male a Salvini, chiede ora per Forza Italia il Tgr, la casa di campagna della Lega. Non lasceranno neppure gli zoccoli del cavallo Rai. E se davvero si volesse raccontare a fondo questa nuova Concordia, si potrebbero tirare fuori le lettere, le minacce di conduttori che si vedono assegnate trasmissioni il lunedì, tolte il mercoledì, restituite il venerdì. Nessun manager, se non un pensionato, vuole guidare l’azienda perché si guadagnano 240 mila euro ma se ne spendono 480 mila in tranquillanti, avvocati. Quando Rossi si gira 11 mila dipendenti Rai all’orecchio pensano di lui: “Non ce la fa. Stanno sondando Gubitosi. No, un altro ancora”. 11 mila dipendenti si inoltrano i pezzi di Dagospia, l’ultimo: “Amadeus ha convinto Fiorello ad andare a Discovery”. Poi c’è FdI: “Si ragiona ancora. Alla fine sarà Rossi”. Lo stanno sfinendo per primi loro, lo sfinisce Meloni che non gli ordina “prendi a pedate i cialtroni, se sono nostri invece di uno, due calci”, lo sfinisce Meloni che se ha cambiato idea farebbe bene a dirgli: “Grazie, Giampaolo. Ma forse è meglio di no”. Se invece ha scelto lui, lo difenda, ma con tutta l’energia. Non serve la nomina ma una sua parola. Si dicano addio una volta per sempre oppure si promettano la Rai di fronte a tutti, finché Usigrai non li separi.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio